
Verde o… Grigio ? A proposito di Green (new) Economy: perché i poteri forti della finanza mondiale si sono clamorosamente schierati all’unisono pro Green Fridays, Greta Thunberg, la riduzione drastica dei gas serra (e, quindi, per lo smantellamento progressivo delle centrali elettriche che utilizzano carbon fossile) nonché per il passaggio generalizzato alla Green Economy? Basta calcolare quante decine di migliaia di miliardi di dollari (sic!) la nuova rivoluzione immetterà nel circuito della produzione mondiale di nuovi beni ecologici, destinata a penalizzare i prodotti più inquinanti e a basso costo di Paesi come India e Cina (che, vedrete, faranno carte false con le etichettature per restare dentro i parametri... verdi) e altri Paesi in via di sviluppo. Ma, la maggior parte dei profitti verranno proprio dal cambio di passo di tutta la manifattura occidentale, alimentazione bio compresa. Si pensi, volendo considerare solo l’automotive e il passaggio alle vetture elettriche, come dovrà essere letteralmente sconvolto il mondo dei consumi, a partire dall’installazione di batterie sempre più performanti fino alla creazione di una rete capillare di erogatori e colonnine elettriche per la ricarica delle auto non inquinanti. Tuttavia, nel medio periodo la rivoluzione dell’automotive comporterà un fortissimo aumento di Gigawatt che dovrà essere garantito da maggiori performance e dall’aumento nel numero e nella potenza delle centrali elettriche a gasolio. Demonizzato il nucleare, a guadagnarci, ancora una volta, saranno solo e soltanto i Paesi produttori di petrolio.
Quindi, i perdenti sicuri di questa corsa alla Green Economy saranno le famiglie che dovranno attingere a fondo ai loro risparmi per far fronte a massivi investimenti in beni di largo consumo. Avete per caso notato quale sia il rapporto di costo tra cibo biologico e quello ordinario? E chi fa le valutazioni sull’incidenza del primo sulla qualità della vita e la salute degli individui che vi fanno ricorso? Se fosse vero che dei relativi benefici e ricadute positive se ne avvantaggia la sanità pubblica (ma con quali statistiche e metodi sono certificabili simili vantaggi?) allora, verosimilmente, non si vede perché non si riduca drasticamente l’Iva su tali prodotti, in modo da agevolare il consumatore, evitando così di farne un simbolo di status tra chi può spendere e chi no. Ma, il sospetto sulla manipolazione del fenomeno Greta non può essere semplicemente negato. La domanda più ovvia da porsi è la seguente: perché quei milioni di persone che sfilano in tutto il mondo a favore della riduzione dei gas serra e della conversione ecologica delle società moderne non predicano l’autoriduzione e il dimezzamento immediato dei propri consumi superflui? Perché in particolare, tutti costoro non abbandonano le grandi metropoli, dove certo non si può passare impunemente dalle quattro alle due ruote delle bici super ecologiche, per riabilitare e ripopolare i piccoli centri urbani dove tutto si svolge a misura d’uomo, compresi i rifornimenti alimentari a km zero, potenziando in ogni modo le reti locali di trasporto su ferro?
Per esempio: si è mai fatto uno studio accurato su tutti i lavori sedentari che oggidì, grazie alle performance della digitalizzazione e dei big-data, possono essere svolti integralmente in remoto, grazie allo smart-working? Avete idea di quando inquinamento si risparmi se molti milioni di lavoratori, anziché consumare decine di migliaia di km a testa ogni anno per i loro spostamenti in auto all’interno dei grandi spazi urbani congestionati se ne stessero comodamente a casa loro? Legioni, milioni di burocrati convertiti allo smart-working farebbero risparmiare alla collettività centinaia di miliardi di euro/anno, svuotando migliaia di edifici che consumano riscaldamento da gasolio e riducendo per un tasso a due cifre l’inquinamento urbano da smog! Ancora, tanto per demolire l’ipocrisia che sta dietro la Green Economy: oggi, prevale l’usa-e-getta e una pubblicità ossessivo/compulsiva spinge il consumatore verso l’acquisto di versioni di ultima generazione dei prodotti high-tech (televisioni, cellulari, etc.), quando basterebbe creare beni tecnologici ad alta affidabilità e lunga durata nel tempo, ripristinando così gradualmente una robusta dorsale di artigiani riparatori e di produzioni intensive delle parti di ricambio per quei beni rigenerabili.
Un esempio parlante in tal senso è l’investimento massivo nell’edilizia e nella tecnologia bio-sostenibile per il superamento progressivo di realtà urbane ormai invivibili, identificabili con le loro periferie sterminate, squallide e fucine di marginalità. Una strategia di sostituzione edilizia (trapianto di organismi sani, dopo aver eliminato quelli fetidi e malati), quindi, che passi attraverso un cronoprogramma centralizzato per la sostituzione di blocchi urbani degradati con mini smart-cities in grado di aumentare per un fattore mille il benessere dei propri abitanti. Basterebbe abolire la proprietà immobiliare dei terreni, assecondando così la grande rivoluzione ideologica per cui il suolo e il territorio appartiene a tutte le generazioni a venire e, quindi, il suo godimento può essere alienato solo e soltanto per un periodo strettamente e specificatamente limitato nel tempo, rientrando alla scadenza in possesso del godimento pubblico di tutta la collettività. Troppo o troppo poco?
Aggiornato il 04 febbraio 2020 alle ore 11:11