
Parte III: La Massoneria può essere considerata una lobby?
In molti Paesi del mondo e, in particolare, nella sfera anglosassone, il lobbista è una figura apprezzata e il lobbismo è considerato un elemento quasi indispensabile nella filiera del processo decisionale e normativo: il legislatore, attraverso il lavoro delle lobbies, può contare su uno spaccato cognitivo variegato e pluri-sfaccettato delle istanze e delle aspettative della società, rispetto alle problematiche che via, via vengono esaminate.
Il lobbyng è, a tutti gli effetti, un processo democratico che va ben oltre il semplice mettere a disposizione strumenti e nozioni: è composto da strategie e tattiche persuasive ed è (o almeno dovrebbe) posto in essere da più soggetti rappresentativi di interessi socialmente legittimati e talvolta tra loro contrastanti: è finalizzato a influenzare gli orientamenti e le scelte del decisore pubblico che è così costretto democraticamente a mediare tra le varie istanze e aspettative al fine di tendere ad arrivare o avvicinarsi, nella concertazione, a decisioni finali che siano le più auspicabili, ovverosia le migliori nei confronti della società civile.
Tale orientamento è stato recepito anche dalla Unione europea che in tal maniera definisce i gruppi di pressione: “Per lobbismo si intendono tutte le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee. Pertanto, i lobbisti vengono definiti come persone che svolgono tali attività e che lavorano presso organizzazioni diverse, come ad esempio le società di consulenza in materia di affari pubblici, gli studi legali, le Ong, i centri di studi, le lobby aziendali (rappresentanti ‘interni’) o le associazioni di categoria”.
In Italia, invece, sul lobbismo esistono forti pregiudizi, dettati, in gran parte, dal desiderio dei partiti di essere gli unici soggetti, preposti alla politica. Forti del dettato dell’articolo 49 della Costituzione, essi considerano le lobby delle pericolose concorrenti. Paradossalmente, questo orientamento, spiana la strada a pericolose e subdole ingerenze di pochi speculatori e di alcune multinazionali.
In certi partiti politici, specie d’estrazione di sinistra, la demonizzazione del lobbysmo si è poi sommata a quella della massoneria, cosicché è sorta la fuorviante uguaglianza: massoneria quale lobby affaristica. Siffatta visione ha avuto una diffusione virale, tramite i media, nell’immaginario collettivo, ciò ha generato il quadrinomio lobby, massoneria, potere occulto, trama, divenuto ormai un mantra dell’antimassoneria peninsulare. Di conseguenza i liberi muratori sono spesso accusati di costituire una potente lobby nella quale avviene uno scambio di favori tra persone influenti, allo scopo di favorire in ogni modo i propri membri, arrivando addirittura a mettere in atto una rete parallela e occulta rispetto ai poteri dello Stato, rete attiva in operazioni illegali e finalizzata, secondo alcuni “teorici del complotto”, a creare un nuovo Ordine Mondiale.
In realtà la massoneria è per sua natura assolutamente diversa dal lobbysmo. Quest’ultimo, infatti, è portatore d’interessi omogenei, all’opposto della libera muratoria che tende a riunire nelle logge, persone diverse per professionalità, estrazione sociale, formazione di pensiero, istanze e iniziative. Ciò che le accomuna è il credere in identici e imprescindibili principi (fratellanza, uguaglianza, libertà, tolleranza), nell’accogliere il metodo massonico, impostato sull’iniziazione e i suoi corollari, avere una visione progressiva e positiva dell’umanità.
In altre parole, il lobbysmo riposa su principi identitari, la massoneria crede, all’opposto, che la diversità sia un valore e che dal confronto fra il sé e l’altro dal se, fuoriesca la possibilità di una crescita globale.
(*) Qui la Parte I del Focus
(*) Qui Parte II del Focus
Aggiornato il 03 aprile 2020 alle ore 15:10