Un punto sulla situazione sanitaria: intervista al professor Paolo Bonanni

Il professore Paolo Bonanni è professore ordinario di Igiene e direttore del Dipartimento della Scienza della Salute, all’Università di Firenze. Con lui facciamo un punto sulla situazione Covid-19.

Professor Bonanni partiamo con una mia curiosità. Generalmente, in questo periodo invernale, i telegiornali ci informavano dell’arrivo dell’influenza stagionale e delle centinaia di migliaia di persone costrette a letto. Quest’anno nessuno si ammala di influenza?

La spiegazione può coinvolgere diversi aspetti. Sicuramente il distanziamento sociale è il più importante, i minori contatti tra le persone e comunque sempre con l’uso di mascherine ed altre forme di protezione, ne impediscono la diffusione. In secondo luogo, la differenza la fa il valore Rt, che per l’influenza è notevolmente più basso che per Sars-Cov-2, rispettivamente circa 1,2 e 3,5. In parole povere il Coronavirus è parecchio più contagioso del virus dell’influenza. In terzo luogo, i virus influenzali cambiano di anno in anno, e potrebbe anche essere che questo inverno circoli un virus meno “cattivo” e meno contagioso. Ma questo lo sapremo di certo tra qualche mese.

Siamo stati il paese europeo con la politica di contenimento più severa, perché comunque siamo il paese con il rapporto di decessi più alto rispetto alla popolazione?

Perché da noi la problematica del virus Sars-Cov-2 è scoppiata fin da subito come un incendio violento. Noi avevamo sicuramente una circolazione del virus, già nei mesi precedenti, all’esplosione che si è poi avuta a marzo, quando sono usciti i primi casi in Lombardia e Veneto. Ci siamo trovati così non con un cerino acceso ma con il bosco che bruciava e quindi, a quel punto, si è dovuto chiudere tutto, perché eravamo in una situazione già molto avanzata del contagio. Mentre gli altri Paesi europei, a cui l’ondata è arrivata dopo, hanno potuto fronteggiarla in maniera diversa e sicuramente più informata. Per quanto riguarda i decessi totali da quando è iniziata la pandemia, il virus ha colpito in Italia soprattutto nella prima fase, le strutture ospedaliere e le Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) dove ci sono persone ammalate ed anziane, più fragili rispetto alla virulenza del Sars-Cov-2. Anche adesso comunque ci sono molti morti. Questo dipende da un lato dal fatto che l’Italia è un Paese con una popolazione media molto anziana, di cui una buona percentuale è ospedalizzata o in strutture cosiddette protette, e, dall’altro lato, dipende molto anche dal modo in cui vengono conteggiati i morti di Coronavirus nei vari Paesi europei. Questo accade normalmente nelle classificazioni delle cause di morte che differiscono tra Paesi europei, per cui a volte si verificano delle concentrazioni statistiche strane di determinate malattie nei vari paesi europei.

I vaccini che sono in distribuzione in Italia che vantaggi ci porteranno e siamo sicuri del loro risultato?

Bisogna innanzitutto capire l’obiettivo della vaccinazione che è quello di evitare di morire o prenderlo in forma grave a causa del virus. I vaccini che stiamo utilizzando che sono mRna Pfizer e Moderna sono due vaccini che hanno dimostrato una efficacia nel contrasto della malattia di circa il 95 per cento, quindi sono ottimi vaccini. Le vaccinazioni sono partite interessando dapprima il personale medico e sanitario che è la prima linea nel contatto, quindi le persone anziane ed i malati cronici, proprio per far scendere il numero di morti a causa della forza del virus. Una volta dimostrato, perché questo non lo è ancora, che la vaccinazione impedirà il contagio avrà sempre più senso vaccinare tutta la popolazione, quindi a questo punto l’obiettivo del vaccino sarà quello di impedire la circolazione del virus.

Perché si sono avuti casi di persone che vaccinate sono risultate positive?

Importante dire subito che il vaccino perché faccia bene il suo lavoro dovrà essere somministrato in due dosi. Quindi potrebbe essere successo che chi ha fatto la vaccinazione aveva già contratto l'infezione ed il vaccino non risolve una situazione pregressa.

Perché in estate il virus sembrava aver cessato il suo effetto di contagio?

Secondo me il fatto che in estate il virus sembrava non circolare più non è tanto legato ad una questione climatica ma quanto ad un modo di vita. In estate la gente vive all’aria aperta e quindi questo ha reso più difficile al virus di essere concentrato in ambienti confinati. Il virus non è legato ad un fattore climatico, lo si è visto in Brasile dove il virus ha circolato anche nella stagione calda. A fine estate il ritorno al lavoro ed a scuola, hanno provocato un riavvicinamento delle persone in luoghi chiusi che ha riacceso la circolazione del virus. Sicuramente in estate abbiamo anche beneficiato del periodo di lockdown precedente, che ha impedito il dilagare del contagio e così ne abbiamo goduto nella bella stagione.

La Spagnola, la grande pandemia del Novecento, ad un certo punto è sparita in modo naturale, senza vaccini. Ciò è stato provocato da una mutazione favorevole del virus?

Il virus non è scomparso, il fatto è che la pandemia ha colpito l’intera popolazione mondiale e per cui si è raggiunta un’immunità di gregge. Questa immunità è costata all’umanità la perdita che varia a seconda delle stime tra 20-40 milioni di vite umane. Per cui se noi oggi lasciassimo correre liberamente il Coronavirus, probabilmente non avremmo quel numero di morti della Spagnola, ma dovremmo convivere con il virus per diversi anni. Questo perché, a differenza di allora, dove di difese contro il virus non ce ne furono, al di là delle mascherine, la velocità di contagio fu impressionante. In circa due anni infatti aveva contagiato la quasi totalità della popolazione mondiale di allora. Oggi ci metteremmo 4 o 5 anni per arrivare ad una immunità di gregge in modo naturale senza vaccino, cosa che non è assolutamente pensabile. Ecco perché è importante vaccinarsi il più velocemente possibile. E sperando che lo stesso vaccino ci porti ad una immunizzazione dell’intera popolazione mondiale.

Professore, come qualificarla in questa intervista? Epidemiologo?

Medico di sanità pubblica, nel senso che noi siamo coloro che studiano come si diffondono le malattie per prevenirle. Dovrebbe essere questo uno degli obiettivi concreti della sanità pubblica. Così come si dovrebbe fare con i terremoti in Italia, dove purtroppo manca una vera prevenzione antisismica, e così alla fine, quando accade l’evento tellurico, si spende molto di più, sia in termini di vite umane che in termini di denaro, per riparare ai danni subiti. E lo stesso purtroppo lo stiamo verificando con questa pandemia, dove si vede chiaramente lo scontro tra l’interesse della salute pubblica con l’interesse di mantenere in attività l’economia del Paese. Mi auguro che da questa storia ricaveremo la lezione che investire oggi un po’ di più nella sanità pubblica, e nella ricerca, permetterebbe al nostro Paese di essere preparato per il futuro, in funzione d’eventuali episodi di emergenza sanitaria.

Aggiornato il 18 gennaio 2021 alle ore 10:41