Giornalista sarà lei

Se l’inutile Ordine dei giornalisti volesse veramente aggiornare i propri (forzatamente) iscritti, dovrebbe insegnare loro le nuove regole della comunicazione, quelle vere, invece di imporre micro-corsi sul sesso degli angeli e dintorni.

Prima regola: ricordare l’insegnamento fondamentale che impone di separare i fatti dalle opinioni. Ma rovesciarne l’applicazione: scrivere le opinioni ignorando, o almeno, stravolgendo i fatti. Questa si chiama “social law” (legge di Facebook) o “newspaper egg wrapping law” (i quotidiani servono solo per incartare le uova).

Seconda regola: il contraddittorio si espande oltre l’assurdo. I limiti del nonsense vengono abbattuti a favore dei fabbricanti di sensazionalismi oltre l’estremo. Dunque, se il vaccino serve a salvare miliardi di vite umane, vincerà chi trova superato vivere a tutti i costi e dimostrerà gli indubbi vantaggi di fatalismo e rassegnazione, concetti ecologici.

Terza regola: togliere a tutti i giornalisti professionisti il diritto di scrivere e agli scrittori il diritto di sfornare libri. Questa regola, detta anche del “checcevò”, parte dall’assunto per cui i programmi realmente culturali, come Uomini e Donne, Isola dei famosi, Grande fratello creano i veri opinionisti, sfatando miti assurdi dei tempi in cui in Italia gli opinionisti erano Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giampaolo Pansa, Piero Ottone, Eugenio Scalfari, Vittorio Feltri e pochissimi altri. Oggi si fa opinione, affermando senza tentennamenti che “lei allui non ci vuole bbene, o vedo da minnigonna curta-curta”. Quanto ai libri, per venderli, un editore deve assoldare calciatori, attricette, oppure ladri e schifosoni vari. I quali non sanno scrivere, e qui torna la legge del checcevò: i professionisti ora sono costretti a lavorare per altri. Un tempo li chiamavano negri, oggi il politicamente corretto li ribattezza ghostwriter. Meglio fantasmi?

Quarta regola promossa da Mla, il Movimento di liberazione degli apostrofi. Basta con vecchie convenzioni, come le scuole elementari che impongono regole senza alcuna democrazia. Il mondo va avanti sempre più velocemente, non c’è tempo per le vocali e le frasi intere: omettendo la “o” di “non” si costruisce il progresso. E poi l’apostrofo è un elemento sessista e viola la regola della privacy che vieta di rivelare il sesso di chi si cita, il quale è libero di cambiarlo ogni giorno.

Quinta regola, l’unica che impone invece di vietare. Qualsiasi frase deve concludersi con “nel rispetto dell’ambiente”, oppure “ma solo in modo sostenibile” o “facciamolo per il pianeta”, senza specificare quale e di quale sistema.

Spettabile Ordine, in cambio dell’esenzione dalla quota che pago da quarant’anni, sono disposto a tenere lezioni e convegni su queste tematiche. Ma non al Palazzo dei Congressi, bensì su TikTok.

Aggiornato il 19 aprile 2021 alle ore 09:33