
Gruppo Gedi nella bufera. Dodici quotidiani locali hanno scioperato tutti insieme dopo la notizia che sarebbero in corso trattative per vendere quattro testate: il Tirreno, le Gazzette di Reggio Emilia e Modena e la Nuova Ferrara con circa 120 giornalisti, più tecnici e amministrativi.
I giornalisti hanno affidato ai rispettivi comitati di redazione ulteriori giornate di astensione dal lavoro (un pacchetto illimitato di scioperi) qualora, come osservano la Federazione nazionale di stampa e le Associazioni regionali di Toscana e Emilia-Romagna non venisse fatta chiarezza sulle voci di cessione delle testate. Le motivazioni della protesta sono profonde e trovano la fase sulle modalità della fusione tra l’ex gruppo Repubblica-L’Espresso, i giornali locali e i quotidiani La Stampa di Torino, il Secolo XIX di Genova e il Piccolo di Trieste. Il coordinamento dei giornalisti ha spiegato che l’azione di protesta giunge dopo un periodo di disinteresse dei vertici del gruppo Gedi rispetto alle dinamiche delle singole redazioni dei 13 giornali locali Gnn ex Finegil.
Nonostante le rassicurazioni fornite nell’unico incontro di quest’anno con l’amministratore delegato e il direttore editoriale nel corso dei mesi è apparsa evidente la volontà di dismettere alcune o tutte le testate. Un’operazione considerata molto grave dai giornalisti perché potrebbe portare alla distruzione dell’esperienza che da più di 40 anni ha rappresentato la Finegil. In sostanza il mantenimento di un’informazione locale libera e indipendente collegata con un grande gruppo editoriale prima Repubblica-L’Espresso e poi Gedi.
Distruggere questo modello significa indebolire l’intero sistema informativo italiano. Il sospetto suffragato da testimonianze emerse nel corso dell’ultima assemblea della Confindustria all’Eur è che John Elkann, supportato dal cugino Andrea Agnelli e dagli altri parenti, abbiano accarezzato l’idea di vendere i giornali locali per acquistare il quotidiano nazionale e ben radicato nel mondo imprenditoriale il Sole 24 ore in difficoltà dai tempi del presidente Fossa. E questo perché la legge impone un tetto del 20 per cento dei quotidiani in mano ad un singolo editore. Il discorso allora si allarga ai rapporti tra l’imprenditore della Fiat-Chrysler e del più importante e largo gruppo editoriale e il mondo dei media.
Gli interrogativi derivano anche dal fatto che questa seconda operazione arriverebbe a pochi mesi di distanza dall’aver assunto la guida del gruppo in mano da anni a Carlo De Benedetti e passato ai figli, coinvolgendo anche personaggi come il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari e il giornalista Bernardo Valli che ha deciso di lasciare il quotidiano.
La richiesta dei comitati di redazione è quella della immediata convocazione per un chiarimento. Ed hanno lanciato una provocazione “quella di venderci tutti in blocco”. Secondo i sindacati è in gioco l’informazione come bene pubblico essenziale e costituzionalmente garantito e il ruolo di giornali profondamente radicati nei territori di riferimento.
Ferme restando la libertà d’impresa e le regole del libero mercato la vendita di testate giornalistiche, conclude la Fnsi, richiede sempre una particolare accortezza nella valutazione dei progetti industriali, dell’affidabilità dei compratori che sarebbero già stati individuati. Si tratterebbe del gruppo Sae dell’imprenditore Alberto De Leonardis che già rilevò dalla Gedi il Centro di Pescara per poi rivenderlo.
Aggiornato il 06 ottobre 2020 alle ore 12:04