Covid: il dovere di leggere i numeri

Non ho alcuna intenzione di polemizzare con Gianluca Perricone, che non conosco personalmente, tuttavia mi sembra opportuno precisare brevemente alcuni elementi del suo articolo del 10 marzo i quali, a mio avviso, non sono suffragati da numeri e fatti inconfutabili. Lo faccio anche perché sollecitato da un certo sconcerto che molti lettori dell’Opinione hanno espresso su Facebook.

In premessa vorrei segnalare a Perricone, nel caso non ne fosse sufficientemente informato, che dopo oltre un anno di pandemia da Sars-Cov-2 non è stata dimostrata scientificamente una correlazione tra misure restrittive e a contenimento del contagio e della malattia. Tant’è che in moltissimi casi, Stati (vedi Svezia, Bielorussia, Florida, etc.) in cui non si è chiuso nulla o quasi i riscontri sono addirittura migliori dei nostri, nonostante l’Italia abbia adottato le misure più drastiche di tutto l’Occidente.

Misure assolutamente insensate e che nell’articolo in questione vengono considerate salvifiche, sebbene non vi sia alcuna evidenza in tal senso. Tra queste spicca il demenziale, liberticida confinamento in casa, quando in questi casi – come ha più volte ricordato la professoressa Maria Rita Gismondo – i testi “sacri” dell’epidemiologia indicano alle persone di stare il più possibile all’aria aperta.

Ma ancora di più a gridare vendetta contro il buon senso e ciò che in molti consideriamo una delle più gravi violazioni dei diritti civili: l’obbligo della mascherina all’aria aperta anche quando si è da soli.

Perricone ironizza su chi (tra cui il sottoscritto quando passeggio in solitudine) indossa la stessa mascherina sotto il mento. Meno male che c’è ancora qualcuno che usa la testa in questo disgraziato Paese, rifiutandosi di osservare alla lettera una modalità che può risultare addirittura dannosa per la salute e che, appare sempre più evidente, rappresenta per come è stata imposta un evidente strumento di asservimento di massa.

Inoltre il conteggio dei morti continua a rappresentare un mistero, visto che ogni Paese utilizza criteri assolutamente diversi. Il caso del Belgio appare eclatante: sin dall’inizio le locali autorità hanno dichiarato di considerare morti di Covid-19 tutti coloro che manifestavano problemi respiratori. In tal modo il Paese belga è quello che registra il maggior numero di decessi per milione di abitanti. Anche in Italia, in cui conosco direttamente casi di persone morte per altre cause ma che in ospedale sono risultati positivi al tampone dopo il ricovero, sembra che sui decessi si sia fatta molta confusione.

Sta di fatto che se il Paese continuerà a restare paralizzato ancora a lungo a causa dei divieti e del terrore che questi generano nella mente delle persone, i danni per l’economia, la socialità e l’equilibrio psichico degli individui saranno colossali, mettendo a repentaglio un benessere duramente conquistato.

Aggiornato il 12 marzo 2021 alle ore 12:01