Mala tempora currunt: un popolo solo e smarrito

Non solo a causa della pandemia, ma anche per tutti i delitti che vengono commessi durante la medesima. Delitti tanto più gravi quanto inosservati. Prendiamo ad esempio la neo-lingua di orwelliana memoria che ci viene somministrata modificando ogni giorno di più i significati delle parole. Dietro le quinte del Governo da giorni scorre il sangue, ma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ci informa soavemente che “le differenze d’opinione sono una ricchezza”, dato che l’importante è trovarsi poi “a remare tutti nella stessa direzione, per il bene del Paese”. In realtà, quasi tutti i commentatori della politica sono concordi nell’affermare che la battaglia, più che per il bene del Paese, avvampa intorno al potere di gestire lo smisurato numero di miliardi del Recovery fund, e che la pace verrà improvvisamente siglata non appena ogni fazione avrà ottenuto la quota di sua spettanza o nuovi posti di governo.

Nel frattempo, la gente comune si beve a reti unificate fiumi di retorica a base di “lavoriamo giorno e notte per dare un futuro ai nostri figli”, e si precipita nel cercare di registrarsi sul sito del Cashback per un possibile e miserabile ristorno di 65 euro (questa sarebbe poi la cifra vera), sognando pure di vincere la lotteria dello scontrino. Mentre i gestori della moderna Fattoria degli animali si disputano miliardi come fossero noccioline. Questo oramai è l’orizzonte degli eredi di un popolo che era stato capace di creare l’Impero romano. “Dagli atri muscosi, dai fori cadenti, dai solchi bagnati di servo sudor (...) un volgo disperso repente si desta”, siamo costretti a ripetere con Alessandro Manzoni: un popolo smarrito, desideroso di incontrarsi, che seppur spaventato dal virus, si raduna in piazza e nelle vie degli acquisti.

Anche assistendo attonito all’evento “artistico” a base di giochi di luce e di fumi colorati che avvolgono l’albero di Natale donato ai milanesi in piazza Duomo, a cura della Coca-Cola e della Fondazione Bracco, insieme ad altri 20 altrettanto sonori e sgargiantii, posti in diversi quartieri. E insieme a ben 2 milioni di pasti donati al Banco Alimentare. Da questo punto di vista l’iniziativa è largamente encomiabile, ce ne fossero: chapeau. Purtroppo, lo è assai meno la sua esecuzione, per il semplice motivo che dall’albero sono stati espunti tutti i simboli natalizi, pur di mettere in risalto la oramai stravista girandola di luci, accompagnata da una tonitruante colonna sonora a base di musiche che con la tradizione dell’Avvento non hanno proprio nulla in comune. Anzi, avviene pure che nel momento in cui l’albero è avvolto da luci e fumi rossastri, dagli altoparlanti escano inquietanti grida capaci di trasportare per un attimo lo stupito passante in una infernale bolgia dantesca. Sicuramente un bel mix di “Stille Nacht” e “Il èst né le divin enfant” sarebbe stato troppo poco moderno per i neo-artisti. Anche perché del tutto dissonante con il loro concetto di Natale/Luna park.

In piena sintonìa con la neo-lingua, qui siamo di fronte ad un travisamento del significato di “artistico” (l’aggettivo abbonda nei comunicati ufficiali) e di quello del Natale (Natività di Gesù). Si dirà che l’albero è sempre stato un simbolo di origine pagana: ma nel tempo è sempre stato accompagnato da musiche e canti di tradizioni religiose secolari. In proposito, mi piace ricordare che un grande milanese come Giovanni Testori, con cui ho spesso lavorato, amava ripetere che la forma è essa stessa un contenuto, e posso immaginare alla lettera cosa avrebbe esclamato “con la sua voce povera e nebbiosa”. Si impone quindi un accorato appello ai grandi brand e agli Enti filantropici: grazie di cuore per l’aiuto ai bisognosi e per gli interventi a favore della coesione sociale. Ma – in nome del cielo – siete pregati di rispettare gli antichi valori e le vecchie tradizioni, evitando di sostituirli con tendenze modaiole, per di più dal respiro “artistico” assai corto. La situazione è già così grave a così triste, che oltre agli insulti della neo-lingua non ce la facciamo proprio a sopportare anche il “panem et circenses”.

Aggiornato il 16 dicembre 2020 alle ore 12:52