Sanità: la diagnostica per immagini

La diagnostica e il monitoraggio della malattia per immagini hanno radicalmente cambiato l’approccio olistico della medicina e avvantaggiato l’individuazione di specifiche patologie. La tecnologia, la robotica, a riguardo è in continua espansione. La pandemia ha accelerato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale attraverso cui una sequenza di immagini permette l’identificazione di cambiamenti difficilmente osservabili nella malattia.

A Tivoli è stata recentemente inaugurata una nuova Tac presso l’ospedale San Giovanni Evangelista (Asl Roma5), acquistata grazie ai fondi Por-Fesr (Programma operativo regionale-Fondo europeo per sviluppo regionale) della Regione Lazio. Lo strumento è in grado, grazie al suo software, di fare valutazioni molto specifiche su varie patologie. Gli ospedali pubblici dovrebbero essere dotati di certi macchinari, specie una struttura sanitaria che copre un vasto territorio. Ne parliamo con il direttore della Uoc (Unità operativa complessa) di Radiologia dell’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, il dottor Aldo Di Blasi.

Quanto può fare la differenza avere una macchina così tecnologicamente avanzata?

Potenzialmente una grande differenza. Un’apparecchiatura di questo livello senza ombra di dubbio migliora le performance diagnostiche con rischi inferiori di complicanze (riduzione della dose di radiazione erogata e minore quantità di utilizzo del mezzo di contrasto), aumentando le chance di intercettare le patologie sempre più precocemente (migliore risoluzione spaziale e di contrasto per individuare piccole alterazioni), in campi disciplinari molteplici (si pensi a patologie vascolari come l'ictus o la patologia coronarica; la colonscopia virtuale per i tumori del colon e altre numerose patologie oncologiche), con finalità di impostare trattamenti mini-invasivi più precisi e mirati.

Ogni ospedale che necessita di apparecchiatura Tc (tomografia computerizzata) per l’erogazione dei propri servizi assistenziali, dovrebbe essere in possesso di un macchinario così avanzato, che tuttavia non è sufficiente se non è supportato da una rete informatica adeguata e da personale aggiornato, in grado di valutare e trasmettere le immagini degli esami svolti in tempi rapidi. Una rete radiologica e informatica all’avanguardia avvicinano la sanità al cittadino, rendendo i percorsi sanitari più semplici soprattutto nei territori più complessi per distanze e comunicazioni. Per ottenere tutto questo, occorre cultura sanitaria, visione, organizzazione e capacità di investimenti, ovvero programmazione, senza i quali anche una Tc avanzata determinerà potenzialità inespresse.

Che sviluppi può dare una nuova Tac in una Asl notoriamente carente di attrezzature, e quali altri strumenti fondamentali attualmente mancano?

In generale, un’azienda sanitaria che nei servizi (dunque non solo la diagnostica per immagini) non pianifichi investimenti sia in termini tecnologici ma anche di risorse umane, corre il rischio di offrire un’assistenza inferiore agli standard qualitativi necessari. Questa carenza potenzialmente la espone alla fuga dell’utenza (mobilità passiva) verso altre realtà pubbliche e/o private e, insieme ai propri operatori sanitari, ad un incremento di contenziosi medico-legali, con grave perdita di attrattività sia da parte dei cittadini che da parte dei professionisti di settore. Ciò determina tagli che nel medio-lungo periodo interessano tutti i servizi assistenziali, sia ospedalieri che territoriali, aggravando la sostenibilità del sistema.

Che differenza c’è fra un ospedale di provincia e uno di città? Il lavoro come cambia?

Nessuno in termini concettuali se si osserva la sanità in senso top-down. La mission e la pianificazione, sia in termini di servizi che di risorse, vengono calati sull’organizzazione che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione italiana, le Regioni ritengono migliori per i propri territori (Province e Comuni). Moltissima differenza (visione Bottom-Up) esiste invece sull’attuazione della mission e della pianificazione sulle quali i territori, con i loro rappresentanti, possono e spesso fanno valere il loro peso nella stesura degli atti aziendali, che costituiscono i documenti di programmazione triennale delle Aziende sanitarie. È evidente che in una città come Roma il problema è meno sentito, da un lato perché le risorse e dunque i servizi sono più presenti, dall’altro perché cittadini e istituzioni più distanti. In provincia, dove le risorse sono inferiori e tutti si conoscono, i livelli di attenzione sono maggiori e l’influenza della politica sull’organizzazione sanitaria determina pressioni più forti. Tutto questo si riflette, inevitabilmente, sulle condizioni di lavoro che a fronte di mezzi inferiori, viene portato avanti in una dimensione più umana nei rapporti con l’utenza, ma con organizzazioni più fragili e quindi non raramente con maggiori conflitti.

Qual è il ruolo della radiologia nella diagnosi da Covid-19?

Va distinta la fase asintomatica da quella clinicamente manifesta: nella prima, il ruolo della diagnostica per immagini è inesistente o marginale, limitato al massimo ad una radiografia del torace. Nelle condizioni clinicamente rilevanti, Radiologia tradizionale e Tc sono fondamentali per evidenziare lo stadio della malattia e monitorare la sua evoluzione.

Radiografie ed ecografie, come possono essere fatte in sicurezza in tempo di Covid?

Non solo possono, ma devono essere fatte in sicurezza, ricordando che lavorare in sicurezza non vuol dire automaticamente “azzeramento del contagio”, ma semplicemente “riduzione del rischio a livelli accettabili”, secondo quanto stabilito dalle evidenze scientifiche. Ciò lo si ottiene sempre con i medesimi ragionamenti: pianificazione ed investimenti che consentano la creazione di percorsi idonei, con separazione del “pulito” dallo “sporco”, in strutture attrezzate per accogliere l’utenza in sicurezza (dispositivi qualitativamente e quantitativamente idonei) a disposizione dei pazienti e del personale sanitario.

@vanessaseffer

Aggiornato il 23 marzo 2021 alle ore 11:56