La pandemia e la ricerca del capro espiatorio

Nei momenti di difficoltà o di crisi, come quelli che stiamo vivendo, spunta la necessità di trovare il colpevole, l’untore a cui addossare le colpe. Tale fenomeno però tende a rendere impossibile la risoluzione dei problemi, perché le vere cause non vengono individuate e pertanto non possono essere affrontate. Si tratta di un tema che coinvolge diversi ambiti, dalla sociologia alla psicologia, ma che in Italia ha anche una dimensione giustizialista.

Di questo si è parlato venerdì scorso in occasione del webinar “Lʼurgenza di un capro espiatorio. L'opinione pubblica alla prova delle crisi, che ha visto la partecipazione di Maurizio Catino (professore ordinario di Sociologia dell’organizzazione, Università di Milano-Bicocca), Giovanni Guzzetta (professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università di Roma ‟Tor Vergata") e Guido Vitiello (ricercatore in Sociologia della cultura e della comunicazione, Università di Roma La Sapienza). L’incontro online è stato introdotto e coordinato da Serena Sileoni (vicedirettore generale, Istituto Bruno Leoni). Per Catino, il tema cruciale della situazione attuale riguarda la prevedibilità di questi eventi improvvisi e di conseguenza la loro gestione. Non a caso sono usciti libri di vari giornalisti che, col dito puntato, hanno già trovato un capro espiatorio. Sui giornali sono inoltre apparse le dichiarazioni di un procuratore capo che avvertiva la necessità di fare perizie per accertare specifiche responsabilità in merito alla gestione della crisi sanitaria. Il paradigma che sta emergendo è dunque quello del giustiziare, invece che della giustizia? Si tratta di un tipico modo di fabbricare capri espiatori, usato in una situazione molto incerta, in cui è veramente complicato ricostruire una catena di cause per individuare una colpa punibile da un punto di vista penale.

Anche per Vitiello la pandemia ha riportato in auge il tema della ricerca del capro espiatorio. La giustizia in tutto questo ricopre sicuramente un ruolo di grande importanza: sociologi del diritto hanno sottolineato la parentela tra i riti arcaici del sacrificio e il processo, nel modo in cui si svolgono e nei bisogni che soddisfano. Nella nostra società, però, il pugnale sacrificale lo impugnano i media. Sistema mediatico e giudiziario collaborano, per quanto in modo perverso. E spesso il sacrifico si consuma tutto nelle indagini preliminari, non potendo poi andare oltre.

Guzzetta ha ricordato come ci troviamo davanti a una crisi radicale, non ordinaria, che sta delegittimando il sistema costituito. Anche la ricerca di un capo espiatorio testimonia proprio questo: che ci troviamo fuori dall'ordinarietà e si brancola nel buio, in questo momento in cui la morte torna come fatto pubblico. In tale fase però non abbiamo ancora individuato un capro espiatorio, nonostante molti tentativi siano stati fatti. Di qui il rischio che possa ergersi qualcuno per “salvarci” attraverso l'individuazione del colpevole. L’auspicio invece è che il dibattito pubblico sia riportato alla razionalità, pur essendo una posizione impopolare.

Il webinar è disponibile on-demand sul canale YouTube dell’Istituto Bruno Leoni.

Aggiornato il 21 dicembre 2020 alle ore 11:28