“Il mutuo da pagare, i figli, la palestra, quattro cani”. È disarmante la difesa d’ufficio della moglie del capitano della Marina militare, Walter Biot, presunta spia italiana che passava le informazioni ai russi. Disarmante ma non sorprendente: spesso dietro le storie di spionaggio si celano debolezze umane, un’amante segreta, il desiderio di una vita al di sopra delle proprie possibilità, un debito da ripianare. Più raramente, le motivazioni sono ideologiche e di appartenenza, come quelle che hanno spinto militanti comunisti di tutto il mondo a passare informazioni in loro possesso all’ex Unione Sovietica.
Lo spionaggio non è nuovo in Italia, con conseguenze anche gravissime quando la spia viene colta in flagrante. Oggi lo spionaggio politico o militare è punito con la reclusione, che può arrivare fino all’ergastolo, ma in passato le conseguenze potevano essere peggiori: Laura D’Oriano ha il triste primato di essere stata l’unica donna italiana condannata a morte, nel 1943, per avere collaborato con le Potenze allora nemiche. Poi ci sono scomparse misteriose, probabilmente legate a storie di spionaggio, come quella del fisico Ettore Majorana o di Davide Cervia, anch’egli militare, sparito da Velletri nel 1990, il cui caso è stato archiviato come “sequestro di persona ad opera di ignoti”.
Il caso Biot è di “estrema gravità”, come ha sottolineato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, anche se è probabile che non si vogliano mettere a repentaglio i rapporti con la Russia verso la quale esportiamo merci per quasi otto miliardi di euro all’anno e da cui dipendiamo per l’importazione di materie prime. E sullo sfondo aleggia anche il vaccino Sputnik, in questo periodo al centro di interesse misto a diffidenza. Non stupisce la compassata reazione russa all’espulsione di due dei suoi diplomatici da Roma. L’ambasciatore Sergey Razov si è limitato a esprimere “rammarico” per la decisione. Quando l’attività di spionaggio viene scoperta, non rimane che prendere atto di essere stati colti con le mani nel sacco. Rientra nelle dinamiche. Una risposta uguale e contraria potrebbe ora arrivare da Mosca, come di consuetudine in casi come questo.
Non conosciamo ovviamente l’importanza dei documenti passati da Biot. Non sappiamo cioè se i 5mila euro siano solo la misura della povertà morale di chi li ha incassati (ma non sappiamo per ora se ci sono stati anche altri pagamenti) o anche la misura dell’esiguità dei segreti militari trasferiti ai russi. Quello che appare certo è che da questa faccenda esce rafforzato il profilo atlantista ed europeista dell’Italia, che risultava un po’ appannato. In questa vicenda emergono anche le capacità di controspionaggio dei servizi italiani, che hanno condotto una brillante operazione e hanno dimostrato che il Paese ha gli anticorpi per difendersi da ingerenze illecite. Forse non altrettanta professionalità è stata dimostrata dagli agenti russi colti sul fatto. Sarà interessante conoscere quale sarà il loro futuro dopo il rimpatrio, anche per comprenderne il ruolo e il livello.
Aggiornato il 02 aprile 2021 alle ore 12:27