
Centosettanta posti letto nel centro di Roma potrebbero essere utilizzabili in tempi rapidissimi
L’emergenza dovuta alla pandemia di Covid-19 ha vari aspetti e anche diverse colorazioni sia in termini di zona regionale che di schieramento politico. Unici punti in comune sono la penuria di posti letto e la necessaria disponibilità di personale medico. Risulta allora chiaro che in attesa di prassi sanitarie efficaci contro il virus è necessario utilizzare ogni possibilità per far fronte alla cura dei contagiati e dei pazienti con altre patologie. Nella Capitale c’è una struttura ospedaliera, chiusa da una decina di anni, che avrebbe la possibilità di essere riattivata in tempi brevi: l’ospedale San Giacomo. L’antico edificio, ad oggi gestito e vigilato dalla Regione Lazio, si trova nel cuore del Centro storico di Roma, tra via del Corso, via Canova e via Ripetta. A causa di vicende amministrative, le strumentazioni e le attrezzature dovrebbero essere ancora presenti nell’edificio e probabilmente potrebbero essere di nuovo utilizzate. Va ricordato che al momento della chiusura non solo il San Giacomo era dotato di un eccellente pronto soccorso, attivo dal 1929, ma che era predisposto per eventi di terrorismo e di calamità naturali rispondendo al Peimaf, il Piano di emergenza per un massiccio afflusso di feriti, definito con diverse norme a partire dal 1992 e reso obbligatorio con dl 81/2008. Si tratta proprio delle linee guida che vengono applicate in questo periodo di contagio. Quindi la domanda è lecita: perché, anche se in via provvisoria, non riaprirlo subito?
La vicenda è lunga ma vale la pena ripercorrerla fino ai nostri giorni. Nel 1339 il luogo era nato per gli incurabili e gli “asfittici”, che potremmo considerare il primo passo verso una metodica della rianimazione. Ricostruito poi nella seconda metà del 1500 grazie al cardinale Antonio Maria Salviati che lo dotò di un fondo in grado di garantirne l’autonomia economica. Alla sua morte, avvenuta nel 1602, lasciò in eredità l’ospedale alla comunità con la clausola, ancora valida a tutti gli effetti, che mantenesse la sua destinazione di luogo di cura. Negli ultimi decenni il tentativo di vendita dell’immobile legato alla riorganizzazione del Sistema sanitario regionale con una ventilata variazione d’uso in albergo che passa per vari presidenti della Regione Lazio, in particolare da Francesco Storace nel 2002 e Piero Marrazzo nel 2007, trova ostacolo proprio nel vincolo legato al lascito del cardinal Salviati. Comunque, la dismissione di questo e di altri ospedali è andata avanti e il 31 ottobre 2008 è stato definitivamente chiuso mentre il 22 novembre dello stesso anno (con determina n. G15035), il bene è stato conferito ad un fondo immobiliare. Ricorsi e contestazioni ci sono stati prima e dopo i passaggi burocratici compreso un appello all’allora Papa Benedetto XVI. Il Campidoglio ha da tempo richiesto con voto bipartisan un tavolo di confronto con la Regione Lazio, ente che è attualmente ancora responsabile della struttura, per la sospensione dell’iter di vendita.
Certamente non è facile capire in che modo si possa autorizzare la riapertura, con l’intento di alleggerire il carico di lavoro degli ospedali romani, ospitando ad esempio i lungodegenti non affetti dal virus o riattivando il pronto soccorso considerando anche che guardia medica e alcuni ambulatori sono ancora attivi nella stessa strada. Credo però che il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, con un sopralluogo mirato possa procedere ad una mossa di arte politica che ne consenta l’utilizzo provvisorio, magari ispirandosi alla maestria, in altra arte, di Antonio Canova che aveva il suo atelier proprio di fronte al San Giacomo.
Aggiornato il 17 novembre 2020 alle ore 12:47