E io mi faccio una Mandragora

Ogni tempo ha le proprie droghe. L’Ottocento aveva il Laudano, e prima ancora c’era lo Stramonio detto anche e non per gioco “l’erba del diavolo”, la Seconda guerra mondiale ci diede, a poco prezzo, il solfato d’amfetamina e le droghe sintetiche e lisergiche segnarono gli anni del Vietnam facendo viaggiare un’intera generazione sul grande serpente oltre le porte della percezione.

Oggi, in Italia, luogo proiettato verso le meraviglie del Ventunesimo secolo, una sentenza appena emessa dalla Corte di Cassazione ha deliberato che coltivare la Cannabis in casa propria non sia da considerarsi reato. Fatto – detto senza facili battute – che non ha mancato ovviamente di suscitare l’entusiasmo del segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova e il suo collega Riccardo Magi. Ne prendiamo atto, dunque vorrà dire che se è consentito questo, allora potrò anche crescere in un vaso sul terrazzo – magari di coccio di Deruta, per non incorrere nelle ire della legge che vuole vietare la plastica nei comuni – una simpatica e graziosa pianta di Mandragora. Anche perché chi scrive non possiede per nulla il cosiddetto “pollice verde” e già far crescere l’erba gatta era per me un’impresa quasi eroica.

Un tempo la Mandragora era solita crescere ai piedi delle forche, nata dal seme degli impiccati morenti, ma oggi c’è penuria di questo materiale. Non si impicca più nessuno in Europa dalla fine dell’ultima guerra, mi pare. Però la radice di Mandragora la si più coltivare e ottenere così questa creatura arcana, a metà tra il regno umano e quello vegetale, che se guidata con le opportune formule incantatorie, parlerà svelandovi segreti e meraviglie. Si muove poco la Mandragora, non dovete portarla fuori a fare i suoi bisogni, bastano soltanto un po’ di latte o di sangue e vi parla per ore, di luoghi lontanissimi e fantastici, di terre favolose, di donne bellissime e di grandi armate rivestite di seta e d’acciaio. A volte piange però e la si deve consolare, è un po’ come un bambino che si nutre di sogni prima di dormire.

Non è dunque meglio la Mandragora dalle forme antropomorfe, un po’ tubero un po’ infante, petulante ma divertente, di quelle pianticelle di Cannabis indica, cresciute un tempo al sole della Giamaica, indolente e accidiosa, e neanche troppo gradevole a vedersi come pianta d’arredamento?

Se la machiavellica Mandragora ha nomea legata all’eros, è di certo meglio della Canapa il cui uso venne preferito dalla setta degli Assassini in Siria nella Persia dell’anno Mille e che, comunque, venne vietata in Europa dall’anno del Signore 1484, con bolla papale di Innocenzo VIII.

Così resta introvabile quel Loto Nero dello Stige di cui narrano le cronache hiboriane sorte dalla prolifica immaginazione di Robert E. Howard, e se la Dama Verde dell’Assenzio canta ancora in certe sere in ricordo di Arthur Rimbaud e di Stéphane Mallarmé, oggi a tutti è dato crearsi il proprio angolo di artificiale paradiso sul balcone, senza più sognare di paesi incantati oltre i Monti della Luna, dove i sogni sono realtà di raso e cinnamomo in un mondo più triste, il nostro, dove la Fantasia ha bisogno di cortocircuitarsi nella banalità, senza più saper volare con le proprie ali colorate.

Aggiornato il 30 dicembre 2019 alle ore 10:00