Sull’onda emotiva dell’inchiesta Cordova, il 27.07.1993, venne presentato un disegno di legge che vietava ai pubblici dipendenti l’appartenenza ad associazioni operanti in modo occulto. Il progetto normativo, dovuto all’on. Graziano Cioni, rimase nel cassetto, in virtù forse di una rilettura della Carta costituzionale e di un’imbarazzante affinità con la Legge fascista del 1925.
Passarono 15 anni di ordinaria ghettizzazione e il 12 ottobre 2018 l'Assemblea regionale siciliana approvò la legge regionale (relatore Claudio Fava) su l’Obbligo dichiarativo dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana, dei componenti della Giunta regionale e degli amministratori locali. La norma intimava ai deputati, nonché ai sindaci, agli assessori e ai consiglieri comunali e circoscrizionali di depositare, entro 45 giorni dall’insediamento, presso l’Ufficio di presidenza dell’Assemblea o presso l’ufficio di gabinetto del sindaco una "dichiarazione anche se negativa di appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari". Per gli inadempienti era prevista una comunicazione all’Assemblea regionale o al Consiglio comunale.
Due deputati Antonio Catalfamo ed Eleonora Lo Curto dopo aver votato contro l’approvazione della legge, decisero di non prestare la dichiarazione, con l’obiettivo “di impugnare la sanzione”, per manifesta illegittimità. Inoltre, il portato discriminatorio della legge che, senza presumere ipotesi di reato, ledeva i diritti fondamentali dell’uomo, comportò il ricorso alla Corte Europea. Nell’esposto, ammesso a ruolo l’8.01.2019, si sosteneva che il governo italiano avesse esercitato un’indebita ingerenza nella vita privata dei cittadini, violando la loro libertà di pensiero e di associazione, garantita dalla Convenzione Europea (art. 11, com I ), la quale dispone che l’esercizio del diritto di associazione non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle stabilite dalla legge come misure necessarie, inoltre, assicura il godimento dei diritti e delle libertà sostanziali.
Nello stesso periodo veniva presentato al Senato, dall’on. Ennio Lanutti, un disegno di legge (atto 364) finalizzato a colpire la massoneria. Nella premessa al testo si faceva riferimento alle indicazioni fornite dal giudice Ferdinando Imposimato e si citavano i casi più drammatici della recente storia italiana, dal rapimento di Aldo Moro all’attentato a Giovanni Paolo II, dalla banda della Magliana all’omicidio di Vittorio Bachelet, fino alla morte di David Rossi; infine si faceva riferimento alle risultanze delle Commissioni parlamentari d’inchiesta sulla P2 e sulla malavita organizzata. Dopo questo preambolo, l’iniziativa proponeva di modificare il testo della Legge 17/82 e di alcuni decreti legislativi. Così facendo si sarebbe proibito ai funzionari pubblici di appartenere “ad associazioni che comportino un vincolo di obbedienza, assunto in forme solenni come richiesto dalle logge massoniche o da associazioni similari, o ad associazioni fondate su vincoli di appartenenza”. Il divieto sarebbe stato introdotto a prescindere dal fatto che le suddette associazioni fossero palesi. L’esame di tale disegno di legge è utile per comprendere l’anti-massonismo contemporaneo: episodi drammatici, avvolti nell’ombra sono letti implicitamente in chiave complottistica e ogni evento criminale o eversivo è inquadrato in un contesto progettuale dovuto a un’area oscura di cui la massoneria farebbe evidentemente parte. In fin dei conti si tratta solo di un déjà vu, perché, le stesse argomentazioni erano state trattate da Leo Taxil in Les assassinats maçonniques.
Sarebbe poi necessario riflettere sul concetto di “segretezza” ben diverso da quello di “riservatezza”. Quest’ultima dovrebbe essere garantita ai cittadini per tutelare la loro libertà personale, in ordine a fatti di natura privata che non presentino per terzi riflessi e conseguenze apprezzabili. Sulla base di queste premesse si deve escludere che la massoneria possa qualificarsi come associazione segreta. La circostanza stessa che siano note le sedi e che vi sia la possibilità di consultare gli elenchi nominativi per motivate esigenze, la notorietà delle sue finalità associative e valoriali, sono elementi a carattere obiettivo che inducono a ritenere la libera muratoria al di fuori di ogni illiceità.
René Guénon sviscerò la differenza fra società segreta e società iniziatica. Per lui il segreto iniziatico è "incomunicabile". Ogni segreto convenzionale può essere tradito, l’iniziatico invece è inafferrabile: diventa penetrabile unicamente con l'iniziazione. La stessa si realizza per mezzo di rituali, con i quali si può acquisire l’intima essenza dell’enigma, considerato alla stregua di un'influenza spirituale, operante nell’ambito della propria interiorità. Il "segreto iniziatico" è quindi un arcano non divulgato perché "inesprimibile" a soggetti esterni; l’ammissione all’iniziazione", è "conditio sine qua non" per poterlo permeare. Il mistero del percorso iniziatico, afferibile alla libertà coscienziale del singolo, fa sì che la massoneria possa essere definita un’associazione con segreti. L’esplicazione delle categorie descritte appare chiara, ciò nonostante, la storia normativa e processuale in Italia ha stigmatizzato spesso e volentieri condotte tali da poter rientrare, a danno dei massoni, nell’ambito dei cosiddetti “atti persecutori”, di cui all'art. 612 c.p.
(Leggi qui la prima e la seconda parte)
Aggiornato il 12 dicembre 2019 alle ore 15:36