Montanelli e Pasolini, due pesi e due misure

L’iconoclastia, che è una delle peggiori devianze mentali dell’uomo, si offre oggi in forme molto più variegate rispetto al passato.

Eravamo fermi alla distruzione delle opere non islamiche da parte delle milizie talebane, come fu per i Buddha di Bamiyan, intenti dunque a fissare il nostro sguardo inorridito sull’Oriente, quando all’improvviso vediamo esplodere un odio analogo, se non maggiore perché rivolto verso la stessa civiltà occidentale, negli Stati Uniti, in Inghilterra e poi in Europa.

Ultima, fortunatamente in questo caso, ma con tutta la mediocrità che la caratterizza nel voler sempre duplicare le peggiori mode del mondo attuale, giunge l’Italia, dove non si distruggono le statue dei presunti fascisti, razzisti, di secoli addietro (poi un giorno qualche genio incompreso della sinistra, qualche suo intellettuale arcobaleno, riuscirà a spiegarmi come si possa essere “fascisti” o “razzisti” in un mondo anteriore alla nascita dell’ideologia mussoliniana di alcuni secoli), ma si accaniscono contro quella di un giornalista che, piaccia o meno, ha caratterizzato in maniera professionalmente ineccepibile un lavoro che oggi è troppo spesso decaduto al livello degli zerbini sottopagati o dei caudatari di area. Di qualsiasi area.

Indro Montanelli. La statua in bronzo che lo ricorda, e ne tramanda la memoria più che di uomo ancora, di serio professionista, è stata deturpata dalla vernice rosa versatavi sopra già l’8 marzo dello scorso anno durante una manifestazione femminista nel giorno della Festa della donna dal gruppo “Non una di meno”. Questa volta, l’effige che è sita nei giardini milanesi di via Palestro, è stata imbrattata da ignoti con una vernice rossa e poi chiosata dalla scritta “razzista stupratore”. Il tutto suggellato dai “Sentinelli”, ovviamente “laici e antifascisti” con le seguenti parole: “A Milano ci sono un parco e una statua dedicati a Indro Montanelli, che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia”.

Ora, sarebbe del tutto inutile cercare di spiegare e far comprendere (cosa questa impossibile) che un tempo in terra d’Africa – e forse ancora oggi – le mogli si compravano appunto, e venivano date al marito in un’età che a noi oggi sembra incongrua, ma che per quella cultura è assolutamente normale. Non diversamente da come è avvenuto in Europa per secoli, basterebbe documentarsi storicamente, ma resta comunque la cultura del luogo in un mondo dove una dodicenne non equivale a una sua coetanea europea. Impossibile poi far comprendere che il povero Montanelli non fu certo uno stupratore perché non prese nessuna con la violenza, anzi certamente diede alla sua “moglie” eritrea un tenore di vita che mai avrebbe potuto avere se fosse andata a giacersi nel talamo di qualche altro suo connazionale. Tutto ciò non era differente per tutti gli altri bianchi ed europei che allora erano sul continente africano: inglesi, francesi e olandesi.

Ma, ripeto, tutte queste spiegazioni sono inutili, ecco allora che voglio lanciare una provocazione: se Indro Montanelli nel congiungersi con una dodicenne eritrea, in Africa, viene accusato d’essere un “razzista stupratore” (razzista poi lo sarebbe stato se l’avesse rigettata in quanto di colore), allora cosa dovremmo dire di un altro intellettuale di vaglia quale Pier Paolo Pasolini, notoriamente confesso di aver avuto rapporti omosessuali con ragazzini, con alcuni suoi studenti, ergo minorenni per di più affidati alle sue cure come insegnante? Li ha stuprati? Oppure sono loro – bianchi e ripeto minorenni – andati con lui volontariamente? E Pasolini non si trovava in un contesto storico differente quale era l’Eritrea allora, ma più semplicemente nella Capitale d’Italia, in una cultura che è la nostra e non quella delle popolazioni africane della prima metà del Novecento, immutate da generazioni.

Ordunque, valga questo per i “Sentinelli” e per tutti coloro che usano applicare la regola del “due pesi, due misure”, se si vuole criticare l’uomo Montanelli, sporcandone l’effige post mortem, allora si abbia almeno il vile coraggio di fare altrettanto con le targhe che ricordano Pasolini, dimostrando così come appunto, l’iconoclastia e l’odio siano soltanto una delle più becere affermazioni e dimostrazioni dell’ignoranza e della stupidità dell’uomo del terzo millennio.

Aggiornato il 15 giugno 2020 alle ore 12:50