
“L’intero settore dei media soffre ancora tremendamente, insieme purtroppo ad tanti altri e all’economia mondiale”.
Fedele Confalonieri, una vita alla guida di Mediaset, 83 anni e tra i massimi esperti del mondo dell’editoria, non si nasconde dietro i risultati positivi del gruppo Fininvest dell’imprenditore Silvio Berlusconi. Il bilancio 2019 è stato buono, si è chiuso con un utile netto, a livello consolidato, di 220,3 milioni di euro, di cui 190 destinati a riserva straordinaria in vista della costituzione della nuova holding internazionale Mfe con sede ad Amsterdam che provvederà alla distribuzione del dividendo di 84, 2 milioni (rispetto all’utile di 57,8 milioni dell’esercizio precedente) interamente destinato agli azionisti. Al presidente Silvio Berlusconi toccheranno 50 milioni, ai figli Marina e Pier Silvio 6 milioni e agli altri tre figli Barbara, Eleonora e Luigi andranno 16 milioni. Le difficoltà e i condizionamenti del coronavirus non sono mancati tanto che il fatturato è sceso a 3.886,4 miliardi rispetto ai 4.429,5 dell’esercizio precedente.
Il venir meno dei ricavi pubblicitari legati ai Mondiali di calcio e alla cessazione dell’attività pay-tv sono stati, scrive nella relazione al bilancio Marina Berlusconi, uno degli elementi di criticità del gruppo. La solidità è però dimostrata dai 426 milioni riconducibili agli investimenti di natura strategica effettuati nel corso dell’esercizio da Mediaset per la scalata al gruppo tedesco ProSienbenSat, sborsando nel 2019 ben 330 milioni per il 9,6 per cento. L’indebitamento globale è salito a 1.305 miliardi, con un patrimonio netto consolidato al 31 dicembre 2019 pari a 4,5 miliardi di euro. I vertici Fininvest prevedono per il 2020 risultati “inevitabilmente condizionati dalla crisi generata dalla pandemia da coronavirus”. Il calo complessivo dei consumi in Italia ha penalizzato il settore dei media e i ricavi pubblicitari.
Molti commentatori politici hanno visto nell’opposizione più blanda di Berlusconi rispetto a quella di Matteo Salvini e Giorgia Meloni al premier Giuseppe Conte un orientamento politico e manageriale: rientrare in gioco nella scena europea e ridisegnare il mercato della pubblicità. L’incontro a Palazzo Chigi tra Conte e l’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini (la televisione di Stato non era stata invitata agli Stati generali) ha aperto un ventaglio di ipotesi su canone, risorse economiche, tagli e risparmi all’interno dell’azienda. Berlusconi non vuole restare fuori dalla porta, considerato che il mandato di Salini (criticato sempre più spesso da esponenti del Pd) scadrà nel luglio 2021.
Un anno di tempo in cui potrebbero accadere molti cambiamenti nel mondo dell’editoria italiana ed europea. Il mercato pubblicitario è in sofferenza per la crisi economica ma gli economisti ritengono che superata la fase acuta si possa prevedere un rilancio. La situazione presenta però già uno sbilancio a favore delle televisioni precisa il presidente degli editori Andrea Riffeser Monti. Occorre procedere ad un riequilibrio. Cosa che vuole anche Berlusconi ma della partita sono anche altri due player: Sky e La7 di Urbano Cairo. Dietro l’angolo s’avanzano colossi internazionali come Amazon Prime e Netflix che ha assunto da poco la figlia dell’ex ministro Beniamino Andreatta, Tinny, che per 25 anni è stata alla guida delle fiction della Rai. Per Confalonieri è giunto il momento di reinventare un modello di crescita dei gruppi televisivi per garantire occupazione e programmi prodotti in Italia.
Aggiornato il 01 luglio 2020 alle ore 12:20