Il futuro incerto dell’Inpgi

Si moltiplicano gli appelli al Governo per un intervento che metta in sicurezza le pensioni dei giornalisti, l’istituto di previdenza, Inpgi può garantire solo due anni di pagamento delle prestazioni in base alla riserva tecnica. La liquidità potrebbe finire prima. Quali soluzioni ci sono dietro l’angolo? Le ipotesi più accreditate sono due: la possibilità di un ritorno alla garanzia pubblica come prima della legge di privatizzazione del 1994; anticipare l’immissione di 14mila comunicatori (che però sono contrari) facendo versare i loro contributi all’Istituto dei giornalisti e non all’Inps. La gestione dell’Inpgi, che assicura i circa 15mila giornalisti lavoratori e i pensionati o le vedove con riversibilità, è l’unico ente sostitutivo dell’Inps in Italia tra tutte le Casse previdenziali privatizzate, come prevede la legge Rubinacci del 1951, ancora in vigore. A fine 2020 la sua gestione previdenziale chiuderà in pesante squilibrio, con un bilancio in perdita per il quarto anno consecutivo.

La gravità della situazione, secondo i consiglieri di amministrazione e i consiglieri generali che non si riconoscono nell’attuale maggioranza (egemone da decenni), necessita di un intervento urgente e risolutivo da parte delle istituzioni. L’allarme è stato inviato a tutti i giornalisti, osserva la consigliera Daniela Stigliano, per far conoscere l’altra faccia della medaglia dopo che la maggioranza ha reso noto un documento, non presentato e non discusso nel Consiglio generale dell’11 novembre. Come stanno le cose? Ecco: “Il preventivo 2021, precisa Stigliano, ipotizza una perdita pari a 225 milioni nonostante sia stato redatto con dati previsionali di entrate contributive che non hanno tenuto presente il peggioramento dell’occupazione giornalistica a causa dell’aggravarsi della crisi dell’editoria che sta risentendo fortemente delle conseguenze della pandemia da virus e senza intervenire sui costi, sulla governance e sulle uscite. Entrambi i bilanci sono, a nostro parere, conseguenza di una gestione politica dell’Istituto profondamente sbagliata e poco responsabile”. Soluzioni? L’unica ipotesi attualmente sul tavolo governativo (avviato a febbraio con i vertici dell’Inpgi) risulta essere l’allargamento della platea contributiva dell’Istituto con l’ingresso di nuove figure professionali come indicato dall’articolo 16-quinquies del “Decreto Crescita” del 2019. La presidente Marina Macelloni (confermata per altri 4 anni a luglio 2020) non si stanca di richiedere l’anticipo al 2021 invece del 2023 come prevede la legge. Molti esperti di politica economica e previdenziale non lo ritengono una soluzione risolutiva.

All’interno della categoria si ritiene che allargare la platea dei contribuenti sia un percorso da esplorare ma partendo innanzitutto dalla regolarizzazione dei tanti iscritti all’Ordine dei giornalisti (circa 100 mila) che esercitano l’attività ma versano i contributi previdenziali all’Inps e dei tanti falsi collaboratori che le aziende editoriali e industriali si rifiutano di stabilizzare come giornalisti dipendenti. Con il buco nero di quanti esercitano l’attività giornalistica nella Pubblica amministrazione, senza il riconoscimento del contratto di lavoro giornalistico. La soluzione dell’ingresso di altre figure professionali va valutata attentamente. I pericoli che corre il futuro dell’Inpgi sono stati illustrati in una nota da Pierluigi Franz commentando un’ordinanza della sezione lavoro della Cassazione, secondo la quale l’Inpgi rischia di non poter incassare i contributi previdenziali dei dipendenti di Pubbliche amministrazioni iscritti però all’albo.

Aggiornato il 11 dicembre 2020 alle ore 10:43