Chiude “Live-Non è la D’Urso”, ma a volte ritornano

Chiude “Live-Non è la D’Urso”. La notizia è arrivata un po’ in sordina, perché il programma chiude in anticipo rispetto alla programmazione del palinsesto e, se dovessimo dire che ci dispiace lo diremmo, ma non sarebbe la verità. Non ci interessa molto se a farlo chiudere siano stati i bassi ascolti – nell’ordine del dieci, dodici percento di share – o esigenze di tipo editoriale aziendale come quella di provare a rilanciare la domenica sera con un programma affidato a Paolo Bonolis, ci interessa altro.

Ad esempio, che non dovremo più vedere personaggi sgangherati e semi sconosciuti ai non primati (nel senso proprio di scimmie), semi-analfabeti e personaggi da operetta del gossip strippati in lustrini e paillettes che ci raccontano quanto sia dura la vita dell’influencer tettona senza arte né parte ma con migliaia di seguaci, “figli e figlie di” – categoria che non ci è invisa ma sulla quale prima o poi dovremo spendere due parole – che lavano in piazza i panni sporchi per un bonifico risibile, storie di cronaca e di attualità trattate come si tratta la cernia fresca al mercato di Pizzo Calabro e politici in chiave pop che vanno ad inchinarsi – o a sbrodolarsi – da Sua Maestà Carmelita.

Insomma, si evince che ci piange il cuore, come faremo adesso e soprattutto dove la manderemo adesso questa truppa cammellata di ricucite, ex mogli di, ex mariti di, ex starlette ed ex e basta, improbabili e improponibili. Chi farà compagnia alle vecchiette, dove potremo esportare l’eleganza innata della conduttrice faticosamente costruita negli anni di una incontestabile e ineccepibile carriera. Giammai permetteremmo un tale spreco di luci e filtri magici, che farebbero sembrare bello pure un rospo. Abbiamo alternative? Ci propineranno di meglio? Dovremmo in effetti definirlo questo “meglio”, perché cadere dalla padella alla brace, nel gergo comune, è un attimo.

È però simpatico notare che Il Fatto Quotidiano, in quell’ormai evidente pivot a trecentosessanta gradi da giornale del partito a “critica-tutto” del partito disintegrato – l’ormai fu Movimento Cinque Stelle – ci dica che per la chiusura in pompa magna la regina delle reti Mediaset (non si offendano le altre, pur altrettanto brave che ivi primeggiano) gli autori abbiano ingaggiato “il porta-croce di Giuseppe Conte”, il quale “ha elogiato il programma decantandone addirittura il potere di influenza nei confronti dell’elettorato”. Non è chiaro se, come invece ha punzecchiato Dagospia, si sia trattato di una casalinata d’alto bordo, visto le note simpatie reciproche tra la nonna del Grande Fratello e il sottoprodotto evoluto dello stesso, di certo c’è che non ne sentiremo la mancanza.

E, in tutto questo interrogarsi su dove va il Paese, per dirla alla bersaniana, sulla solfa di larghe intese che intasa i talk politici de La7 come un mantra covidico “dobbiamo mettere ora le basi per un futuro nuovo”, “è la fine di un’era…”. Ecco, magari fermiamoci un momento a pensare anche a mettere dei cassonetti catodici capienti, dove buttare una volta per tutte la tivù spazzatura, magari chiudendo anche bene le finestre.

Aggiornato il 25 febbraio 2021 alle ore 20:06