
Oggi è il 20 Settembre. Secondo le rievocazioni de “Il Giorno e la Storia”, rubrica di Rai Storia, questa data segna, come anniversario più importante, quello della nascita di una certa cantante strillona degli anni Sessanta (nata il 20 Settembre 1947) più di quell’altra cui sono intitolate delle vie tra le principali di varie Città d’Italia (in primo luogo Roma): l’anniversario della “Breccia di Porta Pia” e dell’irruzione dei Bersaglieri e dei Fanti Italiani che segnò la liberazione della città di Roma dall’assurdo servaggio al potere temporale della Chiesa e la fine di tale potere.
Tale data fu per anni celebrata come quella della conclusione del Risorgimento. Poi messa da parte per farla dimenticare dall’Italia concordataria fascista e democristiana. E dimenticata pare che oggi lo sia davvero. Nella mia infanzia questo assurdo tentativo di cancellare la storia non era chiaro né compiuto ancora. Non si festeggiava, ma i Bersaglieri alla carica attraverso la breccia erano ancora tra le immagini di un passato di cui il fascismo cercava, ancora, magari, di proclamarsi erede e continuatore. Malgrado il Concordatario.
In casa mia l’antifascismo che vi regnava escludeva qualsiasi “accantonamento” di quell’evento e la storia che i miei genitori avendo studiato sui banchi della scuola ne conservavano intatto il ricordo e l’orgoglio. Ma il 20 Settembre era qualcosa di più e di diverso.
Era giorno di festa in famiglia. I miei nonni materni, celebravano, infatti, l’anniversario delle loro nozze (avvenute negli anni Ottanta del secolo XIX). Non credo che avessero scelto quella data per unirsi in matrimonio perché coincidente con quella della “Breccia”. Lui, medico padovano solidamente risorgimentale (era nato suddito di Francesco Giuseppe). Lei, civitavecchiese beghina (benché figlia di un sorvegliato dalla polizia del governo dei preti). Si era alla fine della loro villeggiatura con noi a Tolfa e quel giorno si faceva un “gran” pranzo, invitando sempre qualcuno delle famiglie amiche del Paese. Accadde che qualcuno, credo, di quegli invitati abbia detto: “Vado al pranzo del 20 Settembre dal dottor Frason”.
Una frase simile fu raccolta, soppesata e valutata da un nuovo maresciallo dei carabinieri che, ignaro della ricorrenza nuziale, insospettito da quello che sembrava il banchetto di celebrazione di una data che il fascismo aveva quanto meno messo in quiescenza con il Concordato, si convinse che doveva esserci di mezzo la Massoneria o qualcosa del genere (non era ancora di moda la “Massoneria deviata”!). Riferì “ai superiori Comandi”. Non so che cosa gli fu risposto. Ma, soprattutto, fece più o meno chiaramente capire in paese che quel banchettare così datato a lui faceva balenare il sospetto di un’“agape fraterna”, di qualcosa di altri tempi non in linea con le direttive del Regime. L’anno dopo pare che ci sia stata qualche difficoltà a trovare qualche invitato che venisse alla festa dei nonni.
Avrei dovuto ricordarmi di tal episodio quando, anche nella mia vita professionale, mi è capitato di dover prendere atto che qualche testa di cavolo togata o in divisa metteva anche per iscritto che “doveva esserci dietro la Massoneria”. Come nel banchetto per quegli ultimi anniversari delle nozze dei miei avi. Non credo che “certi doverosi sospetti” fioriscano oggi in modo meno ridicolo. E, purtroppo, anche oggi c’è chi si preoccupa di non farsi sospettare di certi immaginari coinvolgimenti in una festa di famiglia.
Aggiornato il 20 settembre 2019 alle ore 18:42