Luci puntate sul carcere di Oristano

La notizia del trasferimento in Italia e dell’arresto di Cesare Battisti ha suscitato un notevole clamore mediatico ed acceso i riflettori sulle condizioni del carcere di Oristano, dove dovrà scontare la pena all’ergastolo ostativo. Quello cioè che non consente di accedere ai benefici penitenziari come i permessi, il lavoro esterno e la liberazione anticipata.

Un articolo apparso sull’Ansa lunedì 14 gennaio sottolinea tutte le carenze della struttura riprendendo la preoccupazione di Antigone (l’Osservatorio per i diritti e le garanzie nel sistema penale) che segnalava come criticità la prevalenza di detenuti in regime di alta sicurezza nella struttura spiegando: “Tale fattore ha comportato una sostanziale riduzione delle attività trattamentali. L'organizzazione e la quotidianità nell'istituto prevedono uno svolgimento della giornata essenzialmente nelle sezioni detentive e sono predisposte scarse attività da svolgere. Questa penuria ha comportato nel corso del 2016 diverse proteste dei detenuti, nonché una visita del Garante nazionale, che ha individuato una serie di problematiche e delle indicazioni per la direzione”.

L’articolo, prendendo spunto dalle proteste del 2016 culminate in uno sciopero della fame di oltre venti giorni, chiude sottolineando inoltre l’insufficienza del personale penitenziario.

Almeno un paio di considerazioni sono quantomeno doverose. Premesso che l’ergastolo ostativo è da tempo oggetto di critiche e polemiche, al vaglio di giuristi, avvocati e magistrati e si sta ancora discutendo se si possa ritenere costituzionalmente accettabile, se nel carcere (Casa di Reclusione e non Casa Circondariale) di Oristano circa l’85 per cento dei detenuti è in regime di alta sicurezza è quantomeno ipotizzabile che alcune pene siano ergastoli ostativi. Per tanto non stupisce che scarseggino le attività da svolgere visto che, ripetiamolo, l’ostatività consiste appunto nell’impossibilità di accedere a tutte quelle attività che vengono considerati come benefici, come per esempio il lavoro esterno.

Ma prima ancora va fatta chiarezza sulla differenza esistente tra Casa Circondariale e Casa di Reclusione: la prima è un istituto cautelare nel quale sono reclusi soggetti in attesa di giudizio, per custodia cautelare e condannati a pene inferiori ai cinque anni o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni. La Casa di Reclusione, definita anche Casa di Pena, è un tipo di istituto per l’esecuzione delle pene nel quale vengono reclusi i soggetti che devono scontare la pena assegnatagli dal giudice. Quasi tutte le Case Circondariali hanno una “Sezione Penale” (dove sono presenti anche reparti di alta sicurezza) e alcune Case di Reclusione hanno la “Sezione Giudiziaria” destinata alle persone in attesa di giudizio.

Il carcere “Salvatore Soro” di Oristano è una Casa di Reclusione quindi non è così strano che la maggior parte dei detenuti sia in regime di alta sicurezza. A meno che non si voglia fare una non troppo velata critica a tutti quei magistrati che hanno determinato le pene da scontare proprio in quella struttura.

Però a volte la distorsione mediatica prodotta dal mondo dell’informazione che si è trasformato in intrattenimento può sortire effetti positivi: far parlare di un argomento scomodo, la condizione delle e nelle carceri, utilizzato solo per fini propagandistici e poi marginalizzato con la totale assenza di interventi pratici. È allora fondamentale sottolineare come Antigone analizzi annualmente i dati di tutti gli istituti (Case Circondariali e Case di Reclusione) presenti sul territorio italiano, e come annualmente sottolinei il crescente livello di criticità ovunque, in ogni settore.

La mancata applicazione della legge che consente pene alternative al carcere, la scarsità di personale – non solo polizia penitenziaria, ma anche assistenti sociali, psicologi e organico amministrativo -, la carenza di strutture e la fatiscenza di quelle esistenti sono tutte condizioni che da anni vengono denunciate su tutto il territori nazionale. E non solo da Antigone.

Basti pensare all’ultimo disperato appello di Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria S.PP. (http://www.opinione.it/societa/2019/01/09/redazione_poliziapenitenziaria-spp-digiacomo-carcere-giustizia-riina-suicidi/)

Aggiornato il 22 gennaio 2019 alle ore 16:38