Effetto Covid sugli affitti in Italia: l’analisi

Uno dei segmenti di mercato in cui si è avvertito maggiormente l’impatto del Covid è quello delle locazioni residenziali. Il ricorso alla didattica a distanza e allo smart working ha fatto sì che molti studenti e lavoratori fuori sede lasciassero le loro abitazioni in affitto, determinando un’offerta maggiore e una minore domanda. Questo quanto emerso dall’analisi dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa. A questi immobili si sono aggiunti quelli destinati alla locazione turistica i cui proprietari, per recuperare parte delle spese, hanno deciso di immettere sul mercato delle locazioni residenziali. Ne ha beneficiato chi è alla ricerca di una casa in affitto per vivere o per migliorare quella in cui si vive: l’aumento di offerta consente di avere più possibilità di scelta e di cercare l’immobile desiderato. Anche sul versante delle locazioni si registra la tendenza a cercare soluzioni più grandi e con spazi esterni.

Grandi città e capoluoghi di provincia

Il calo dei canoni di locazione si è avvertito soprattutto nelle grandi città: -0,2 per cento per i monolocali, -0,9 per cento per i bilocali e i trilocali. I ribassi più importanti si sono avuti a Milano, Bologna e Roma, ovvero le metropoli che più delle altre hanno sofferto per il calo dei flussi turistici, degli studenti e dei lavoratori fuori sede. Inoltre, si è verificata una maggiore facilità di affitto per le soluzioni di “qualità”, ben arredate, posizionate in zone servite e luminose ed i proprietari stanno recependo queste istanze, nella direzione di un’offerta abitativa in miglioramento. Sempre alta l’attenzione alle spese condominiali. Nei capoluoghi di provincia, al contrario, si segnala un incremento dei canoni di locazione di bilocali (+0,3 per cento) e di trilocali (+0,7 per cento). In queste realtà la domanda è sostenuta e l’offerta, talvolta, non sufficiente.

Aumenta l’affitto come scelta abitativa

Nel primo semestre del 2020 il 74,7 per cento ha preso casa in affitto come scelta abitativa, con un lieve aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando la percentuale era del 71,4 per cento. In questa categoria rientrano coloro che non riescono ad acquistare o volutamente scelgono l’affitto. C’è stata una contrazione della percentuale di contatti stipulati da lavoratori, passata dal 25,9 per cento a 22,6 per cento. Tanti lavoratori la cui azienda ha optato per lo smart working hanno deciso di non rinnovare il contratto di affitto, in attesa di nuove disposizioni. Resta inalterata, invece, la percentuale degli studenti, molto probabilmente perché l’analisi è riferita alla prima parte dell’anno mentre questo target si muove, in genere, a settembre. Gli effetti della contrazione su questa categoria di inquilini, occhio e croce, balzerà fuori nel secondo semestre del 2020. Da annotare casi di persone che non riescono ad accedere al mercato del credito, primi fra tutti i giovani e i monoreddito. A questi ultimi si sono aggiunti coloro il cui lavoro, per colpa della pandemia, è diventato più instabile e chi, in un quadro generale, ha incertezze sulla tenuta del proprio impiego. La città in cui è più alta la percentuale di chi affitta per motivi di lavoro è Milano anche se, rispetto al 2019, si registra un calo do quasi il 10 per cento. La motivazione? Il ricorso allo smart working nel capoluogo lombardo.

Contratti: avanzano concordato e transitorio

I dati sui contratti stipulati nella prima parte del 2020 segnalano una contrazione di quelli a canone libero (in un anno da 55,1 per cento a 52,0 per cento) ed un aumento del concordato (da 29,5 per cento a 31,4 per cento) e del contratto transitorio, da 15,4 per cento a 16,6 per cento. Questo dato, molto interessante, evidenzia una delle conseguenze della pandemia e cioè l’aumento del ricorso al canone transitorio: tutti coloro che avevano acquistato una casa da destinare all’affitto turistico e che hanno deciso di collocarlo sul settore residenziale, hanno virato verso tale tipologia di contratto, per non vincolare l’immobile per troppo tempo e per ritornare allo short rent in caso di un’inversione di trend dei flussi turistici. Il contratto a canone concordato, visti i canoni calmierati, potrebbe rivelarsi una buona soluzione per inquilini timorosi degli effetti del lockdown.

Aggiornato il 19 dicembre 2020 alle ore 10:06