In questa seconda puntata della nostra intervista a Francesco Bandiera (presidente della Federazione Italiana Piloti dei Porti) spiegheremo perché i porti italiani sono la prima risorsa da tutelare. L’Italia è l’approdo verso l’Europa, ed i grandi gestori del traffico internazionale vorrebbero metterci le mani. Ma i porti sicuri non possono essere d’un singolo, e la storia ci ha raccontato come nei porti possano attraccare navi nemiche o amiche. Il filtro ed un controllo pubblico è necessario.
Allora come ripartiranno i Piloti nella Fase 2? Avete già un piano di azione?
Dal primo giorno, tolte le misure di contenimento, per noi non è cambiato niente. Stesso impegno, stesso spirito di servizio verso il Paese, stessa passione per il nostro lavoro. Il piano di azione è quello di rispondere sempre alle necessità mutevoli delle singole realtà portuali. Il nostro sistema è un unicum nel suo genere e non risponde alle normali logiche del mercato, perché a dover essere tutelato in primis è l’interesse pubblico generale della sicurezza delle acque portuali e delle rade. Il presidio di pilotaggio nel porto è infatti sostenuto da chi il porto lo utilizza per fini commerciali, ai quali invece, sempre attraverso la nostra opera a bordo, garantiamo manovre sicure in tempi certi, con una gestione del traffico portuale lineare e in piena sinergia con gli altri servizi del porto, tutti coordinati e disciplinati dal comandante della locale Capitaneria di porto. Con questo intendo dire che non siamo impresa e non facciamo impresa. La crisi di liquidità generalizzata che sta colpendo chi utilizza il nostro servizio, l’armamento, sta generando problematiche legate al fatto che se le corporazioni non riscuotono il dovuto per il servizio reso obbligatoriamente, esiste la reale possibilità di non poter far fronte, nel medio/lungo periodo, alle spese minime di mantenimento della struttura, che sono incomprimibili per loro stessa natura: dai mezzi navali per recarci a bordo, al personale marittimo imbarcato, alla gestione delle stazioni di pilotaggio, fino al personale amministrativo necessario. Quindi per quanto ci riguarda, nella consapevolezza che avremo un calo generalizzato degli approdi per il 2020 senza precedenti (parliamo del 40 per cento e oltre), per noi è fondamentale che il traffico commerciale che continua ad usufruire del servizio anche in questo periodo, non includa il pilotaggio nelle voci di spesa da sospendere, perché servizio essenziale, obbligatorio e tecnicamente necessario proprio per l’ingresso e l’uscita dal porto. Specie se parliamo di traffici marittimi sovvenzionati dallo Stato.
Torniamo a lei. Dopo oltre due anni come Presidente di Fedepiloti, a che punto è il suo lavoro?
Dopo tante risposte concettuali, mi si conceda una parentesi metaforica. Il mio lavoro alla presidenza è assimilabile a quello di una comune ape operaia, che impiega il tempo a girare per poter reperire ed approvvigionarsi del necessario per costruire il suo favo di settore. Che poi riempirà di miele a favore di tutto l’alveare. Un lavoro interminabile e certosino, che puntualmente servirà tanto per fare crescere e rafforzare la propria comunità, quanto a chi dall’esterno potrà giovarsi del “miele”… pardon, del lavoro portato avanti. La Federazione Italiana Piloti dei Porti, non mi stancherò mai di dirlo, svolge principalmente attività istituzionale di un servizio pubblico: il pilotaggio. Di cui Stato, continuando la similitudine, è regina. regolatore e controllore unico, con l’Amministrazione Marittima, composta dalla Direzione Generale del Ministero e dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto Guardia-Costiera. Con questo spirito ho assunto e portato avanti l’incarico fin dal primo giorno, coadiuvato da persone davvero di alto spessore morale e tecnico.
Avete commissionato al Cieli (Centro Italiano di Eccellenza sulla Logistica i Trasporti e le Infrastrutture) uno studio dal titolo “‘Efficienza e coerenza con le best-practice tariffarie dell’attuale sistema di tariffazione del servizio di pilotaggio in Italia”. Di cosa si tratta?
L’idea è nata dalla necessità di fare delle verifiche a seguito di alcuni rilievi, di carattere meramente economico, fatti dai rappresentanti dell’utenza armatoriale in Italia. Mi riferisco alle due associazioni di categoria (Confitarma ed Assoarmatori). Anche il nostro sistema di tariffazione è regolato e controllato dall’Amministrazione Marittima che, attraverso un’istruttoria che coinvolge, ascoltandole, tutte le associazioni di categoria, ed applicando specifici criteri e meccanismi, rinnova ogni due anni le tariffe di pilotaggio da applicare in ogni porto. Ad essere messo in discussione è stato l’intero impianto istruttorio con particolare riferimento all’entrata in vigore, a marzo del 2019, della legge europea in tema di trasparenza e congruità delle tariffe portuali da applicare introdotte con il regolamento 352/2017. Va chiarito che le corporazioni si mantengono esclusivamente con i proventi delle prestazioni di pilotaggio fatte a chi il porto lo utilizza a fini commerciali e non percepiscono alcun sussidio di denaro pubblico. L’istruttoria pubblica tariffaria nazionale non è un aumento generalizzato costante, ma una verifica dell’andamento porto per porto delle necessità finanziarie di ogni corporazione per potere offrire il servizio di pilotaggio obbligatorio, come richiesto dal Comandante del porto, per mantenere le condizioni di sicurezza che lui ritiene debba avere il sorgitore. Pertanto, vengono calcolati aumenti e diminuzioni delle tariffe in maniera anticiclica rispetto al traffico di ogni porto, ovvero se la corporazione percepisce ricavi superiori alle sue necessità (calcolate con una formula matematica), una certa percentuale di denaro viene restituita attraverso la riduzione delle tariffe. Così come, viceversa, se i ricavi dei mesi di riferimento non sono stati sufficienti, le tariffe avranno un aumento per il corretto adeguamento della dotazione finanziaria necessaria al mantenimento del presidio di pilotaggio. Una sorta di pronto soccorso mantenuto dagli utilizzatori. I dubbi sollevati dalle associazioni menzionate, che rappresentano il 30% circa del fatturato totale del pilotaggio in Italia, non potevano essere lasciati cadere, soprattutto perché hanno indotto la Direzione generale del Ministero, da cui dipendiamo, a bloccare l’istruttoria da oltre quattro anni. Quindi abbiamo ritenuto opportuno far verificare in maniera scientifica il nostro sistema di calcolo e ne abbiamo approfittato per mettere a confronto anche il sistema normativo e regolatorio in generale con altri paesi in Europa e nel mondo. Lo abbiamo fatto con un ente di Stato super partes che ha messo a disposizione un pool di professori di economia dell’Università di Genova, fiore all’occhiello nazionale che, attraverso il suo Centro Italiano di Eccellenza sulla Logistica i Trasporti e le Infrastrutture (Cieli), diretto dal prof. Ferrari, ha prodotto un corposo ed argomentato elaborato che è stato consegnato nelle mani dell’Amministrazione lo scorso novembre 2019 e che in estrema sintesi possiamo riassumere come segue. Sui dati del 2018, in Italia vengono svolte 330mila prestazioni di pilotaggio circa. Atteso che in Italia il pilotaggio è obbligatorio per legge (come approssimativamente nel resto del mondo) per tutte le navi superiori a 500 tonnellate di stazza lorda, il 48% delle prestazioni totali vengono oggi fatte via radio, ovviamente se determinate condizioni di sicurezza e tecniche sono soddisfatte secondo i criteri del titolare della sicurezza nei porti: l’Autorità Marittima. In generale il costo complessivo delle prestazioni dei piloti italiani è risultato essere circa UN terzo rispetto agli altri paesi europei ed extraeuropei. Questo a fronte di un impegno di ogni pilota in termini di manovre svolte personalmente di circa il 40% in più rispetto alle medie mondiali. Il tempo medio di attesa delle navi in Italia è pari a Zero. In ultimo, aggiungiamo con orgoglio, che siamo in cima alla classifica, secondo uno studio delle assicurazioni, come Paese con il più basso rapporto al mondo per numero di incidenti in riferimento al numero delle manovre. Il nostro sistema non solo inoltre non pesa sulle casse dello Stato, ma garantisce anche la copertura sanitaria a totale carico della categoria, ed è completamente controllato dallo Stato che garantisce l’impossibilità di sfruttare l’eventuale posizione dominante, dovuta al regime di monopolio in cui operiamo, trattandosi di un servizio legato alla sicurezza dei porti della Nazione. È vero anche che lo studio ha individuato dei miglioramenti a quello che appare essere già un sistema ampiamente ben performante. Per esempio, vengono introdotti concetti volti all’individuazione di economie di scala attraverso la fusione di piccole realtà locali, oppure una migliore gestione di alcune risorse destinate ai mezzi nautici, ma nel suo insieme è importante avere sancito che il sistema è trasparente, congruo (quindi risponde alle aspettative europee) ed assolutamente competitivo sia dal punto di vista operativo che qualitativo, oltreché economico. Adoperandoci con il Cieli, nel rispetto del ruolo istituzionale, abbiamo agito a supporto dell’Amministrazione offrendo uno strumento scientifico suffragato da dati ed elementi oggettivi. Ora siamo in attesa delle determinazioni del Ministero perché si pronunci a riguardo. Non avendolo fatto prima di febbraio, immagino dovremo aspettare il termine della pandemia. Nel frattempo, ci risulta che sia stato coinvolto un colosso multinazionale specializzato in operazioni di privatizzazione di asset strategici pubblici, Brattle Group, con sede negli Usa ed operativo in diversi paesi nel mondo, per fare praticamente il lavoro che abbiamo fatto noi. Una specie di Davide contro Golia insomma, vedremo cosa verrà fuori. In un certo senso ci inorgoglisce che si sia dovuto scomodare un’entità sovranazionale del genere per riorganizzare un sistema nostrano tanto efficiente. Un altro dato curioso è che per quanto ci è dato sapere, gli armatori in modo diretto, non si sono mai lamentati del servizio di pilotaggio in Italia. Anzi, abbiamo sempre ricevuto attestati di stima, per la funzione anche di imparziale operatività che svolgiamo, unitamente a diversi interventi in situazioni di emergenza a bordo: navi incendiate, incagliate o in gravi condizioni operative a causa di improvvisi fortunali.
Qualche giorno fa ha commentato positivamente la proposta della Duma russa di istituire un pilotaggio nazionale. Lei pensa che sia questa la strada giusta da percorrere?
Con la Federazione siamo chiaramente sostenitori di un sistema pubblico. In questo lungo documento, nello specifico, abbiamo illustrato il sistema corporativo italiano, che di fatto altro non è che un insieme di professionisti assunti tramite concorso pubblico, organizzato con la corporazione che diventa lo strumento con il quale lo Stato può esercitare pieno controllo su un organismo così importante per l’operatività di un porto. Sotto ogni profilo. In Russia, da quello che abbiamo appreso, diverse realtà sono private, ed avrebbero verificato che questo ha addirittura arrecato danni al sistema portuale di quel Paese che si è reso conto dell’importanza strategica di avere pieno controllo del servizio di pilotaggio. Valutiamo il nostro sistema un unicum, come già detto, che fa della nostra organizzazione un’eccellenza tutta italiana, modello da esportare. Nel servizio di pilotaggio gli interessi anche economici e strategici in gioco sono molto alti. Da una parte lo Stato che ha l’obbligo (verso i suoi cittadini in primis) di fornire un approdo sicuro, la tutela delle infrastrutture del porto, dell’ambiente marino e la libera concorrenza commerciale. Ed oggi anche adempiere agli obblighi di “security”. Dall’altra, l’armatore della nave che deve invece tutelare i suoi legittimi interessi economici privati, svolgendo delle operazioni commerciali in tempi certi e celeri, che richiedono perciò l’ingresso e l’uscita della sua nave dal porto, in sicurezza, con un’organizzazione del traffico snella e lineare. Il pilota del porto, per il quale il pilotaggio è evidentemente anche fonte di sostentamento, è, e deve mantenere perfetto equilibrio fra questi due soggetti con interessi diretti. E può farlo solo se autonomo sotto ogni profilo, ma con un importante controllo pubblico. Il nostro impianto organizzativo offre a tutti e tre questi attori (Stato-Armatore-Pilota) le migliori condizioni possibili. Lo Stato adempie ai suoi doveri mantenendo pieno controllo sulla struttura organizzativa del servizio di pilotaggio, senza alcun costo a suo carico. Gli Armatori beneficiano di un servizio a costi contenuti e comunque in linea con altre realtà internazionali e con una produttività molto alta, così come illustrato dal rapporto del Cieli. Ed Infine i Piloti possono così operare in piena autonomia, anche economica, senza poter ricevere alcun tipo di pressione dal mercato e con un modello che li spinge alla migliore gestione economica della corporazione, ma con lo Stato che verifica costantemente la qualità del servizio offerto e dei mezzi navali utilizzati. Un cerchio chiuso: virtuoso, efficace, efficiente.
Chiudiamo con i programmi futuri. Quella che doveva andare in scena il 6 aprile scorso era un’Assemblea nazionale carica di significati e di contenuti. La prossima vista l’emergenza ne avrà anche di più. Avete già stabilito una data?
Ancora nessuna data purtroppo, ma credo che i temi del 6 aprile siano più attuali che mai. “Ruoli & Principi nel pilotaggio Italiano”. È un momento storico di grande confusione generale, in tutto il mondo. Oggi, più di ieri, il rispetto reciproco dei ruoli è fondamentale. Sentiamo tutti l’esigenza di un’Amministrazione forte che riceva chiari input politici di che strada intraprendere, ovvero che quando questi input vengono dati possano trovare corretta e veloce attuazione. Gli operatori privati, nella giusta tutela dei propri interessi, devono vigilare perché tutto si svolga nel migliore dei modi, ed infine noi piloti dei porti, dobbiamo proseguire a prestare la nostra opera nel rispetto di regole certe e nella consapevolezza che l’Amministrazione veda in noi la soluzione dei problemi. A Roma, come a bordo al fianco del comandante della nave, siamo l’anello di congiunzione tra il mare e la terra ferma.
(*) Qui per leggere la prima parte
Aggiornato il 08 maggio 2020 alle ore 11:41