La barbarie del nostro tempo

Fra un centinaio d’anni, quando gli storici vorranno esaminare “sine ira ac studio”, come ammoniva Tacito – cioè in modo oggettivo – il trascorrere della nostra epoca nei suoi tratti più caratteristici, credo non avranno difficoltà ad individuarla come un tempo di decadenza da diversi punti di vista.

Probabilmente, la nostra epoca somiglia alquanto al IV secolo dopo Cristo, vale a dire al tempo in cui le popolazioni barbariche scendevano dagli altopiani euroasiatici e, attraversando l’Europa, invadevano l’impero romano giungendo nei pressi di Roma e pervadendo perfino tutta la penisola iberica.

Purtroppo, pare proprio che oggi i nostri territori, una volta sede di inimitabile civiltà, siano abitati da Vandali, Visigoti e Ostrogoti: tutti barbari ovviamente, ma non proprio eguali fra di loro.

Del resto, non è difficile identificarli, bastando osservare con un poco di attenzione il modo di comportarsi o di abbigliarsi di queste persone in alcuni luoghi, per dir così, elettivi del vivere sociale, per esempio il ristorante, un’aula di giustizia, una chiesa ove si svolga una funzione religiosa.

Cominciamo dal ristorante. Lo scenario che si presenta è più o meno il seguente: una lunga tavola ove sono riunite a desinare una ventina di avventori, fra i quali spiccano tre neonati di non più di sei o sette mesi, costretti nel rispettivo passeggino faticosamente introdotto, dopo un inenarrabile slalom fra tavoli e sedie, nel loculo di riferimento dai padri già nervosi e sudati per la fatica. Seguono le madri, sui trenta o trentacinque anni, imbellettate da due etti di mascara e mezzo chilo di fondotinta, oltre che “ombrettate” al modo di Cleopatra, ma senza mostrare, di Cleopatra, né il fascino né l’eleganza. Anzi, esse sembrano far a gara nel cattivo gusto, abbigliandosi – alle due del pomeriggio e sotto un sole cocente – con improbabili abiti da sera trasparenti e setosi e calzando autentici trampoli edificati su inguardabili zeppe da dieci centimetri.

Non basta. Infatti, ci sono anche suoceri e suocere, zii e nipoti, immancabili amici e vicini di casa, ciascuno avidamente proteso a soddisfare la propria inoccultabile ingordigia, ingurgitando cibo a piene fauci.

Sono questi i Vandali, i più pericolosi e numerosi, quelli che fanno davvero “tabula rasa” al loro passaggio, dopo il quale il territorio si presenta razziato e spoglio.

Infatti, mentre i neonati ovviamente frignano disperatamente per la fame, per il caldo, per la naturale smania che prende i piccolissimi costretti in uno spazio angusto e ribollente di umori, le mamme e le nonne gareggiano nello spupazzarseli, come se potesse bastare a placarne la sacrosanta insofferenza. L’esito è scontato: i neonati, letteralmente, impazziscono, principiando ad emettere acutissime grida come fossero scuoiati e producendo attacchi nervosi alle suddette mamme, le quali – non si sa per qual motivo, ma tanto è sempre così – se la prendono con i mariti, accusati di non aiutarle in modo conveniente, propiziando tuttavia l’intervento delle amiche presenti le quali si fanno un punto d’onore nel riuscire nell’impresa fallita dalle altre: invano.

Nel frattempo, i camerieri si destreggiano fra ordini dati, ordini mai dati, ordini sbagliati, ordini male intesi, ordini male eseguiti, ordini perfino impossibili, causando malumore fra gli astanti, proteste e recriminazioni. Ovviamente, nel frastuono assordante in tal guisa generato, l’unico modo per consentire a chi, sedendo a capotavola, voglia interloquire con chi gli sieda di fronte, è cercare di gridare ancora più forte, apprestandosi a riceversi a sua volta un trattamento analogo. Insomma, un vero inferno di pianti, grida, rimproveri, avvertimenti nell’affastellarsi di piatti e vassoi, mentre chi, seduto in un tavolo vicino, voglia comportarsi civilmente, viene impedito perfino nel pensare. Quando, dopo un paio d’ore, costoro, esausti, sciamano verso l’esterno del locale, non rimane più nulla di normale: la razzia ha prosciugato tutto, perfino le energie del personale.

Ma allora giungono festosamente gli Ostrogoti che sono una sottospecie dei Vandali, dei quali conservano le principali caratteristiche (rumorosità, indifferenza per il prossimo, voracità), ma come attenuate e soprattutto rappresentate da un numero di soggetti sensibilmente inferiore, non più di sei o sette per tavolo. Costoro, abbigliati in modo leggermente più consono – le signore meno truccate e i signori meno sudati e vocianti – contano soltanto un paio di bambini , ma sui sei o sette anni, preferibilmente maschi e perciò per natura dediti alla guerra fra di loro, con o senza spargimento di sangue non importa. Lo scenario qui è più calmo, ma per fortuna ravvivato dai pargoli, impegnati in un conflitto senza quartiere – per mezzo di scontri fisici, rincorse fra i tavoli, sgambetti – che naturalmente i genitori, anch’essi fuori controllo per il nervosismo, cercano di arginare, ma senza riuscirvi. Da qui, pianti, urla, strepiti inumani, vendette reali o solo promesse, accuse reciproche, insomma un inferno in formato ridotto.

I Visigoti, invece, come la Nottola di Minerva, giungono sul far della sera, a giochi già esauriti. Sono pochi, non più di tre o quattro, come provati dalle fatiche del giorno e non contano bambini, ma soltanto giovani adolescenti innocui quanto efebici. Con costoro la convivenza è possibile, a patto di non risvegliarne gli istinti, pur sempre primordiali, per esempio attraverso la costanza inspiegabile di un martello musicale in tonalità di basso continuo, pervasivo dello spazio e del tempo, che li elettrizza oltremodo, liberandone il vociare scomposto e turbolento.

E nelle aule di giustizia? Anche qui impera il cattivo gusto di origine barbarica in ogni dove, solo parzialmente arginato da cartelli che inibiscono l’ingresso in pantaloncini, infradito o bermuda. Nessuno e nulla riesce ad impedire però che procaci avvocatesse esibiscano reggiseni a balconcino nel corso di un dibattimento penale per gravi reati; o che malaccorte pubblici ministeri facciano trapelare sotto la svolazzante toga, top e pantaloncini. Anche qui, discutibili abbigliamenti da spiaggia o da serata elegante trasferiti come nulla fosse davanti a giudici allibiti e rispettabili avvocati in giacca e cravatta.

In chiesa poi, siamo al culmine. Gente al ritorno dal mare, in costume ascellare e zoccoli, stravaccata sul banco, come per propiziarsi il sonno o a gambe accavallate in tenuta da posteggiatore abusivo. Un orrore per la vista e per l’anima, anche qui di origine barbarica.

Certo, i segnali di decadenza nell’epoca che viviamo non sono soltanto questi: primeggia l’assenza del pensiero. Ma, intanto, questi bastano ed avanzano perché, a loro modo, anch’essi ne testimoniano l’assenza. Il cattivo gusto, forse, non è altro.

Aggiornato il 20 luglio 2020 alle ore 11:56