Il mondo s’è fermato! La causa? Una particola virale di qualche centinaio di micron che, però, si riproduce a tempo di record nelle cellule umane essendo dotata di un fattore infettante straordinario, in grado di procurare la più grave pandemia dopo la Spagnola del 1918-19, che fece all’epoca qualcosa come decine di milioni di vittime in cinque continenti.

Il coronavirus di Wuhan si è dimostrato meno letale della Spagnola soltanto perché l’intero Occidente ha adottato in sua difesa l’antica misura medioevale del confinamento generalizzato, subendone contestualmente tuttavia gli immensi danni collaterali, dato che il virus ha bloccato come una pioggia di finissima sabbia gli ingranaggi della globalizzazione economica. Quindi, poiché l’epidemia prima o poi finirà e con il Covid-19 si troverà a distanza di tempo una qualche forma di convivenza e di equilibrio biologico, di lei rimarrà una coda velenosa che separerà vinti e vincitori dal punto di vista sociale, economico e politico. La Cina li riassume tutti e tre avendone sperimentato per prima gli effetti, e ritardato alcune settimane per informarne il resto del mondo con un gioco raffinato di disinformazione, negazione e rinvio che hanno trovato una sponda ossequiosa e efficiente nei vertici dell’Oms, intervenuti con grave ritardo dopo aver in ogni modo sottovalutato l’apparizione in Cina del Sars-Covid-2 di cui fin dall’inizio era stata ben chiara la sua trasmissione da uomo a uomo.

In questo senso, occorrerà un’inchiesta interna all’organismo per capire chi abbia dato per primo l’allerta, dato che esistono due mail concomitanti dirette all’Oms da parte di Pechino e Taiwan, dopo che quest’ultima aveva immediatamente preso la decisione di chiudere i voli e i traffici con la Cina, auto-isolandosi e salvando l’isola dall’epidemia (attualmente, nel suo territorio si registrano appena 429 casi e 6 decessi: un esempio per il resto del mondo!).

Tutti ricordano, invece, che fino all’ultimo, per non dispiacere a Pechino, l’Oms ha ritenuto eccessiva e inopportuna la misura della chiusura del traffico aereo (quando invece ha rappresentato il vettore privilegiato per la circolazione mondiale del virus!), lodando al contrario i modi e i metodi con cui la Cina stava affrontando l’epidemia, senza accennare minimamente a quanto accaduto al medico eroe che aveva per primo scoperto il contagio, ed era stato costretto come altri suoi colleghi a subire misure preventive di polizia per avere pubblicamente dato l’allarme sui social. Moltissime speculazioni, alcune scientificamente fondate, a seguito di un’ispezione dei diplomatici americani del 2018 al laboratorio di Wuhan di livello P4 (realizzato attraverso una cooperazione sino-francese, dove si manipolano i virus più pericolosi del mondo, come Ebola, Sars e Aids), riguardano proprio i laboratori sperimentali per la sicurezza biologica presenti nell’area cinese in cui è iniziato il contagio. Anche se il verdetto della comunità scientifica chiarisce che il Sars-Covid-2 è un prodotto del tutto naturale, il cui animale-serbatoio potrebbe essere il pipistrello (di nuovo!).

Tutto ciò, tuttavia, riguarda il prima. Il dopo, per tutto il mondo, è fatto di politica e di economia e si traduce in due questioni vitali per la nuova competizione tra Oriente e Occidente. In primo luogo: chi vincerà la sfida della leadership mondiale tra Usa e Cina? Secondariamente: come evolverà la globalizzazione e come si trasformeranno di conseguenza le relative catene di valore integrate? È mai possibile che produzioni strategiche come la fabbricazione dei principi attivi dei principali farmaci e beni sanitari salvavita (antibiotici, mascherine, respiratori, etc.) provengano dalla Cina e che gli impianti occidentali dell’automotive si blocchino perché alcuni componenti fabbricati in Asia non siano più consegnati per il fermo produzione a causa del Covid-2? E che cosa potrebbe accadere un domani se Pechino decidesse di bloccare per motivi politici e di guerra commerciale quelle esportazioni strategiche? Come dovremmo reagire noi, europei e americani, che abbiamo viste terremotate le nostre economie a causa dei lockdown differenziati che hanno già causato una forte recessione mondiale e, forse, una lunga depressione nelle aree più svantaggiate, mentre la Cina avrà già avviato con alcuni mesi di vantaggio la sua ripartenza, iniettando (prevalentemente a fondo perduto!) l’equivalente di alcuni trilioni di miliardi di dollari nella sua economia di Stato?

Come potremmo mai ritrovare le decine di milioni di posti di lavoro che perderemo a causa dei confinamenti, senza sfidare la Cina con un protezionismo compensativo? Dovremmo, in pratica, defiscalizzare il rientro dall’Asia delle nostre produzioni strategiche delocalizzate, finanziando con altrettanti trilioni di euro e di dollari la ricerca e sviluppo e riducendo drasticamente, attraverso sovvenzioni pubbliche, il nostro costo del lavoro per rilanciare quei settori merceologici di qualità entrati in crisi a causa dell’aggressività e dei bassissimi prezzi di beni analoghi di scarsa qualità prodotti in Cina. Il confronto tra i sistemi democratici e il sistema dirigista del Partito unico di Pechino avrà come primo campo di battaglia proprio il controllo della popolazione suscettibile al coronavirus, che la Cina può affrontare senza alcun problema, grazie al suo invasivo Surveillance State digitale, mentre l’Occidente sta andando in ordine sparso, divorato al suo interno dalle dispute più o meno di lana caprina sulla privacy dei dati sensibili sanitari. Ipocrisia massima, questa del politically correct, visto che il conglomerato Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon) Usa ha già accumulato in un decennio uno sterminato serbatoio di nostri Big Data personali che noi abbiamo loro ceduto senza fare una piega!

Aggiornato il 30 aprile 2020 alle ore 12:25