Visione evolutiva dell’Unione europea

Dai Trattati di Roma del 1957 ad oggi

L’attuale quadro geopolitico offerto all’attenzione internazionale si caratterizza per la complessità originata dai mutati comportamenti di politica estera assunta in questi ultimi anni dalle potenze mondiali, rispetto a quelli tipici del periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.

Tale mutato scenario postula oggi un’attenta riflessione sull’attuale posizione geopolitica riferibile all’Europa nei confronti delle tre potenze mondiali Usa, Cina e Russia. Queste ultime attualmente si rendono protagoniste assumendo ciascuno comportamenti diversi, finalizzati a ridisegnare un nuovo ordine dell’equilibrio internazionale.                                                                                        

In tale contesto riteniamo opportuno operare una breve e sintetica riflessione sul ruolo dell’Unione Europea oggi e quindi offrire una rapida sintesi del percorso storico che l’Ue ha attraversato in questo periodo post-bellico.

Si ha, infatti, che i Trattati di Roma del 1957, istitutivi della Cee e dell’Euratom, furono generati da una visione coraggiosa e da un’ambizione federalista ispirate ed articolate nel Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, di Ernesto Rossi con la partecipazione di Eugenio Colorni, che ipotizzava un’unione politica europea attraverso l’integrazione strategica in ambito del mercato economico-doganale e nucleare come primo momento costitutivo della Comunità economica europea.

Successivamente, il passaggio ad un funzionalismo intergovernativo, influenzato dal modello francese, avvenne principalmente negli anni ’60 a causa dell’opposizione francese alla cessione anche parziale di sovranità nazionale denominata “Crisi della sedia vuota”.

Infatti nel 1965, il Presidente francese Charles de Gaulle ritenne di boicottare le riunioni del Consiglio Cee in risposta alla proposta della Commissione Hallstein di finanziare la Politica Agricola Comune con risorse proprie della Comunità Europea, di  rafforzare il Parlamento europeo e di introdurre la maggioranza qualificata al posto dell’unanimità, Tale “crisi della sedia vuota” bloccò sostanzialmente l’attività comunitaria per sette mesi, evidenziando il rifiuto francese di dare corso ad un’integrazione sovranazionale che minasse gli interessi vitali nazionali.

Il Compromesso di Lussemburgo del 29 gennaio 1966 introdusse il diritto che consentì a qualsiasi Stato membro di potere invocare “interessi vitali” al fine di impedire decisioni a maggioranza, così di fatto ripristinando il diritto di veto e conseguentemente il voto all’unanimità. Questo accordo segnò il trionfo dell’approccio intergovernativo francese, valorizzando la cooperazione tra governi nazionali su specifici settori senza sostanziali trasferimenti di sovranità, a scapito del federalismo iniziale.

L’Ue pertanto fu successivamente costretta a sviluppare lentamente un modello ibrido, con elementi sovranazionali (come la Commissione) bilanciati da organi intergovernativi (Consiglio e Consiglio europeo), evolvendo solo parzialmente con l’Atto Unico Europeo del 1987 verso la maggioranza qualificata. Il funzionalismo, che postulava un’integrazione graduale da economica a politica, si è così intrecciato con l’intergovernativismo, interrompendo ed impedendo il concreto processo integrativo necessario ad una piena e completa Unione Europea Federale.

L’Unione Europea, pertanto, mostra oggi una tendenza ibrida prevalentemente indirizzata verso un maggiore “strategic autonomy”, con spinte federaliste ostacolate da resistenze intergovernative, accentuate anche dalla rielezione di Donald Trump, dalla guerra in Ucraina e dall’ascesa di partiti euroscettici. Il 2025 si è presentato come anno decisivo per scegliere tra integrazione profonda o frammentata, con l’enfasi di una prospettiva di difesa comune, di transizione verde e di apertura verso i Balcani.

Attuali proposte della Conferenza sul Futuro

È certamente opportuno segnalare la Conferenza sul Futuro dell’Europa, iniziativa a partecipazione paneuropea di democrazia partecipativa svoltasi dal 2021 al 2022 che ha prodotto 49 proposte e 326 misure destinate ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, tra cui anche importanti riforme istituzionali per ridurre i veti, per rafforzare il Parlamento europeo e per promuovere cooperazioni rafforzate su clima, salute e migrazione, ma l’attuazione resta parziale.

 

Desiderando dare corpo ad una visione di auspicabile breve periodo per il superamento della odierna empasse e della incertezza decisionale si auspica che precise riforme istituzionali da instituire in maniera prioritaria consentirebbero il consolidarsi l’Ue attivando:

  • Maggiore uso della maggioranza qualificata in Consiglio, eliminando unanimità su difesa e politica estera tramite clausole passerella”.
  • Revisione del bilancio oltre l’1 per cento del Rnl e potenziamento del Parlamento con diritto d’iniziativa legislativa.
  • Allargamento condizionato a riforme, preparando un’Ue “più grande e forte” con focus su sicurezza e convergenza economica.

Rafforzando le strategie di autonomia inoltre è lecito prevedere che investimenti condivisi come Next Generation Eu estesi alla industria, al digitale ed alla difesa comune possano contribuire a rafforzare la coesione, contrastando dipendenze da Usa e Cina, mentre le cooperazioni rafforzate tra “volenterosi possano accelerare l’integrazione determinando la eliminazione del voto unanime.

In tale visione futura sarebbe auspicabile che si realizzassero riforme istituzionali prioritarie per rafforzare l’Ue.

Infatti, in breve ed in necessaria sintesi, additiamo che queste si concentrano prevalentemente sull’abolizione del veto all’unanimità nel Consiglio, sull’ampliamento dei poteri del Parlamento europeo e su molteplici adeguamenti per l’allargamento di quanto indicato nel rapporto Gozi approvato nel 2025.

Queste misure mirano a migliorare la capacità decisionale, la democrazia e l’efficienza in vista di future sfide globali.

Auspicando a breve una prossima agenda dell’attività da porre in essere ci auguriamo che quanto prima si pervenga:

1) Abolizione del Veto

Di conseguenza si segnala, almeno così parrebbe, che il passare ad una maggioranza qualificata in settori chiave come la politica estera, la difesa, l’allargamento ed il bilancio eliminerebbe i blocchi nazionali, come d’altronde auspicato anche da Ursula von der Leyen nel 2025. Infatti, ricorrere alle “Clausole passerella” ed alle cooperazioni rafforzate certamente finirebbe per accelerare questo processo senza la necessità che si modifichino i vigenti Trattati nell’immediato.

2) Potenziamento Parlamento

Infatti, si evidenzia che il conferimento al Parlamento europeo del diritto d’iniziativa legislativa sostanzialmente bilancerebbe, con iter semplificato, il potere della Commissione rafforzandone la legittimità democratica. Di converso l’aumentare delle competenze su materie sensibili (clima, migrazione, salute) richiederebbe revisioni dei Trattati ex art. 48 Tue.

  • Riforme per allargamento

Una possibile futura ipotesi di adattare le attuali istituzioni a una Unione Europea a 30 e + membri implica il riequilibrio tra Consiglio e Parlamento, bilancio oltre l’1 per cento del Rnl e semplificazione normativa. Il Parlamento ha attivato la procedura di revisione nel 2024-2025 per unire allargamento e riforme interne.

Venendo adesso ad una sintetica rilevazione nell’ambito geopolitico mondiale del reale ruolo in grado di incidere sulle attuali crisi belliche l’Unione Europea tende a privilegiare oggi un coordinamento tra eserciti nazionali rafforzato, anziché un esercito europeo unico, attraverso strumenti come Pesco e il piano “ReArm Europe” da 800 miliardi di euro per acquisti congiunti e interoperabilità. Questo approccio eviterebbe cessioni di sovranità, finendo per integrare forze nazionali con standard Nato, mentre un esercito unico europeo resta utopico per resistenze nazionali.

Coordinamento via Pesco

La Permanent Structured Cooperation (Pesco), con 26 Stati membri, sviluppa 66 progetti su capacità comuni, addestramento e interoperabilità, rafforzata dalla revisione 2024 per rispondere a minacce russe. Include manovre congiunte Eufor e fondi Edf da 1,5 miliardi (2025-2027) per colmare gap in anti-aerea, droni e cyber-difesa.

Piano ReArm Europe

In breve, interessante è l’ipotesi di Ursula von der Leyen che propone di liberare 650 miliardi nazionali (aumentando spesa all’1,5 per cento PIL) più 150 miliardi in prestiti europei per munizioni, missili e aiuti all’Ucraina, sospendendo regole di bilancio solo per difesa. Previsione anche per la capacità di Bei di ampliare i finanziamenti ai privati, valorizzando l’industria europea rispetto a quella Usa.

Verso maggiore integrazione

Attualmente le posizioni politiche prevalenti sembrerebbero interessare allo stato la Francia e la Germania che propongono cooperazioni tra “volenterosi” (Pesco4: FR, DE, IT, ES) per armi di precisione, mentre Ppe mira a un esercito europeo graduale con acquisti comuni intercambiabili.  Riforme prioritarie: maggioranza qualificata su difesa per accelerare senza unanimità.

In tale prospettiva, sia del voto all’unanimità sia del voto a maggioranza, si ha la necessità di migliorare l’azione legislativa dell’Unione europea.

L’Unione Europea, infatti, prevede ed auspica un passaggio dal voto all’unanimità alla maggioranza qualificata per migliorare l’azione legislativa, eliminando blocchi nazionali come quelli ungheresi su sanzioni e aiuti all’Ucraina. Ursula von der Leyen propende, come già detto, verso una simile riforma possibilmente di breve termine, agevolando prevalentemente la politica estera, la difesa e l’allargamento senza modificare i Trattati tramite le “clausole passerella”.

Ricordiamo che le “Clausole passerella” si ricollegano alla previsione normativa dell’articolo 48 Tue che consente al Consiglio europeo di autorizzare, con unanimità una tantum, il voto a maggioranza qualificata in settori sensibili come sanzioni o missioni civili, accelerando decisioni senza veti ricorrenti. Germania e Francia attualmente, infatti, promuovono “gruppi di amici” per testare questa via su politica estera comune.

Estensione a settori chiave

Inoltre, per coerenza, appare necessario che si applichi la maggioranza qualificata (55 per cento Stati, 65 per cento popolazione) su fisco, difesa e migrazione per sbloccare l’attuale paralisi, così bilanciando sovranità con efficienza, come già avvenuto per mercato interno e ambiente. Sono quindi da proporre cooperazioni rafforzate tra volenterosi per superare le resistenze, preparando riforme treaty-change per un Parlamento con iniziativa legislativa.

Vantaggi possibili

In effetti appare essenziale la riduzione delle tematiche improprie attinenti al voto unanime, necessitando invece dare risposte complete e tempestive a tematiche esistenziali. Infatti, ridurre l’ambito di applicazione del voto unanime aumenta di converso una reattività decisionale utile e necessaria per contenere e contrastare le attuali crisi (Ucraina, clima), e quindi rafforzare la “strategic autonomy”. Non vi è dubbio che un simile modo di procedere faciliterebbe anche l’allargamento a 30+ membri, con consenso informale del Consiglio europeo.

Aggiornato il 23 dicembre 2025 alle ore 11:33