
Il sacchetto della spazzatura degli italiani diventa sempre più pesante, soprattutto in termini di costi. Dal 2010 famiglie e imprese hanno speso il 76 per cento in più per la tassa sui rifiuti, eppure i servizi di raccolta restano per molti comuni al di sotto della sufficienza. Entro il 2019, però, l’Arera definirà un nuovo metodo tariffario nazionale con l’obiettivo di rendere più omogenee e trasparenti le tariffe del settore.
A fare i conti in tasca a chi paga le pesanti tasse sui rifiuti è invece la Confcommercio che in uno studio ha calcolato che la Tari vale ormai 9,5 miliardi, in crescita del 76% rispetto alla tassa sui rifiuti del 2010 che si fermava a 5,4 miliardi. Considerando la Tari pro-capite, il valore più elevato si registra nel Lazio (dove si raggiungono i 261 euro, +7% sul 2017) e il più basso in Molise (130 euro). A fronte di costi sempre più alti, secondo Confcommercio, “calano livello e quantità dei servizi, visto che solo 5 Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto) superano la sufficienza”.
Gli aumenti delle tasse sui rifiuti sono “inaccettabili e ingiustificati” per il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona. Secondo lui, infatti, “è intollerabile che i cittadini debbano pagare per le inefficienze dei comuni”. La proposta avanzata da Patrizia Di Dio, membro della Giunta di Confcommercio con delega all’ambiente è quella di “avviare con urgenza azioni concrete per limitare la libertà finora concessa ai Comuni di determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie”.
La risposta arriva dall’Arera, che assicura l’arrivo entro il 2019 di una riforma delle tariffe con maggiore trasparenza e qualità. L’Authority definirà, infatti, nuovi criteri tariffari e nuovi obblighi informativi da applicare in tutta Italia in materia di rifiuti. Il metodo tariffario è destinato a “introdurre una graduale omogeneizzazione nel Paese, partendo da condizioni molto diversificate” fa sapere l’Autorità spiegando che eventuali variazioni tariffarie “saranno legate alla riscontrabilità di miglioramenti nella qualità gestionale oppure a modifiche del perimetro di intervento nei servizi”. La qualità dei servizi poi “sarà valutata come un investimento”, dice il presidente Stefano Besseghini, e “si creerà una correlazione tra gli eventuali aumenti e il motivo che li ha generati”.
Aggiornato il 11 settembre 2019 alle ore 18:43