
A Pordenone, solo pochi giorni fa, assembramento di immigrati in rivolta nel centro d’accoglienza: protestano perché il cibo servito presso il centro di accoglienza offende le loro tradizioni.
Quanto tempo è passato da quando Francesco De Gregori intonava per la prima volta “Viva l’Italia, l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè, l’Italia derubata e colpita al cuore, viva l’Italia, l’Italia che non muore”. Davvero tanto tempo.
Forse l’Italia non morirà affogata nel caffè, ma nell’ipocrisia di quanti confondono solidarietà e umanità con l’atteggiamento prono e sottomesso che sembra caratterizzare un certo pensiero.
Pochi mesi fa era balzata agli onori della cronaca l’idea dell’Arcivescovo di Bologna di lanciare il tortellino a base di carne di pollo in occasione della Festa di San Petronio, dunque una ricetta senza maiale per quanti non possono mangiare il suino. La notizia aveva qualcosa di incredibile per quanto è stata capace di determinare polemiche in questa Italia vecchia, stantia, sin troppo imbolsita. E poi il nome, “tortellino dell’accoglienza”, sembrava fatto apposta per innescare ulteriori polemiche in vista del successivo 25 dicembre, quando tradizione vuole che si festeggi qualcosa che si rischia in futuro di non poter più nominare per non urtare la suscettibilità di chi non vuole o non può festeggiare.
Ed a seguire sono riemerse anche le problematiche relative alle mense, non essendo più episodiche le richieste dei genitori professanti altre fedi religiose di avere nelle mense scolastiche carne macellata secondo le regole del Corano. Difficile ipotizzare che le scuole, strette tra vincoli di bilancio ed il divieto di portare cibo da casa, potessero riuscire a garantire questo tipo di alimentazione. Nel codazzo di polemiche di accompagnamento c’è chi ha avuto gioco facile nel dire che questa non è integrazione e che chi sceglie l’Italia deve accettare le nostre tradizioni.
Ed una accettabile modalità di integrazione non può che passare attraverso il rispetto reciproco e l’accettazione delle tradizioni altrui, a condizione che queste non diventino imposizioni altrimenti dalle polemiche sul crocifisso nelle aule scolastiche si rischierà di passare alla richiesta di abolire i crocifissi dalle facciate esterne delle chiese.
Per ora l’emergenza Covid-19 ha consentito di prendere tempo, ma il segnale che viene da Pordenone e la ripresa degli sbarchi sulle coste italiane dimostrano che non si può continuare a fare finta di niente.
@vanessaseffer
Aggiornato il 10 giugno 2020 alle ore 13:06