
“Quello sociale e inclusivo è il terzo pilastro del welfare e deve affiancare la previdenza e la sanità e deve consentirci di muoverci da una logica difensiva ad una più propositiva, per sostenere politiche sociali sempre più rivolte ad agire, per modificare in termini di benessere le condizioni di disagio”.
Concetti chiari quelli espressi da Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, parlando a margine del convegno che Paolo Terrinoni, segretario generale della Cisl del Lazio, ha recentemente organizzato sul tema Disabilità e delle Politiche di inclusione sociale e contrattazione. Significativi i dati forniti nel convegno ed estrapolati dalla relazione di Luca Bozzi, segretario generale della Cisl di Roma Capitale-Rieti.
Secondo le stime Inail, al 31 dicembre 2018, le persone con disabilità titolari di rendita Inail ammontano a Roma a 22.596, con la concentrazione maggiore nella classe d’età oltre i 65 anni. Tra questi è possibile fare delle distinzioni tra le diverse tipologie di disabilità (11.147 disabili motori; 3536 disabili psico-sensoriali; 971 disabili cardio-respiratori; 6942 con tipologia di altra natura).
Indicativo è anche il dato sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali relativa al 2016 (questi i dati disponibili da Istat nel gennaio 2019), che ammonta a poco più di 7 miliardi, pari allo 0,4 per cento del Pil nazionale. Per ciascun residente i Comuni hanno speso in media 116 euro nel 2016, contro i 114 del 2015. A livello territoriale le disparità sono sempre elevatissime: si passa dai 22 euro della Calabria ai 517 della Provincia autonoma di Bolzano. Secondo l’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali, la spesa del Comune di Roma ammonta a 3.757 euro pro capite per ogni disabile (dati 2013).
Per un totale di 94.930.000 euro di cui 69.750.000 per interventi e servizi; 16.380.000 per Trasferimento di denaro per interventi e servizi; 8.800.000 per le strutture comunitarie e residenziali. Le principali voci di spesa sono riconducibili ai centri diurni e alle strutture residenziali. Mediamente la quota a carico del Comune per un disabile assistito in una struttura è di 11.898 euro l’anno, 2.211 euro sono a carico degli utenti e 3.463 del Sistema sanitario nazionale che compartecipa economicamente per la componente sanitaria della spesa.
L’inserimento lavorativo, in termini di accesso, ma anche di permanenza, dei disabili appare una sfida non semplice. I numeri forniti dall’Istat riguardo la condizione lavorativa dei disabili in Italia sono così riassumibili: solo il 18 per cento delle persone in età lavorativa ha un’occupazione (Istat, 2010). Mentre il 56 per cento è fuori dal mercato lavorativo perché in pensione o inabile al lavoro, della parte restante solo uno su cinque è in cerca di lavoro.
A Roma la cooperazione sociale è l’ambito in cui maggiormente si opera a sostegno dell’inclusione socio-lavorativa delle persone con disabilità (147 cooperative su 257 organizzazioni totali). E nello specifico, si evidenzia come l’inclusione socio-lavorativa di persone con disabilità è tipica delle attività delle cooperative soprattutto di tipo B, ovvero quelle che nascono con la finalità di inserimento nel mondo del lavoro delle persone svantaggiate e che hanno l'obiettivo di destinare almeno il 30 per cento dei posti di lavoro a queste persone. La necessaria relazione tra disabilità e lavoro non appare soddisfatta anche per la mancanza di sistematicità, per l'assenza di una visione di insieme e la prevalenza di una logica troppo spesso legata ad iniziative individuali di singoli o di associazioni.
Una situazione poco governata e senza raccordi istituzionali coordinati, dove i legami stabiliti con le realtà del territorio, principalmente con il Comune e la Regione, sono attivabili al bisogno o sono funzionali all’erogazione del servizio e dove le relazioni con altri attori non sembrano, salvo eccezioni, realizzare una solida e duratura integrazione di pratiche.
Per esempio quale collaborazione con il Sild, il Servizio Inserimento Lavoro Disabili? Il Sild è quel servizio della Regione Lazio – che ha peraltro da poco avviato la procedura per la formazione della nuova graduatoria – che permette alle persone disabili di partecipare agli avviamenti che i Centri per l’Impiego effettuano periodicamente, di usufruire delle richieste nominative da parte delle aziende; di aderire alle richieste di preselezione, nonché di beneficiare di percorsi di collocamento mirato (Progetto Match); di usufruire della percentuale di posti riservati nella partecipazione ai pubblici concorsi.
Ed è in questo contesto che la presenza del sindacato può svolgere un ruolo importante nella ricerca di un raccordo, che faciliti la partecipazione delle persone con disabilità alle dinamiche della vita comune, e che promuova una cittadinanza sociale delle forze economiche e collettive del territorio. Il tentativo dunque è quello di avviarsi verso nuove prospettive, che possano rendere realmente percorribili quei processi inclusivi intravisti sulla carta, che si devono basare sulla promozione del lavoro, come leva del benessere sociale.
@vanessaseffer
Aggiornato il 16 aprile 2019 alle ore 18:19