Oltraggio della Bandiera al Festival: indignazione sì, insulti no

Chi scrive, da giovane ufficiale, è stato alfiere della Bandiera di Guerra del proprio Reggimento, ha iniziato gran parte delle giornate della sua vita presenziando alla cerimonia dell’alzabandiera, rito che in ogni caserma determina l’inizio delle attività giornaliere ed è tuttora abituato a salutare la Bandiera, quando entra in un ufficio ove Essa è custodita. Dalle pagine di questo giornale ha altresì biasimato chi, durante la sfilata del 2 Giugno, ha tenuto atteggiamenti poco consoni al passaggio delle bandiere di Guerra dei Reparti, come parlare al telefonino o non alzarsi in piedi in quel momento.

Fatta questa doverosa premessa, ritengo non tutte condivisibili le plurime polemiche seguite alla brutta scena della Bandiera italiana gettata per terra dal cantante trasformista Achille Lauro in occasione di una serata del Festival di Sanremo. Troppo facile ritenere e presumere che tutti siano naturalmente inclinati ad amare la Bandiera al pari di chi, come me, ha avuto il privilegio di poterla onorare e riceverne emozioni. Ma il fatto di aver giurato su una Costituzione, che garantisce a tutti di manifestare il proprio pensiero, impone di non giudicare chi ha diverse convinzioni, sempre che non travalichino in ipotesi di reato, comunque da valutare nelle sedi preposte.

Invece di minacciare denunce e ricorrere ad aridi articoli del codice penale o addirittura agli insulti, sarebbe più opportuno spiegare all’artista che grazie a quel Tricolore da cui in quell’istante si è voluto liberare in segno di indipendenza e a coloro che lo hanno difeso sino all’estremo sacrificio, chiunque – anche lui – può esprimere liberamente il proprio pensiero, vestito come vuole e con l’arte che più ritiene confacente.

Negli Stati Uniti, dove la Bandiera è il simbolo per eccellenza, esposto con sentimento in ogni occasione e in ogni luogo, oltraggiare il vessillo non è illegale in ossequio alla libertà di espressione sancita dal Primo Emendamento della Costituzione americana. Tale impostazione è stata a più riprese confermata dalla Corte Suprema e tentativi di criminalizzare il dissenso alla bandiera sono falliti a più riprese al Congresso, anche recentemente.

Mutuando l’atteggiamento dei reali di Inghilterra che, di fronte ad infamanti accuse da parte di membri della propria famiglia, hanno reagito con un laconico messaggio di comprensione e perdono, anche coloro che hanno servito il Paese in uniforme hanno il dovere di sostenere che la Patria appartiene a tutti, a prescindere dagli abiti indossati e dalla diversità di orientamenti di qualsiasi tipo e di comprendere soggetto e circostanze.

Achille Lauro, non certo intenzionalmente, ha fatto comunque parlare della nostra Bandiera, spesso dimenticata e conservata in talune scuole o edifici pubblici al pari di uno straccio, oltraggio permanente ben più grave di quello apparso in Tv. Coloro che non hanno in alcun modo il diritto di giudicare gratuitamente “il vestito di piume”, dovrebbero invece convincerlo che in qualsiasi circostanza critica il Tricolore, dietro di lui, ci sarà. Sarà sempre presente, sia per chi lo onora tutte le mattine con rinnovata emozione, sia per chi lo ha gettato in terra per un po’ di meschina audience.

Aggiornato il 11 marzo 2021 alle ore 11:32