La pandemia del Covid-19 ha messo alla prova non soltanto i sistemi sanitari nazionali, i sistemi immunitari individuali e collettivi, i sistemi politici democratici, ma anche e soprattutto il sistema di idee che utilizza la capacità neuronale ordinaria, altrimenti noto come buon senso – ad un livello di bassa efficienza o razionalità – ad un livello di alta efficienza. Con la diffusione dell’emergenza sanitaria, drammatica, chiassosa e visibile da parte di tutti, si è contemporaneamente diffusa una parallela e silenziosa emergenza semantica e concettuale che a causa della virulenza dell’ideologia dominante ha travolto e stravolto il senso di alcune parole e, quindi, della realtà, cominciando da quella storica.

Uno dei termini che più è stato colpito da una simile ondata di asfissia intellettuale è quello di “complottismo”. Nella sua accezione originaria e storica, infatti, il complottismo è il comportamento di chi ordisce complotti, cioè di chi segretamente organizza azioni politiche, militari, personali ai danni dei propri avversari. Solo con il tempo il termine complottismo ha acquisito anche una accezione di per sé secondaria che oggi tuttavia sembra diventata primaria, cioè l’accezione sinonimica di “dietrologia”, ovvero la visione maniacale di chi sospetta complotti dietro ogni cosa. Questa seconda accezione, inoltre, viene spesso utilizzata non per definire chi esagera credendo che tutta la realtà sia frutto di complotto, ma “politicamente” per screditare il proprio avversario e le sue opinioni talvolta verosimili o anche fondate, un po’ come accade con altre aggettivazioni a tal fine utilizzate, per esempio, “fascista”, “omofobo”, “bigotto”, “medievale”, “razzista”. Sebbene sia vero che molte visioni “complottistiche” oggi diffuse siano palesemente false, come per esempio quelle relative al mancato sbarco sulla Luna, o quelle riguardanti l’occultamento dell’esistenza degli alieni da parte delle autorità governative dei vari Stati, è anche altrettanto vero che proprio la storia può essere letta come una vasta e luminosa costellazione di congiure, complotti e cospirazioni. In questo senso si dovrebbe usare più accortezza e prudenza sia da parte di chi pensa che vi siano complotti dovunque, perché così non è, ma anche da parte di chi punta l’indice accusando di “complottismo” (nella seconda suddetta accezione) chiunque esprima dei dubbi o non condivida il proprio pensiero, poiché, talvolta, anche se i fatti non sono di immediata e facile probazione, non significa che per questo non esistano, come, tra i tanti, ha insegnato Tacito il quale, con una lucidità epistemologica quasi pre-popperiana, ha riferito che non sempre è falso ciò che è impossibile dimostrare come vero.

Ciò chiarito, occorre specificare che sbirciando, anche distrattamente, tra le pagine della storia, si scopre non soltanto che i complotti esistono e che sono molto più diffusi di ciò che si possa credere, ma soprattutto che ve ne sono di varie tipologie. Si potrebbe parlare di complotti “verticali” quando questi si sostanziano in azioni che tentano di rovesciare un sistema di potere, quindi dal basso verso l’alto, o di sventare un predetto tentativo, quindi dall’alto verso il basso. Vi possono essere, inoltre, complotti “orizzontali” in cui l’azione è diretta non verso autorità superiori o inferiori, ma verso personaggi del proprio stesso livello sociale o gerarchico. Infine, si potrebbero rilevare ulteriori due distinzioni tra i complotti personali, miranti ad ottenere un certo tipo di vantaggio soggettivo, o collettivi, in cui l’azione è compiuta da o per il vantaggio o lo svantaggio di un gruppo, un partito o una categoria specifica. Per evitare di rendere il discorso troppo teorico si facciano alcuni esempi.

Già Tucidide ha raccontato, infatti, dei numerosi complotti verificatisi lungo l’arco di tempo quasi trentennale della guerra del Peloponneso (431-404), come quello che riguardò il generale Pausania accusato dagli spartani prima di voler tentare un colpo di Stato con l’aiuto della classe degli Iloti e poi di partigianeria nei confronti degli atavici nemici persiani, spartani che peraltro profittarono dell’occasione non soltanto per punire il tradimento del proprio generale, ma per colpire anche un generale nemico quale era l’ateniese Temistocle, coinvolgendolo nel complotto e convincendo gli stessi rivali ateniesi della sua colpevolezza, costringendolo infine alla fuga e all’esilio. Ancora Erodoto ha narrato del complotto del governatore di Mileto ai danni del re Dario, e dei sospetti che il sovrano nutriva nei confronti del proprio fedelissimo Istieo giurando vendetta contro gli ateniesi che avevano tramato e agito per la buona riuscita dell’intera operazione. Per parte sua, invece, Tacito ha scritto dei complotti delle legioni stanziate in Pannonia e in Germania e sedate nel sangue dal generale Druso Germanico il quale istigò i legionari fedeli a Roma a uccidere i propri commilitoni ribelli di notte, nel sonno, per porre fine in modo definitivo alla rivolta, giungendo a quella che Tacito stesso definisce come una vera e propria strage. Sempre Tacito, inoltre, ha raccontato anche della congiura di Pisone ai danni di Nerone il quale, sventati i congiurati, si risolse per adottare accuse e condanne “di massa” coinvolgendo anche illustri personaggi come Seneca costretto poi al “suicidio di Stato”. Come non ricordare, inoltre, l’assassinio di Giulio Cesare contro cui avevano cospirato i suoi stessi amici e parenti, o il complotto che i Tolomei avevano ordito contro Pompeo, il quale inseguito da Cesare durante la guerra civile, credette di poter trovare asilo sicuro presso di loro, ma fu imprigionato e decapitato nelle vana speranza di quelli di ottenere i favori e le grazie di Cesare che, invece, dinnanzi allo scellerato tradimento degli stessi amici del suo rivale, sdegnando gli aguzzini del suo avversario, pianse di pietà per quest’ultimo. Ma le cospirazioni non sono confinate soltanto al mondo classico, anzi, andando in avanti nella lettura della storia sembra quasi che siano uno degli strumenti privilegiati per prendere, conservare o rovesciare il potere. Diversi secoli dopo, infatti, si sono registrate la celebre congiura dei Pazzi (1478), banchieri fiorentini (cioè il potere economico-finanziario) che ordirono trame per rovesciare l’egemonia politica dei Medici; la congiura delle polveri (1605) che fu un complotto fallito contro il re Giacomo I d’Inghilterra; la congiura degli Eguali (1796) che nell’alveo della rivoluzione francese tentò di esautorare il Direttorio cercando di dare una spinta socialista all’andamento della rivoluzione tramite l’abolizione della proprietà privata. Proprio in questa ultima circostanza, del resto, come non ricordare i complottisti termidoriani che nella data del 9 termidoro dell’anno secondo (cioè il 27 luglio del 1794) si “ammutinarono” contro il “comandante in capo” Maximilien Robespierre arrestando e ghigliottinando, in una spirale da contrappasso dantesco, il più noto ghigliottinatore di tutta la storia! Alcuni decenni prima, in fondo, sempre la Francia aveva assistito ai fatti della cosiddetta “cospirazione di Chalais” (1626) con cui il conte Henri de Talleyrand, sobillato dalla sua amante Marie de Rohan, in combutta con il fratello del Re di Francia Luigi XIII, ordirono l’assassinio del potente cardinale de Richelieu che, tuttavia, si salvò grazie alla fragilità del sodalizio criminoso dei congiurati, riuscendo ad ottenere la condanna a morte di Talleyrand.

Più di recente la storia racconta degli intrighi dei vertici delle Ss (Schutzstaffel) messi in essere per eliminare i comandanti delle Sa (Sturmabteilung), come accadde con il favore delle tenebre tra il 30 giugno e il primo luglio del 1934 nella cosiddetta “notte dei lunghi coltelli” la cui alba sorse con la morte di uno dei più fedeli amici e antichi sostenitori di Adolf Hitler quale fu Ernst Röhm. Qualche tempo dopo il regime nazista, diresse i suoi complotti verso il popolo ebraico, pianificando ed eseguendo i noti e tristi fatti della cosiddetta “notte dei cristalli” (9-10 novembre 1938) in cui furono dati alle fiamme e distrutti sinagoghe, cimiteri, negozi, luoghi di aggregazione e case di ebrei tedeschi; in fondo lo stesso regime nazista si fondava sul complotto dell’incendio del Reichstag appositamente appiccato per legittimare la propria investitura politica, come ricordato da William Shirer secondo cui, infatti, “furono i nazisti a progettare l’incendio e a eseguirlo per i loro fini politici”.

Proprio l’esperienza del Ventesimo secolo, anzi, consente di ipotizzare che quanto più è totalitario il sistema politico e giuridico in cui si vive, cioè in cui i diritti fondamentali e il diritto naturale sono sistematicamente violati, quanto più è probabile che si svolgano intrighi, complotti e congiure. Non soltanto il regime nazista in questo è fulgido esempio di per sé, ma soprattutto quando spesso ha cooperato con altri regimi in questo senso. Si pensi, per esempio, al cosiddetto “affare Tuchačevskij” (1936-1937), in cui i servizi segreti delle Ss, cioè le Sd (Sicherheitsdienst), aiutarono la polizia politica sovietica, l’Nkvd, a creare un dossier falso sul presunto tradimento del generale sovietico Michail Nikolaevič Tuchačevskij il quale avrebbe dovuto compiere un colpo di Stato in Unione Sovietica ai danni di Stalin, essendo invece quest’ultimo il vero regista del complotto, in vista di epurare le più alte gerarchie dell’armata rossa per sostituirle con uomini di sua completa fiducia e sottomissione.

Insomma, da questi fugaci esempi, si evincono con estrema chiarezza almeno due dati. In primo luogo, il complottismo, almeno dal punto di vista storico, cioè l’unico effettivamente reale, è l’arte di chi confeziona cospirazioni per il raggiungimento di una specifica finalità, più che l’ossessione maniacale di chi suppone complotti dietro ogni avvenimento di rilievo. In secondo luogo, è il segreto dalle gambe corte che la storia prima o poi si incarica di sbugiardare, con sommo diletto della verità e con altrettanto sommo dispetto di chi accusa gli altri di essere “complottisti” (nella suddetta seconda accezione) più che per svelare il falso, per deviare dal vero, cioè per timore di essere scoperto come parte integrante – spesso perfino inconsapevole – di quel complotto da alcuni ordito e, magari, da altri intuito, ma non ancora provato, specialmente ai danni della semantica e della storia stessa.

Aggiornato il 07 gennaio 2021 alle ore 10:08