Pablito e l’Italia che non c’è più

Paolo Rossi, un nome e un cognome molto diffusi in Italia tanto da essere diventati nel tempo il simbolo dell’italiano qualunque al pari di Gennaro Esposito e molti altri.

L’Italia in questo momento piange la scomparsa di Pablito, il più famoso dei Paolo Rossi, quello che ha regalato un sogno a milioni di ragazzini degli anni Ottanta. Ma insieme alla dipartita del famoso “numero venti” della Nazionale di Enzo Bearzot, forse l’Italia piange se stessa ed un momento magico che non tornerà più. A maggior ragione se confrontato con il periodo buio che stiamo vivendo da almeno vent’anni.

Paolo Rossi, un nome e un cognome qualunque che diventano leggenda, una struttura fisica qualunque che, con impegno, intelligenza e dedizione assurgono a dignità di atleta di fama mondiale. Un fisico qualunque al pari di quello di Pietro Mennea o Alberto Cova che sta lì plasticamente a dimostrare che un ragazzo qualunque di una città qualunque, in quel periodo, con amore, talento e impegno poteva emergere. Tra mille difficoltà, ma poteva emergere. Noi piangiamo anche quell’ascensore sociale che si è rotto di cui Pablito è forse il simbolo più evidente. Piangiamo il bravo ragazzo che aveva una speranza di potercela fare e adesso non l’ha più. E piangiamo anche un mondo diverso: c’era Sandro Pertini come Capo dello Stato, un personaggio forse di parte ma non certo meno rappresentativo dell’unità nazionale. Un Patriota tutto d’un pezzo non certo paragonabile per personalità a moltissimi dei suoi successori. Alla Presidenza del Consiglio c’era un certo Giovanni Spadolini sostenuto dal Pentapartito mentre oggi purtroppo ci si deve accontentare di Giuseppe Conte sostenuto dai Pentastar.

C’era la “Milano da bere” mentre oggi da bere è rimasto solo l’assurdo miscuglio che bevono i ragazzi prima di impasticcarsi per vincere la noia. C’era Donatella Rettore con “Lamette” e Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni” mentre oggi ci sono quintalate di anonimi tatuati che si illudono di cantare mentre invece sbraitano imbottiti di Auto-Tune, ottimo espediente per nascondere il fatto che dovrebbero cercarsi un lavoro.

C’era l’Italsider, il benessere, la classe media mentre oggi ci sono solo macerie e indiani che, complice il Governo di turno, comprano ferriere per ridurle a brandelli come nel caso di Taranto. E soprattutto c’era un mondo dello sport costituito per la maggior parte da ragazzi puliti e talentuosi come Pablito, da allenatori saggi e lungimiranti come Bearzot e da presidenti appassionati come Costantino Rozzi. Dei giganti se confrontati ai viziatelli pompati e strapagati di oggi venuti su a veline, sponsor, diritti televisivi e sostanze pericolose. Nel calcio come nella società si è persa la poesia, la passione, la semplicità lasciando troppo spazio al marketing e al business. L’Italia piange Paolo Rossi come simbolo di un passato fatto di uomini qualunque che potevano fare la storia se volevano.

Aggiornato il 11 dicembre 2020 alle ore 11:42