Lettera dagli abruzzesi di Guardiagrele, dimenticati dalla sanità

Mi chiamo Mario, sono di Guardiagrele ed ho trentatré anni. Fin da bambino venivo profondamente toccato dai problemi della mia gente. Seguo la vicenda dell’Ospedale di Guardiagrele dal 2006, quando iniziarono i primi tagli sul nostro ospedale. Da quell’anno, un po’ per volta, l’Ospedale di Guardiagrele ha perso tutti i reparti, e nel marzo 2016 la giunta regionale guidata dal presidente Luciano D’Alfonso, appoggiato dal suo assessore alla Sanità Silvio Paolucci, ha decretato la fine del presidio ospedaliero di Guardiagrele (fondato da Guido Cristini nell’ottobre 1931), convertendolo in Pta (Presidio territoriale di assistenza): un distretto sanitario. Persino il Pronto soccorso è stato riconvertito in Ppi (Punto di primo intervento), quindi spogliato di ogni sua strumentazione tecnica complessa e di quasi tutte le sue funzioni. Per aggiunta, l’intero presidio è perennemente a corto di personale medico ed infermieristico.

Insomma, dal 2006 ad oggi il nostro ospedale è stato lentamente saccheggiato e depauperato di ogni bene e servizio ad esso annesso nel corso degli anni e con grandi sacrifici. Cosi nell’inverno tra la fine 2016 ed inizio del 2017, mosso da un forte senso di giustizia e spinto da grande motivazione, ho deciso di costituire un gruppo di cittadini volenterosi. Persone, fortemente motivate, con principi e valori radicati. Nel febbraio 2017 si costituiva, all’interno del bar Fil di piazza Santa Maria Maggiore, l’associazione “Salute è Diritto”. Sodalizio nato a difesa dell’Ospedale di Guardiagrele. Inizialmente il gruppo era formato da undici cittadini. Ben presto però la “selezione naturale” portava il gruppo a modificarsi, e a divenire di cinque persone: Pietro, Nicolino, Genoveffa, Ivan e chi vi scrive.

I primi mesi sono stati molto difficili. Ci vedevamo una o due volte a settimana, di sera e dopo il lavoro. Nostri uffici erano le sale dei bar o le nostre dimore. Abbiamo cominciato a capire che le strade sono sempre in salita, per la fatica s’intende. Era difficile avere spiegazioni istituzionali sul sui maledetti tagli sanitari. Volevamo capire la motivazione che aveva portato i nostri politici a chiudere in pochi anni l’ospedale, eccellenza sanitaria conosciuta ben oltre i confini regionali. Abbiamo iniziato a fare incontri con politici locali e non, e di ogni colore politico. Dopo ogni incontro, avevamo tutta la settimana per analizzare i documenti e riflettere. Passati i primi mesi, abbiamo cominciato a fare i primi incontri pubblici nei comuni limitrofi. Il bacino dell’ospedale di Guardiagrele conta circa 43mila utenti sparsi su un territorio per lo più montano e collinare, con strade disconnesse non facili da percorrere. Incontravamo le persone e le ascoltavamo. Nel giro di poche settimane avevamo raccolto oltre 4mila firme. Avevamo predisposto moduli d’adesione alla nostra associazione.

Tante le persone che condividevano le nostre idee e che ci sostenevano, e tutt’ora le sentiamo. A giugno 2017 abbiamo chiesto e ottenuto il primo incontro con l’allora presidente D’Alfonso e con l’assessore alla Sanità Paolucci. Al primo incontro c’erano tutti: Il sindaco di Guardiagrele Simone Dal Pozzo e i suoi assessori comunali, e le opposizioni di destra e di sinistra. A quel primo incontro, terminato con una serie di promesse fatte dal presidente D’Alfonso, cioè costituire dei gruppi di lavoro su servizi e programmazione del presidio sanitario, ne siamo usciti fortemente delusi. Avevamo capito, e già dal primo incontro, che eravamo stati presi in giro. Infatti gli incontri, enfatizzati da svariate promesse e illusioni, sono andati avanti per tutta l’estate 2017: ben sei incontri presso le sedi di Pescara della Regione Abruzzo. Nell’ultimo incontro, presso la sede dell’Agenzia Sanitaria Regionale (guidata da Alfonso Mascitelli) siamo andati via prima della fine della riunione. Notavamo un modo di parlare prettamente economico, ragionieristico, non attento alle nostre vere esigenze d’assistenza sanitaria. Non volevamo sentirli più. Ma abbiamo raccontato il contenuto degli incontri per strade e piazze, ovunque ci trovavamo. Narravamo di rappresentati politici regionali che fanno tutt’altro che svolgere un servizio, una missione. Si preoccupano degli interessi dei privati convenzionati (aumentando di anno in anno il budget di spesa) e poi fanno patti con le lobby sanitarie.

La protesta di Guardiagrele

Siamo scesi in piazza molte volte. Abbiamo organizzato vere e proprie manifestazioni presso l’assessorato alla sanita di Pescara (quella del 17 febbraio 2018) e presso il Consiglio regionale dell’Aquila (l’8 maggio 2018). A l’Aquila siamo arrivati davanti alla sede del consiglio regionale con circa ottanta di persone del comprensorio guardiese. Scortati come malandrini dagli agenti della Digos (Polizia di Stato). In quell’occasione erano presenti i sindaci dei comuni di Guardiagrele e Orsogna e il vice sindaco di Pennapiedimonte. Tutti gli altri sindaci del comprensorio di Guardiagrele (Rapino, Pretoro, Fara Filiorum Petri, San Martino Sulla Marrucina, Casacanditella, Filetto, Palombaro) sono stati invitati ma non hanno aderito alla protesta per svariati “timori istituzionali”. Hanno fatto il contrario della maggior parte dei loro cittadini, che ci hanno sempre sostenuto e incoraggiato. Il sindaco di Orsogna, Fabrizio Montepara, sembrava avesse preso a cuore la nostra battaglia, e più di molti altri. Lo stesso giorno delle proteste, l’intero consiglio regionale (guidato dal Pd) votava all’unanimità una risoluzione presentata dall’allora ex consigliere regionale di minoranza Mauro Febbo. Nel documento veniva riportato il chiaro intento di iniziare un percorso che avrebbe riportato in vita il presidio ospedaliero di Guardiagrele.

Iniziava una stretta collaborazione col consigliere regionale Mauro Febbo (sostenuto dal gruppo consigliare comunale di Progetto per Guardiagrele, capeggiato da Donatello Di Prinzio) e con il sindaco di Orsogna Fabrizio Montepara. Io li sentivo spesso, e mi ribadivano che qualora fossero andati in regione, avrebbero fatto di tutto per risolvere il problema. Perché dev’essere chiaro per tutti che, la materia sanitaria è gestita delle regioni. Che devono certamente attenersi alle linee guida ministeriali, ma godendo di piena libertà e disponibilità organizzativa. Lo stesso vale per i direttori generali delle Asl, che devono attenersi alle direttive impartite dagli enti regionali. S’avvicinava la campagna elettorale per le elezioni regionali del 10 febbraio 2019. In quel periodo, l’associazione iniziava una lunga serie di incontri con tutti gli attori della politica regionale abruzzese. La destra, con il candidato presidente Marco Marsilio. La sinistra, con il candidato presidente Giovanni Legnini. Il Movimento 5 stelle, con il candidato presidente Sara Marcozzi. Intervistammo tutti e tre i candidati. Ad ognuno di loro ponemmo le stesse domande sul futuro dell’Ospedale di Guardiagrele. Di lì a poco l’incontro del 12 gennaio 2019, presso il Teatro comunale “De Nardis” a Orsogna, dove incontrammo il candidato presidente Marsilio per sostenere la candidatura di Montepara. Dove fu proprio l’ex sindaco ad invitarci. Ci recammo tutti insieme, e venne anche il nostro Sandro, autore di tutti i video su Guardiagrele.

Marsilio saliva sul palco del teatro, e l’Ospedale di Guardiagrele era tra i primi temi che toccava. Diceva che se avesse vinto le elezioni regionali, avrebbe riaperto l’Ospedale di Guardiagrele come presidio di zona disagiata (impegno che venne anche riportato nel programma della destra 2019–2024 della Regione Abruzzo). Terminato il discorso, ci riceveva presso il salone comunale di Orsogna insieme all’ex sindaco Montepara. Davanti alla telecamera confermava il proprio impegno per la riapertura dell’Ospedale di Guardiagrele. Il 31 gennaio 2019 la visita toccava alla ministra della Salute Giulia Grillo (Movimento 5 stelle) e presso il nostro presidio. Le elezioni regionali del 10 febbraio 2019, venivano vinte dalla Destra. Venivano eletti Marco Marsilio come presidente di Regione; Mauro Febbo assessore alle attività produttive e Fabrizio Montepara come consigliere regionale con delega alla sanità. Veniva nominato assessore alla Sanità Nicoletta Verì della Lega. I primi mesi li lasciammo trascorrere. Dando il tempo di ambientarsi, e non li disturbammo più di tanto. Il 14 maggio 2019 si teneva all’Aquila un consiglio regionale. Il nostro gruppo si autoinvitava.

Difficoltà sanitarie e di cura

Intervistavamo per la prima volta Mauro Febbo nella veste da assessore regionale, e ci confermava la volontà di procedere nella proposta al Ministero della Salute, là dove venisse riprogrammata l’intera rete ospedaliera regionale. Ci diceva che in quella proposta figurava anche il nosocomio guardiese come presidio di zona disagiata. Sempre lo stesso giorno, veniva intervistata anche l’assessore Verì che dichiarava le stesse cose. Sul finire, consegnavamo anche un nostro “tapiro” all’ex assessore Silvio Paolucci, come segno di inimicizia e come ringraziamento per averci chiuso l’ospedale. Il 31 maggio 2019 la nostra prima riunione ufficiale, presso la sede dell’Assessorato alla Sanità, con il nuovo assessore Verì. L’incontro veniva promosso dal consigliere regionale Montepara, ma su nostra richiesta. E l’assessore ci rassicurava sul futuro del nosocomio guardiese. Seguivano altri due incontri nel corso del 2019. Il 2 agosto 2019, organizzavamo una manifestazione pubblica in piazza Santa Maria Maggiore a Guardiagrele: presenti l’assessore Mauro Febbo, il consigliere di maggioranza Fabrizio Montepara e il consigliere di minoranza Francesco Taglieri, oltre a sindaco e opposizioni comunali. L’assessore Febbo ci portava una novità. Diceva che “per Guardiagrele sarebbe stata formulata la proposta come Stabilimento ospedaliero”.

Cioè un piccolo ma utile ospedale con reparti di Medicina, Geriatria, Lungodegenza, Pronto Soccorso, Radiologia, Laboratorio Analisi, Dialisi e i servizi ambulatoriali del distretto. Insomma un ospedale che potrebbe rispondere in modo reale alle esigenze del territorio. Ci venne detto che la scelta dello Stabilimento anziché dell’Ospedale di zona disagiata, sarebbe stato più consono al nostro presidio. E che la sua funzione sarebbe stata quella di supporto dell’Ospedale di Chieti. Da quel momento non si parlò più di ospedale di zona disagiata, ma di stabilimento ospedaliero. Per noi andava bene. Volevamo che approvassero il prima possibile questa nuova formulazione. Nel corso degli ultimi mesi del 2019 abbiamo sollecitato ripetutamente i politici di riferimento regionale. Ma venivamo sempre liquidati con la solita risposta, cioè che avremmo dovuto “aspettare che il Ministero si pronunciasse in merito al piano di riordino della rete ospedaliera abruzzese”. Il 25 gennaio 2020, il sodalizio riproponeva un nuovo incontro pubblico. Questa volta presso il salone dell’Ente Mostra dell’Artigianato abruzzese in via Roma a Guardiagrele, partecipavano l’assessore alla Sanità Nicoletta Verì, L’assessore Nicola Campitelli, il consigliere Fabrizio Montepara, il sindaco di Guardiagrele e le opposizioni comunali. Nell’incontro solite parole. Anzi, l’assessore Verì sosteneva che “entro un mese un mese e mezzo da quel giorno, il Ministero si sarebbe pronunciato”.

Sul finire del mese di febbraio 2020 avveniva una visita ispettivo-organizzativa presso il nosocomio guardiese: vi prendevano parte l’assessore Verì, l’assessore Campitelli e il nuovo direttore generale della Asl Lanciano-Vasto-Chieti Thomas Schael. Erano presenti anche il Sindaco di Guardiagrele e le opposizioni comunali. Partecipammo anche noi a quell’iniziativa lunga tre ore. In realtà nessuna visita ispettiva alla struttura, ma solo un lungo colloquio in una stanza. Il direttore Schael non ci faceva entrare. Nemmeno il nostro operatore video veniva autorizzato. Solo due componenti del nostro gruppo ebbero modo d’ascoltare. Desolante l’esito di quell’incontro, Il direttore Schael sosteneva senza mezzi termini che, qualora le intenzioni della politica regionale abruzzese fossero quelle di riattivare il presidio guardiese come Stabilimento ospedaliero, lui si sarebbe immediatamente dimesso. Capivamo che qualcosa non tornava. Chiamammo prontamente i politici regionali di riferimento, e chiedendo loro spiegazioni riguardo quelle esclamazioni. Ma facevano passare quelle parole come poco rilevanti. Invece lo erano tanto.

Ci mancava il “Coronavirus”

Arriva marzo 2020. L’Italia e il mondo intero vengono bastonati da un virus strano, anomalo. Il Covid-19, comunemente chiamato Coronavirus, e spiazza ogni piano sanitario nazionale. È una vera e propria emergenza sanitaria. In Italia mancano centinaia di posti letto di terapia intensiva. Il quadro nazionale è surreale: chiudono le fabbriche e si ferma l’Italia. La gente è chiusa nelle case, non può assolutamente uscire. Il governo centrale emana decreti urgenti. La perenne carenza di medici e figure sanitarie viene superata con direttive. E alle regioni viene data carta bianca nell’aumentare i posti letto negli ospedali. In questo momento anche un Pta può essere immediatamente riconvertito in ospedale. La struttura guardiese, peraltro nuova e sicura, non viene minimamente presa in considerazione. Ad essa si preferisce montare tende da campo nei cortili dei grandi ospedali e far ripartire strutture private convenzionate. Noi dell’associazione “Salute è Diritto” sollecitiamo ripetutamente gli esponenti politici regionali di riferimento (e anche quelli locali) per far utilizzare anche la struttura guardiese, peraltro senza nessun investimento consistente. Non chiediamo affatto unità complesse.

Non abbiamo mai chiesto la rianimazione, ma solo qualche posto letto di Medicina e Geriatria. Richiesta pienamente conciliabile con le esigenze della popolazione limitrofa. Chiediamo semplicemente di spostare i pazienti dell’area medica e geriatrica dell’Ospedale di Chieti (adibito a Covid-19 e quindi potenzialmente pericoloso) e portarli in sicurezza presso la struttura guardiese. Ripetute richieste, massaggi, telefonate. Nessuna risposta! Forse il nuovo direttore generale della Asl si è impuntato a non voler far ripartire l’Ospedale guardiese? Forse in tutto questo tempo gli attori della politica abruzzese si sono divertiti a voler prendere in giro i cittadini? Adesso abbiamo ancora più chiaro che a nessuno interessa la riapertura dell’Ospedale di Guardiagrele. Quindi non c’è alcuna volontà politica. Posso aggiungere che non esistono scuse valide quando mi viene detto che “è il direttore della Asl che programma le disposizioni delle varie strutture sul territorio”. E la politica regionale che fa? Non ha forse più potere di un direttore generale? Come mai durante la campagna elettorale c’era tutto questo interesse per l’Ospedale di Guardiagrele e oggi niente? Sicuramente la politica locale di ogni colore politico ha dimostrato nel corso degli anni il totale fallimento. Tutti i politici locali hanno dimostrato di non avere alcun peso politico e poca buona volontà. Noi dell’associazione “Salute è Diritto”, passata questa emergenza sanitaria, torneremo di nuovo in piazza. Questa volta senza invitare nessuno.

Ad ascoltaci ci sarà solo la povera gente, come sempre. Alla gente riporteremo tutto. Racconteremo per filo e per segno com’è andata. Faremo i nomi di chi ancora oggi continua a prenderci in giro. Faremo rivedere tutti i video e le interviste dei vari politici che ci hanno sempre promesso la riapertura dell’Ospedale di Guardiagrele, mai avvenuta a causa loro. Li aspetteremo, quando saranno invitati dai loro amici locali per le loro campagne elettorali. Lì davanti al popolo, e non avranno più scuse. Ultima, non certo per importanza, la dichiarazione del nuovo manager della “Asl 02 Chieti Lanciano Vasto”, che in visita alla struttura di Guardiagrele (insieme all’assessore Verì) uscendo dalla riunione diceva “se al ministero passa la proposta di stabilimento di Chieti per la struttura di Guardiagrele, io mi dimetto”.

(*) Associazione “Salute è Diritto”

Aggiornato il 02 luglio 2020 alle ore 16:35