Allegri signori avvocati! Vi “mettono in Costituzione”

Non è una novità. Da tempo tra principi del foro e granduchi di organizzazioni professionali che stanno assistendo a piè fermo alla devastazione della giustizia italiana, all’assalto al potere politico del Partito dei magistrati, magari, restando inerti di fronte al caso ignominioso di un carcerato pluricondannato che, scontando la pena in regime di “semilibertà” passa le notti in carcere e le giornate nel suo studio e nei tribunali e corti di Agrigento e dintorni, sono percorsi, da un raggio di speranza. Un impegno solenne è venuto ad aprire finalmente le più belle prospettive di vita e di lavoro. Per gli avvocati si apre la possibilità di “essere messi in Costituzione”.

Questa grande “riforma” delle professioni forensi racchiusa nella espressione goffa ed un po’ sbilenca linguisticamente, consisterebbe in una aggiunta al testo della Costituzione che riaffermi solennemente la necessità imprescindibile delle funzioni dell’avvocato e la sua importanza non solo tecnico-processuale, ma anche sociale. Evviva! A sentire quelli che l’hanno inventata, “messi in Costituzione” (non sono io ad inventare un modo di dire che ricorda il linguaggio gastronomico: sottovuoti, sott’olio, in brodo) cambierebbe tutto. Sarebbe essenziale per garantire la vera parità con i pm ed i magistrati in genere. La vera strada per un “giusto processo”.

Se le cose vanno male, se la giustizia è divenuta lo strumento della corsa al potere di magistrati in cerca di notorietà e di posti di rilievo “nell’esecrata politica”, se i processi durano sempre di più, se hanno costi crescenti, se pm fantasiosi e senza scrupoli mettono in subbuglio regioni intere, se gli avvocati sono ridotti a mendicare una clientela sempre più malandata e scettica ed un lavoro che va in fumo ed impoverisce sempre più, se pm e pentiti si fanno beffa della difesa e dei difensori, se i telefoni degli studi legali sono più intercettati di quelli di qualsiasi malvivente, se, se, se, allegri! Arriva la “messa in Costituzione”. Tutto si risolverà, aumenterà il lavoro, le parcelle saranno pagate senza battere ciglio, nessuno oserà più evocare Azzeccagarbugli. Una figura, manco a dirlo, “nuova” ed autorevole che ogni magistrato, fosse pure qualcuno che non c’è bisogno che io nomini, tratterà con rispetto e reverenza. Perché l’avvocato “sarà in Costituzione”.

Non so se l’avvocato Arnone di Agrigento sia ancora in “semilibertà” visto le tante sentenze di condanna che pendevano e pendono da tempo sulla sua testa. Se sì, sarà in una “semilibertà costituzionale”. Dopo che da avvocati, sottosegretari, parlamentari, il fondamentale principio “dell’avvocato in Costituzione” è stato evocato l’altro giorno addirittura dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che pare abbia tenuto sull’argomento una lectio magistralis a Bologna: “Il mio sì all’avvocato in Costituzione”.

E giù un torrente di Osanna alla proposta di legge costituzionale che proprio in Senato è stata depositata e sta per muovere i primi passi. Un peana della signora presidente del Senato all’avvocato in Costituzione. Ed un peana alla medesima presidente del Senato su un giornale che una volta si occupava di cose serie e della Giustizia. L’idea di “finire in Costituzione” negli ultimi giorni della mia vita (la riforma costituzionale esige la “doppia lettura” e, se del caso, il referendum confermativo) non mi gratifica granché e non posso dire di avere un motivo in più per essere attaccato a questa mia povera vita. Grazie lo stesso a chi mi vuole “mettere in Costituzione”. Ma preferirei che tutti ci occupassimo di cose serie.

Aggiornato il 22 novembre 2019 alle ore 16:52