Dunque, in genere la dinamica è questa: ti ferisci le orecchie le prime due sere con le canzoni in gara, anelando la serata delle cover perché, statisticamente, è probabile che tra i “classici”i brani belli siano molti. Ieri sera ci si è parata davanti una realtà che non avresti mai messo in conto: sono diventati “classici” Neffa, Jovanotti, Max Pezzali e financo Nesli. First reaction: shock.
Comunque, si è visto e sentito di tutto, in una scala di giudizi che va dal raccapricciante all’ottimo. Perché sì, contro ogni previsione, c’è stato dell’ottimo. Passiamo, quindi, alle pagelle.
Amadeus: 2. Il disagio non migliora, anzi. Si butta sulle soft skill ma fallisce anche lì: nel lanciare Madame con “Prisencolinensinainciusol” si avventura nell’imitazione di Adriano Celentano: tutti ci riescono, lui no.
Fiorello: 4. Ha sbracato pure lui. Finge che la delusione di presenziare poco sul palco sia una gag, invece è nero sul serio. Ne risentono drammaticamente dialoghi, battute ed esibizioni canore, si fa per dire. Alla fine Amadeus gli rasa i baffetti e lo sfregia seriamente e lì si stagliano chiaramente all’orizzonte fosche prospettive di azioni legali contro l’ormai ex amico.
Achille Lauro: 4. La prima sera sei curioso, la seconda gli dai pure un’altra chance. Alla terza con questo Nuovo Salario Pride ha già rotto. I cosiddetti quadri sarebbero anche carucci, ma il problema è che dopo canta. Ieri hanno tentato di mandargli in soccorso Emma, ma nemmeno lei ce l’ha fatta.
Vittoria Ceretti: 3. È bella (il minimo sindacale, per le modelle), ma se la ricorderanno giusto i parenti stretti.
Negramaro 6: era il 4 marzo e Giuliano Sangiorgi inaugura l’omaggio a Lucio Dalla (che avrebbe meritato ben altra celebrazione) stonando a più riprese su “Com’è profondo il mare”. Per incondizionato amore di Dalla diamo la sufficienza.
Noemi con Neffa: 5: Più che altro per la scelta. Hai a disposizione due secoli di musica leggera italiana e non mi trovi niente meglio di “Prima di andare via”? Incomprensibile. L’insufficienza non è grave perché il peggio doveva ancora arrivare.
Fulminacci con Valerio Lundini e Roy Paci: 7. Hanno migliorato “Penso positivo” di Jovanotti. Era facile ma a Sanremo nulla è scontato. La tromba di Roy Paci sposta il voto oltre la sufficienza.
Francesco Renga con Casadilego: 1. Purtroppo il buon Renga era quasi completamente afono, ieri. Nulla ha potuto la tecnica. Il voto unitario è di incoraggiamento a Casadilego, che ne ha bisogno, soprattutto in quanto a look.
Extraliscio con Davide Toffolo e Peter Pichler: 9,5. Bellissimo tutto, medley, arrangiamenti, voce, energia, danzatori omogender, chitarra rotante, scelta dei brani, colori, energia. Non prendono 10 solo perché c’è un caso da studio che verrà analizzato a seguire.
Fasma con Nesli: 2. Tra i due l’autore del “classico” è Nesli, si sappia. Purtroppo, un inconveniente con i microfoni è stato risolto. Uno ci prova a capire perché siano andati a pescare una canzone brutta e pure semisconosciuta, ma apparentemente non c’è altra ragione se non il masochismo. Il problema è che se la porti sul palco diventi anche sadico, quindi ti becchi 2 per legittima difesa.
Bugo con I Pinguini Tattici Nucleari: 0. Era difficile annichilire “Un’avventura” di Lucio Battisti, ma qui il colpo è andato a segno. Parte Bugo con una stecca clamorosa, poi non si riprende più. Allora, dici, magari i Pinguini risollevano le sorti dell’esibizione. Invece no, perché devi prendere atto che Riccardo Zanotti ha un suo perché per i brani originali del gruppo, il resto lascia perdere. Alla fine ne esce una cosa tipo falò di Ferragosto ad alta concentrazione di alcool e cannabinoidi. Devastante.
Fedez/Michielin: 3. A parte il fatto che questi medley alle 22,00 avevano già stufato, perché almeno lo sforzo di compiere una scelta fallo, ma qui qualcuno si deve incaricare di aiutare Fedez. Il giovane non lo supera proprio lo shock dell’impatto col palco sanremese. E’cianotico, stralunato, rigido come un palo. Probabilmente è solo l’età che l’ha salvato dall’infarto, fino a oggi. Ma questo deve arrivare a sabato! Di fronte alle preoccupazioni per la salute la Michielin, che sarebbe bravina, non la calcoli proprio.
Irama: 7. Irama si conferma uno dei miracolati dal Covid (perché ce ne sono): “Cyrano” di Francesco Guccini, uno dei capolavori della musica italiana, introdotto dal parlato dell’autore, dovevi solo cantarla, senza tanti fronzoli. Irama è in isolamento per contatto Covid, quindi è passata la registrazione della prova. Oh, è andata bene così.
Maneskin con Manuel Agnelli: 10 e lode. I ragazzetti sono belli, bravi, meravigliosamente bardati e, pur essendo nati trent’anni dopo, hanno la fissa del punk rock anni Settanta. E già qui arriverebbe il 10. Ma poi che fanno, a riprova del fatto che c’è chi ha i discografici intelligenti e chi no? Vanno a recuperare un brano da urlo dei mai troppo rimpianti CCCP e chiamano sul palco un sontuoso Manuel Agnelli. Tutto troppo bello. Lode e lacrime di commozione.
Random con i The Kolors: 1. Al contrario di Fulminacci, sono riusciti a peggiorare “Ragazzo fortunato” di Jovanotti. Cantata malissimo, suonata a casaccio. Agghiacciante.
Willy Peyote: 8. Zitto zitto, a questo Festival non sbaglia un colpo. Prende “Giudizi universali”, la canta con Samuele Bersani, va bene per forza.
Orietta Berti con “Le Deva”: 7. A parte la mise atroce (completo pantaloni rosso di paillette, che è come ti immagini il pigiama di Ivano dei Cugini di Campagna) e una sospetta rigidità posturale, Oriettona sa cantare. E canta “Io che amo solo te”. Le vocalist, solo elementi di disturbo: era meglio se la faceva da sola.
Gio Evan con i cantanti di The Voice Senior: 1. Prosegue a passo spedito la discesa agli inferi del poeta preferito dalla Isoardi. Canta (si fa per dire) “Gli anni” degli 883, il che già bastava come infamia. Ma in più lo fa vestito come un americano al mare e assumendo atteggiamenti ieratici del tutto fuori contesto. Nessuna interazione con gli interpreti agè alle sue spalle dei quali, quindi, non si spiega la presenza. Il tutto non è facilmente commentabile.
Ghemon con i Neri per Caso: 6. Medley (ancora?) sull’universo femminile. I Neri sempre bravi, lui così così. Sufficienza, dai.
La rappresentante di lista con Donatella Rettore: 9. Operazione nostalgia centrata alla grande. “Splendido splendente” splendidamente cantato da entrambe, atmosfere coloratamente fine Settanta, grande energia. Grazie.
Arisa con Michele Bravi: 8. Lei si è data una sistemata rispetto alla prima serata. L’ultima canzone bella di Pino Daniele (“Quando”) ben eseguita da entrambi.
Madame: 7. Notevole presenza scenica, mette su un siparietto sull’incomunicabilità rappresentando una classe scolastica con maschi in grembiule rosa e femmine in azzurro. Finalmente si scopre a cosa servivano i banchi a rotelle.
Lo Stato Sociale con Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino: 8. Torna Lodo Guenzi e, sulle note di “Non è per sempre” degli Afterhours, Fanelli e Pannofino elencano teatri, club e locali che hanno chiuso e non riapriranno. Citazione finale: “Non sarà per sempre. Credeteci, i nostri fiori non sono ancora rovinati”. Aiuta anche questo.
Annalisa con Federico Poggipollini: 9. Si esibiscono, e bene, in “La musica è finita”, cioè Bindi/Califano, cioè livelli stratosferici. L’arrangiamento rockeggiante non è un sacrilegio, anzi. Si plauda.
Gaia con Lous and the Yazuka: 7. Due ragazze stupende che cantano “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco. Chapeau. Non poche stecche, ma in mezzo a tanta bellezza stai a guardare il capello?
Colapesce e Dimartino: 8. Porti “Povera patria” di Battiato? Non ti sento nemmeno, 8 sulla fiducia.
Coma_Cose con Alberto Radius e Mamakass: 0. Coma? Cose? Vi mettete in coppia a fare a gara a chi stona di più “Il mio canto libero”, ovvero il pezzo più facile del già facile repertorio di Lucio Battisti? Ma come si fa?
Malika Ayane: 9. Sceglie probabilmente il brano più bello della serata (“Insieme a te non ci sto più”) e lei sa cantare: il margine d’errore era ridottissimo e non sbaglia.
Max Gazzè con Daniele Silvestri e la Magical Mistery Band: 10. Non si discutono, si amano. Diesci.
Ermal Meta: 8. L’unico che abbia avuto il buon gusto di portare una canzone di Dalla il giorno del suo compleanno. Per quanto la meno bella (“Caruso”). La canta bene, deliziosamente accompagnato dalla Napoli Mandolin Orchestra. Che gli devi dire?
Aniello con Vegas Jones: 5. Porta “Gianna” del mai troppo compianto Rino Gaetano, ma non ne capisce l’ironia e la rappresenta con pathos degno di migliori cause. Non prende una grave insufficienza solo per la scelta.
La classifica delle cover: 7. Elaborata dagli orchestrali: Coma_Cose, Random, Bugo e Gio Evan ultimi. Extraliscio e Maneskin in altissima classifica. Ci sta, dai.
La classifica generale: 4. Guardate che si è capito che deve vincere Ermal Meta, eh.
Aggiornato il 05 marzo 2021 alle ore 13:40