A Roma, in zona Tiberina, precisamente in via della Tenuta Piccirilli, presso il centro Camping River, il 26 luglio sono state sfollate circa 150 persone, appartenenti all’etnia Rom (nomadi, per intendersi) fatti “sloggiare” per motivi sanitari. Il presidente dell’“Associazione 21 luglio”, Carlo Statolla, commenta al telefono con La Presse la notizia dello sgombero in corso, dichiarando che quello effettuato dal comune sarebbe un “precedente unico e gravissimo”.
L’ecologista, attivista politico e scrittore Gianfranco Mascia, dopo l’esposto a Matteo Salvini, ha denunciato la sindaca Virginia Raggi all’Unione europea, per violazione della disposizione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tale disposizione avrebbe infatti chiesto di sospendere fino al 27 luglio le espulsioni programmate al Camping River. Lo sgombero, avvenuto con l’impiego della polizia locale e degli assistenti sociali, è avvenuto in modo pacifico, sebbene la comunità Rom non sia stata certamente contenta. Da un video apparso in rete si sente un ragazzo che dichiara che ora entreranno nelle case dei residenti. Un’uscita infausta, che non fa altro se non inasprire i toni e alimentare veramente lo spirito xenofobo tra cittadinanza e comunità Rom. Politici e attivisti si sono immediatamente attivati per difendere i nomadi e denunziare l’accaduto. L’amministrazione, come visto chiaramente, si è adoperata per risolvere, a suo modo, l’annoso problema dei campi nomadi nella Capitale. Nessuno, pare, si sia preoccupato delle conseguenze di una tale azione. Nessuno, pare, si è preoccupato per i cittadini romani. Secondo ciò che si legge, buona parte degli ex residenti al campo “Camping River” potrebbero alloggiare nella sede in via Ramazzini, a Monteverde, gestita dalla Croce Rossa. La sede già ospita alcuni gruppi di immigrati africani. La zona di Monteverde-Portuense, un tempo fiore all’occhiello della Capitale, già versa in una condizione di scarsa sicurezza urbana, a causa delle reiterate rapine e furti di appartamento nei palazzi del quartiere. L’unica voce energica in sostegno dei residenti del quartiere romano sembra essere quella di Valerio Garipoli, Capogruppo di Fratelli d’Italia presso il Municipio XI, il quale si starebbe adoperando per superare l’eventualità che i “senza fissa dimora” dimorino nella struttura della Croce Rossa Italiana in via B. Ramazzini a Portuense/Monteverde.
Quindi, in soldoni: il problema sarebbe, da un lato, quello sanitario, dall’altro quello della legalità. Non si capisce bene perché le cose in questo Paese non possano avvenire gradatamente, ma sempre tutto ad un tratto. La bomba sociale si riverserà sui cittadini romani, poiché si è deciso di spostare una comunità Rom dalla periferia a zone centrali della città, densamente abitate da professionisti e dalle loro famiglie. Il modo in cui è stata affrontata questa situazione, affatto emergenziale, appare a molti inadeguata e sciatta. I residenti di Monteverde si starebbero già organizzando per sit-in di protesta. Nessuno ha evidentemente pensato che una prova di forza come questa poteva essere commutata in un progetto per l’integrazione delle famiglie Rom nel tessuto sociale capitolino e, quando possibile, per il reintegro nei Paesi di appartenenza.
Una cosa è certa: ci troviamo dinanzi a due fallimenti. Il primo, quello di una logica assistenzialista, iniziata dalle precedenti amministrazioni. Il secondo, quello del contenimento in un’unica zona residenziale. Per integrare queste famiglie occorre dividerle. Dividere i clan, le tribù, i gruppi e assegnare alloggi singoli, anziché continuare nella logica tribale del “campo nomadi” che non fa altro se non perpetrare logiche arcaiche, che nulla hanno a che fare con la vita dei popoli civili. I dirigenti delle associazioni umanitarie potrebbero, dal canto loro, riservare un occhio di riguardo ai loro connazionali, gente onesta e che paga le tasse, tasse che permettono l’affluire dei tributi comunali per pagare anche i loro progetti. Sembra, tuttavia, che a nessuno importi dei propri concittadini. Per quanto riusciranno a dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte? Per quanto riusciranno a evitare reazioni violente della cittadinanza e vendette personali? Per quanto riusciranno lor signori a tenersi sulla coscienza, ammesso che ne abbiano una, rapine, stupri, furti, violazioni di domicilio, in nome dei diritti umani? Ma i diritti di chi?
Aggiornato il 30 luglio 2018 alle ore 12:49