Il d.lgs 231/2001, che ha introdotto per la prima volta in Italia la responsabilità penale degli enti (aziende, società, imprese), è oramai entrato in vigore da quasi 20 anni ma ad oggi le statistiche confermano che meno del 15 per cento delle aziende, interessate dai suoi effetti, si siano attrezzate per ottemperare alle sue prescrizioni. Ne parliamo con l’avvocato penalista Riccardo Stucchi di Busto Arsizio, esperto in consulenza aziendale sulla legge 231 e tutela della privacy.
Buongiorno avvocato, la 231 è una norma la cui ratio è la tutela dell’impresa da specifici reati commessi dai propri collaboratori, ci può spiegare in che modo?
Direi che il d.lgs 231/2001 più che tutelare le imprese da specifici reati commessi dai propri soggetti apicali o collaboratori, sia volto a tutelare la collettività dalla commissione dei reati mediante la previsione di stringenti sanzioni in capo sia agli autori sia all’ente correlato che trae vantaggio dal fatto delittuoso. È previsto infatti, all’interno del decreto, un catalogo contenente l’elenco dei reati presupposto che possono dare origine alla responsabilità 231 degli enti con conseguente irrogazione di sanzioni. Di riflesso, il legislatore, se da un lato prevede ingenti sanzioni, dall’altro da la possibilità all’ente di tutelarsi mediante l’adozione di appositi modelli organizzativi e di gestione interni alle società stesse, che hanno lo scopo di disciplinare quelle che sono le attività aziendali, mediante dei protocolli sì da prevenire il rischio di commissione di reati. L’adozione e la conseguente efficace attuazione di questi modelli tutela l’ente in caso di sussistenza di reati presupposto, mettendoli al riparo da quelle che sono le pene previste.
Quali sono le imprese maggiormente coinvolte dalla norma?
Il d.lgs 231/2001 si rivolge ad un’ampia categoria di soggetti quali le società di capitali, società di persone, associazioni, comitati, istituzioni privatistiche, cooperative, mutue assicuratrici, fondazioni bancarie, Enti pubblici economici, società miste a partecipazione pubblica. Insomma, tutti quei soggetti di diritto dotati di un certo grado di autonomia dalle persone fisiche che ne fanno parte.
Le imprese che non si sono ancora adeguate alla 231 rischiano di dover rimetterci per reati commessi dai singoli con sanzioni sia pecuniarie che interdittive fino ad arrivare alla confisca dei beni aziendali, ci può dettagliare le singole sanzioni?
Certamente le imprese che non adempiono alle norme ( previste dal decreto in questione ) corrono il rischio di incappare in sanzioni di notevole portata. È bene ricordare che le sanzioni previste variano a seconda del singolo caso. Vi sono quelle interdittive che possono consistere nell’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca di autorizzazioni o concessioni, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e quindi l’impossibilità di partecipare a gare pubbliche d’appalto, il divieto di pubblicizzare beni o servizi propri dell’impresa e, infine, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti o sussidi. Vi sono inoltre le sanzioni pecuniarie che vengono calcolate per quote, fino a un massimo di un milione e mezzo di euro, accompagnate di solito da provvedimenti di confisca. Appare chiaro che proprio in ragione dell’entità delle predette sanzioni la questione non sia da prendere sotto gamba.
Le sanzioni che ci ha appena elencato possono destabilizzare l’assetto finanziario di un’azienda con il rischio di portarla al fallimento; cosa può fare l’imprenditore per tutelare la propria attività?
Direi proprio di sì. Si pensi ad esempio ad una azienda che lavora prevalentemente con la pubblica amministrazione alla quale venga comminata una sanzione interdittiva consistente nel divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per il periodo di un anno, credo che all’infuori delle grandi realtà, per tutte le altre, come Pmi e società di persone, una simile pena porterebbe alla cessazione dell’attività. Stesso discorso vale nel caso di sanzioni pecuniarie, in alcuni casi vuoi per portata della sanzione, in altri per dimensioni dell’azienda, una sanzione di questo tipo porterebbe certamente ad un dissesto societario. Gli enti, pertanto, se vogliono tutelarsi dovranno dotarsi di modelli organizzativi di gestione.
Sono previsti degli incentivi o facilitazioni per l’adozione di questo modello che Lei ci ha appena descritto?
Sì, sono previste delle agevolazioni per le aziende che decidono di dotarsi di modelli organizzativi. In particolare, l’Inail pubblica periodicamente un bando con il quale mette a disposizione dei capitali a fondo perduto per finanziare le aziende nell’ambito di questi adempimenti.
Aggiornato il 23 gennaio 2020 alle ore 12:32