Politicamente sorretto

Wanda Nara, da Buenos Aires, è una madre di famiglia. Forse sui generis, comunque, cinque figli con due fuoriclasse del pallone li ha fatti. Tre con Maxi Lopez, due con Mauro Icardi, entrambi argentini. Dell’attuale marito si è improvvisata pure manager, fabbricando incubi notturni per i dirigenti dell’Inter, e aggiungendo un altro mestiere al proprio curriculum che, a trentaquattro anni non ancora compiuti, l’ha vista, fra l’altro, showgirl, modella, animatrice di programmi televisivi e del Grande Fratello (per così dire) Vip. Una foto che la ritragga vestita è una rarità per maniaci, ma chi ha detto che una buona mamma non possa inondare Instagram di selfie discinti e non possa attrarre gossippari su presunte urla lascivamente scomposte in compagnia del compatriota Diego Armando Maradona? Ma nuda a cavallo, proprio no. Era un tormentone di cinquant’anni fa, all’indirizzo della compianta Ave Ninchi, additata scherzosamente come sex-symbol. Invece Wanda, nella sua ultima foto su un destriero, è certamente molto più desiderabile di quanto non lo sarebbe il sex-symbol della sinistra Luciana Littizzetto. La quale, per invidia, sbrocca: “Ce l’ha prensile”.

Ognuno di noi ricorderà sicuramente innumerevoli frasi correttissime additate pretestuosamente dai sinistri per tacciare di maschilismo, volgarità, e, naturalmente fascismo, chiunque non risulti nei loro registri. Dunque, la stessa frase, pronunciata da un non adepto, peggio se maschio, avrebbe scatenato il delirio? A chi ha osato pensarlo è stato fatto graziosamente notare che quella della Littizzetto è una voluta provocazione: così dimostra che lei, donna progressista, può sciorinare in senso costruttivo e pure educativo volgarità la cui radice cubica, sulla bocca di un non allineato provocherebbe sommosse popolari e cori “forca, forca!”. La triste terremotina di monsignor Fabio Fazio ha rispolverato l’oratio in utramque partem di Carneade. Ma se tante Lucianine e tanti Lucianini possono dire quello che vogliono, la colpa è proprio della destra moderata, che si è sempre fatta del male studiando buone maniere e, quel che peggio, applicandole. Senza porsi il problema di che senso abbia discutere con un truffatore, svirgolare fiorettate contro un fuciliere, esporre le proprie ragioni a chi sente di avere la verità in tasca e non ascolta gli intellettualmente inferiori. Ed è proprio questo il punto. La sinistra odierna si è liberata delle imbarazzanti Frattocchie, ma non ha smesso di fare scuola di partito, rimescolando i vecchi schieramenti e persino lo stesso concetto di sinistra, oggi difficilmente definibile.

Il gioco è semplice in presenza di una destra inconsapevolmente vittima di questa pressione psicologica che inquina l’aria. I moderati la respirano e non si rendono conto di lasciare alla sinistra il monopolio della cultura e del politicamente corretto, che fa rima con Littizzetto. Non raramente è capitato che, quando è stato in maggioranza, il centrodestra abbia accolto come preziose conquiste transfughi sinistri in cerca di poltrone, a scapito di propri aspiranti, coerenti e certamente non meno preparati. La cultura moderata può salvare l’Italia. Ma deve essere ripensata, meglio organizzata, la sua immagine ricostruita. E soprattutto bisogna crederci.

 

Aggiornato il 09 dicembre 2020 alle ore 10:12