In tre secoli di storia la Chiesa sovente ha condannato la massoneria, alle prime scomuniche del XVIII secolo seguirono nell’Ottocento innumerevoli documenti antimassonici. Nessun pontefice si astenne, ma i più prolifici furono Pio IX e Leone XIII. Il primo pubblicò ben 114 scritti contro la “sinagoga di satana”, il secondo fu l’autore di un’Enciclica fondamentale: l’Humanus genus.
I liberi muratori, da parte loro, non persero occasione per buttare benzina sul fuoco. Animati da un greve anticlericalismo giunsero, con Giuseppe Ricciardi, a organizzare un “anticoncilio”, Giosué Carducci pubblicò l’Inno a Satana che sembrò inopportuno agli stessi confratelli e si dice che Giuseppe Garibaldi definì Pio IX “un metro cubo di letame”. Il Generale smentì, ma con la Chiesa non fu certo tenero, per farsene un’idea è sufficiente leggere il romanzo Clelia il governo dei preti.
Con il nuovo secolo si ebbe la pubblicazione del Codice di diritto canonico che al Canone 2235 comminava la scomunica per chi si affiliava alla massoneria “o ad altre associazioni della medesima specie che tramano contro la Chiesa e contro le legittime autorità civili”. La condanna, divenne, perciò, per la Santa Sede, un articolo di legge.
La situazione sembrò cambiare negli anni ’60 con il Concilio Vaticano II. In realtà quel grande evento ecclesiale non si occupò di massoneria, delle 1998 istanze inviate dai padri conciliari alla Commissione anti-preparatoria solo 15 riguardavano la libera muratoria e di queste 10 insistevano sulla scomunica. Il clima, tuttavia, era diverso, ne erano indici la tolleranza di Giovanni XXIII e le aperture dei vescovi progressisti. Uno di questi fu il messicano Sergio Mendéz Arceo che spezzo più di una lancia a favore dei figli della vedova. Inoltre Paolo VI, il successore del Papa buono, con l’Enciclica Ecclesiam suam, ufficializzò la disponibilità della Chiesa al dialogo ecumenico. Iniziarono così i colloqui fra esponenti della massoneria e religiosi fra i quali il paolino Rosario Esposito, il gesuita Giovanni Caprile e il salesiano Vincenzo Miano. Il disgelo sembrò giungere nel 1974 quando il Cardinale Ferec Seper, Prefetto della Congregazione della dottrina della fede, rispondendo all’arcivescovo di Filadelfia, John Joseph Krol, affermò che la Santa Sede, demandava il giudizio sulle molteplici associazioni massoniche agli episcopati interessati e che il Canone 2335 colpiva solo le obbedienze che complottavano contro la Chiesa. Fu allora che l’episcopato tedesco affrontò il problema dei rapporti Chiesa-Massoneria con una commissione di studio costituita da teologi che interagirono con dignitari delle comunioni tedesche. Dopo sei anni il gruppo di lavoro espresse il seguente verdetto: Chiesa e massoneria sono inconciliabili.
(*) Scrittore e docente, Gran Maestro dell’Ordine Massonico Tradizionale Italiano, già Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Antichi ed Accettati Muratori
Aggiornato il 05 luglio 2019 alle ore 12:04