Opinioni a confronto: il bel paese dove tutto stona

“Chi è che per primo ha definito l’Italia il ‘bel paese’?”.

Dante: nel canto XXXIII dell’Inferno, nella celebre invettiva contro Pisa: ‘Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove il sì suona’”.

“Ma come? Se la piglia con tutti gl’Italiani, i genovesi, i fiorentini, i pisani, i romani e così via, e poi chiama l’Italia il ‘bel paese’? Nel canto VI del Purgatorio la definisce addirittura ‘nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello’”.

“Il canto VI della Divina Commedia, in tutte le tre cantiche, è dedicato alla politica. Nell’Inferno, per bocca di Ciacco, Dante parla della  guerra civile tra guelfi bianchi e guelfi neri, ai quali si contrapponevano i ghibellini: i guelfi sostenevano il papato, i ghibellini l’impero, ma i guelfi a loro volta si dividevano in bianchi e neri”.

“Come le ‘correnti’ di oggi all’interno di uno stesso partito”.

“Niente di nuovo sotto il sole, del ‘bel paese’”.

“Ma forse Dante lo definisce ‘bello’ con ironia”.

“No. A parte il fatto che l’Italia quanto a paesaggio è veramente bella, Dante si riferisce alla bellezza della sua lingua, ‘dove il sì suona’, la lingua del , la più armoniosa di tutte le altre lingue del mondo, contrapposta alla ‘lingua d’oc’ e alla ‘lingua d’oïl, che indicavano rispettivamente il provenzale antico e il francese antico”.

“Allora gl’Italiani dicevano tutti , anche agli eserciti stranieri che venivano a conquistare il bel paese: fossero francesi, tedeschi o spagnoli, gli battevano le mani, per loro era una liberazione: in quel caso, almeno per un po’ di tempo, non litigavano fra loro”.

“Oggi l’Italia è diventata il paese del no: non si fa niente di utile, di costruttivo”.

“Non solo in passato siamo sempre stati i primi a inchinarci agli stranieri: questo accade anche oggi, con un Conte che, facendo i conti suoi, in realtà si è aperto una strada personale accreditandosi all'estero, svendendo ciò che è rimasto di questo bel paese, privo di un’economia diretta, turistica e produttiva. I nuovi arrivati hanno distrutto anche il turismo con questo coronavirus pubblicizzato e sbandierato secondo il comodo di chi ci specula sopra. Al soldo dei potenti, senza essere stato eletto da nessuno, questo efebo felliniano, sta distruggendo ancora di più il nostro bel paese. Il premier (chiamiamolo così) si muove come in uno spot pubblicitario, incapace di produrre qualcosa di autonomo, come quegli studenti che non sanno far altro che copiare. Ma il guaio è che lui non sa neanche copiare, non rappresenta nulla e nessuno, e tuttavia ride, ride sempre, invece di capire il momento delicato e pericoloso che il bel paese sta attraversando. Quale dirigente sportivo, aggiungo che ci siamo venduti anche la maglia della nazionale di calcio, passando dall’azzurro Savoia al verdeblu Europa, cosa che la Germania e la Francia non hanno fatto”.

“L’Italia, come la Divina Commedia, è un paese allegorico, nel senso che uno dice o scrive una cosa e chi l’ascolta o la legge l’interpreta a modo suo, ravvisando in quelle parole un significato diverso da quello letterale. Così accade pure con la Bibbia, che la Chiesa, con tutti gli errori che ci sono dentro, definisce ‘Parola di Dio’”.

“E accade anche nei dibattiti politici, in cui fra l’altro ci sono interlocutori che se l’avversario esprime un’opinione contraria alla sua gli dicono: ‘Opinione legittima, per carità’. Cosa poi c’entri la carità non sono mai riuscito a capirlo”.

“A questo proposito Vittorio Sgarbi in un articolo parecchi anni fa obiettò: ‘Una opinione non può essere legittima quando è una palese menzogna’. C’è infatti una bella differenza fra un’opinione e una menzogna. Anche l’interpretazione ha i suoi limiti”.

“Qual è la tua opinione su questo Governo?”.

“Sto scrivendoci sopra un poemetto, scimmiottando l’‘Ei fu’ manzoniano: ‘Mai più! Siccome immobile stava il Governo Conte, ed ogni impresa nobile andava sempre a monte, la Lega e i Cinquestelle, che poco tempo prima sembravan due sorelle, mutato ancora il clima, cambiarono parere’. E via di questo passo”.

“Purtroppo nel nostro ‘bel paese’ non c’è una sola cosa che funzioni. E di chi è la colpa?”.

“Del Governo, qualunque esso sia. Anche quando piove”.

“Tu che sai tutto: chi l’ha inventata la frase ‘Piove, Governo ladro’?”.

“Casimiro Teja, un caricaturista dell’Ottocento quando, avendo i mazziniani preparato a Torino una dimostrazione, nel giorno stabilito venne giù una pioggia a dirotto e la dimostrazione non si poté fare. Allora lui pubblicò sul Pasquino (una rivista satirica) una vignetta con tre mazziniani che si riparavano dalla pioggia e con sotto la scritta: ‘Governo ladro, piove!’. L’espressione divenne poi il motto della rivista”.

“Due delle principali cose che mancano, o che stonano, nel nostro bel paese sono i controlli e la disciplina. Non da oggi o da ieri, ma dal tempo di Giovenale, che in una sua satira si domandava: ‘Quis custodiet ipsos custodes?’: Chi controlla i controllori stessi?”.

“Tutto il mondo è paese”.

“Opinione legittima, per carità!”.

  

S’io fossi cittadin di un altro Stato,

americano, asiatico o giudèo,

tanto non mi dorrei d’essere nato

quanto mi spinge a far questo plebeo

 

Parlamento che in Camera e Senato

cianciando siede: un ibrido museo

di varie lingue e di diverso fiato,

che va dal pubblicano al fariseo.

 

Meglio fuggir da questa terra infida

piuttosto che patir l’eterna rogna

d’una Sinistra che alla Destra grida:

 

“Maledetti, tornate nella fogna!”.

Quanto livore in ogni cuor si annida!                                  

Questa è l’Italia? E ancor non si vergogna?

 

Da Esilio in patria

Reggio Calabria 1948

 

 

 

 

Aggiornato il 03 marzo 2020 alle ore 16:04