Il provvedimento cosiddetto Semplificazioni reca diverse misure che interessano il settore edilizio. In particolare, in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici (“anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini”), si dispone che la ricostruzione sia comunque “consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti” e che gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possano essere realizzati “anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito” (sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti).
Tanto, con la precisazione, tuttavia, che nelle zone omogenee A di cui al decreto ministeriale numero 1444 del 2 aprile 1968, “o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico”, gli interventi di demolizione e ricostruzione siano realizzabili “esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale” (fatte salve “le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela”).
Il decreto definisce, poi, espressamente “lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare”: tale è “quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è, invece, “quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.
(*) Presidente Centro studi Confedilizia
Aggiornato il 15 aprile 2021 alle ore 11:59