Allarme nel gruppo ex Repubblica-Espresso

Tutti i comitati di redazione del secondo gruppo editoriale italiano sono in allarme. In vigile attesa degli eventi conseguenti alla vendita della Gedi dei fratelli De Benedetti all’Exor degli Agnelli guidata dal nipote dell’avvocato John Elkann. Sono interessati i giornalisti e i dipendenti della Stampa di Torino, del Secolo XIX di Genova, di Repubblica, dell’Espresso di Radio Capital e dei 13 quotidiani locali che fanno dal Piccolo di Trieste all’Unione Sarda, dal Tirreno alle numerose Gazzette dell’Italia centrale. Cosa sta succedendo? Dopo mesi di trattative, di negoziati sotterranei, di smentite il “patto irreversibile” tra i figli di Carlo De Benedetti che avevano dichiarata irricevibile la proposta del padre di rilevare il 30 per cento delle azioni e l’imprenditore del settore automobilistico John Elkann si è concretizzato per la somma di 102 milioni.

Con l’acquisto del 43,78 per cento del capitale Cir e l’impegno di un’Opa sulle restanti azioni non ancora acquistate il quarantaquattrenne Elkann diventa, da venerdì 2 aprile, il primo editore italiano. Con questa operazione cambia la fisonomia del mondo editoriale, relegando il gruppo Rcs che pubblica il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport al secondo posto. Anche se poi Urbano Cairo aggiunge il vasto mondo delle riviste televisive e di spettacolo e il canale La 7 con la nutrita pattuglia di giornalisti da Enrico Mentana a Lilli Gruber, da Andrea Purgatori alla collaborazione di Milena Gabanelli che ha anche una rubrica sul Corriere.

È vero che negli ultimi tempi gli incroci e le fusioni nel campo editoriale non spaventino più come una volta. Un complesso così vasto di quotidiani, settimanali, riviste, radio e strutture digitali entrando nell’orbita della grande industria internazionale (Elkann è presidente della Fca dopo la fusione Fiat-Chrysler, è proprietario della squadra di calcio Juventus, siede in decine di Consigli di amministrazione di aziende di vario tipo) qualche perplessità, tuttavia, in materia di concentrazione e di conflitti d’interesse lo pone. I problemi sollevati in tutte le assemblee del gruppo sono di vario genere e si proiettano nel futuro dell’annunciato processo di trasformazione digitale, già partito alla Stampa e interrotto a causa del Coronavirus.

Il gruppo intende raccogliere le sfide internazionali e come specificato immediatamente dopo l’operazione da Elkann il convincimento è che “il giornalismo di qualità ha un grande futuro”. Ma per farlo (il processo è iniziato negli Stati Uniti) serve la necessaria stabilità aziendale per accelerare le trasformazioni sul piano tecnologico e organizzativo. Sono due argomenti delicati sui quali si scontrano da qualche tempo editori e sindacato dei giornalisti come è il caso del Corriere della Sera che mentre ha avviato l’uscita di 50 redattori si appresta a versare ai soci la cedola ricavata dall’utile di bilancio.

La famiglia Agnelli rientra nell’editoria dopo che nel 2016 aveva ceduto il giornale di casa (La Stampa) proprio al gruppo De Benedetti. Con un’atra operazione i vertici della Fca decisero il disimpegno dal gruppo Rcs, al cui controllo arrivò Urbano Cairo, proprietario anche della squadra di calcio il Torino. Dopo trent’anni la famiglia De Benedetti esce dal mondo dell’informazione. Un lungo periodo in cui il quotidiano La Repubblica diretta da Eugenio Scalfari e poi da Ezio Mauro era giudicato “il giornale-partito” della sinistra. Cosa comporterà per l’editoria il cambio di testimone?

Aggiornato il 06 aprile 2020 alle ore 14:26