Il Novecento genera sempre pensieri profondi, riflessioni scomode che hanno il tono di requisitorie e revisionismi. Il 9 ottobre del 1958, a 82 anni, moriva Papa Pio XII, il pastor angelicus, l’ultimo ‘‘principe’’ di Dio. È stato il pontefice più tormentato, il più discusso, il più indagato. L’ultimo rappresentante di una Chiesa unita, come un monolite, intorno al suo pastore, prima del vento conciliare che ha scompaginato i difficili equilibri della curia e delle dinamiche istituzionali della Santa Sade.


Papa Pacelli è stato il primo papa della modernità, delle immense folle e del cinema, della radio, delle comunicazioni. Ha vissuto sul soglio di Pietro negli anni più bui della storia - non solo del XX secolo - dall’apoteosi del Nazismo e delle dittature, alla deportazione e al dramma dell’universo concentrazionario, scontrandosi con nemici come gli spietati Ustascia e il comunismo, ma anche con una presenza invisibile: quella sorta di maledizione, di presenza incombente e sinistra, che ha accompagnato l’ultimo decennio del suo pontificato e che ancora aleggia su di lui. Pio XII, il papa aristocratico, diafano e solenne come un imperatore, vide il dramma dei rastrellamenti, delle deportazioni, e tacque? Fu davvero una sorta di nuovo Pilato? Oppure il suo fu davvero un contributo alla salvezza di migliaia di ebrei, un aiuto silenzioso, necessario per paura delle ripercussioni che avrebbero avuto il papa e la Chiesa tutta nel mettersi contro il dittatore tedesco?

Il 2 marzo 2020 sono stati desecretati i documenti dell’Archivio Vaticano sul pontificato di Pio XII e subito, da parte di storici e studiosi, è iniziata la ricerca - o meglio - la caccia alla verità, che negli anni è stata rincorsa e ipotizzata. Al di là delle interpretazioni minime, dei dettagli, degli sguardi insicuri e delle banalità formulate, c’è la strada che vuole e che riscontra un Pacelli martire dei pensieri affrettati, benefattore accogliente, che ha riempito chiese e monasteri di ebrei, sottratti così alla sicura deportazione. Lo stesso Pacelli che, da nunzio apostolico in Germania dal 1917 al 1929, fece di tutto per ostacolare la scalata al potere di Hitler e che durante la Seconda Guerra Mondiale appoggiò la resistenza tedesca, finendo nella lista nera del Fuhrer. Inoltre il piano segreto di Hitler per rapire il pontefice: Pio XII scrisse e firmò la lettera di dimissioni, che sarebbe diventata esecutiva non appena lo avessero arrestato e condotto oltre le mura di Roma, così da uscire di scena non come papa ma come Eugenio Pacelli.


E poi c’è l’altra strada, quella più capziosa, a volte sfrontata e volontariamente offensiva, che fa apparire il pontefice come un complice dei nazisti, omertoso difronte all’orrore disumano dello sterminio e silenzioso sulla vicenda ebraica nei discorsi pubblici. Mai una parola contro i treni che partivano verso l’inferno in Terra.
Molto semplicemente, Pacelli dovette per forza muoversi con produnza, con i piedi di piombo, nel perverso labirinto del conflitto, sempre però favorevole a rendere la sua Chiesa un luogo d’asilo e di discreta disponibilità. Le implicazioni di una sua presa di posizione pubblica avrebbero messo non solo la Chiesa in difficoltà, ma tutta la cattolicità e i milioni di fedeli e sacerdoti - nel mondo, ma soprattutto in Germania.

Oggi, a poco meno di un secolo da quelle indescrivibili e tristi vicende, si tende a leggere la storia e i comportamenti dei leader in modo troppo presuntuoso. Ancora, su molti punti della Seconda Guerra Mondiale ci sono ombre e punti controversi, che gli storici possono approfondire ed interpretare. Ma nel 1939,o nel ben più triste 1943, nessuna poteva sapere quali riflessioni i posteri avrebbero formulato, quali giudizi, quali illazioni, sulle parole non dette, sugli sguardi negati. Perciò si è agito come si pensava fosse giusto, o come si pensava potesse essere corretto e poco gravoso nei riguardi di centinaia di milioni di persone.

La Storia, come Maestra di vita, ci permette di dare un senso alle azioni, un peso alle parole, un valore al sacrificio di uomini e di donne. Dovremmo tutti fare così con Papa Pio XII, che ha saputo guidare con saggezza e ripeto, prudenza, la Chiesa di Pietro nel suo periodo più burrascoso e discusso, dando speranza all’umanità e riscrivendo il significato di ‘‘solidarietà’’.

Aggiornato il 05 marzo 2020 alle ore 13:03