Condomini terrorizzati dalla riforma filo Bruxelles

Si potrebbe scrivere una lettera aperta a Fratelli d’Italia, ma ai cittadini elettori è sufficiente il messaggio giunga ai deputati Gardini, Montaruli, Osnato, Amich, Caretta, Colombo, De Corato, Giordano, Iaia, Marchetto Aliprandi, Polo che hanno partorito la nuova “Riforma del condominio”. Riforma di cui gli italiani non sentono la necessita. Soprattutto non la sentono gli elettori che hanno votato centro-destra per scongiurare in Italia la predazione immobiliare da parte delle lobby finanziarie, le stesse che pagano cene pranzi e altro a certi assidui frequentatori di Bruxelles.

La proposta contenuta nel disegno di legge sui condomini presentata da FdI va in direzione esattamente opposta alle promesse fatta dal centro-destra agli operatori del settore (amministratori, Confedilizia, piccoli e medi proprietari). I proprietari di casa sono in Italia il 71,1 per cento: percentuale che da quasi trent’anni viene sottolineata come negativa in ambito europeo, e l’Italia è stata invitata più volte da Bruxelles (come da certi “grandi investitori”) a trovare deterrenti che portino il Belpaese nella media europea della proprietà privata, dissuadendo la gente dall’investire nel mattone: ovvero emulando Germania e Olanda, intorno (se non sotto) il 50 per cento.

Una riforma come quella presentata da Elisabetta Gardini (proponente e prima firmataria della proposta) sembra ispirata dai desiderata Ue messi in campo durante il governo di Mario Monti, che nel periodo tra il 16 novembre 2011 ed il 28 aprile 2013 ha letteralmente devastato l’economia italiana: soprattutto gettando incertezza sul mattone, leva economica che ha permesso la resilienza italiana durante ogni crisi finanziaria. La riforma condominiale va contro il consenso del popolo italiano, perché permette alle grandi società di gestione condominiale di far lievitare i costi delle amministrazioni: anzi questa riforma (senza alcuna malignità) sembra vada incontro alle lobby che vogliono mettere le mani sui condomini, nonché permettere venga concentrata in pochi studi la gestione del patrimonio immobiliare privato italiano; ne godrebbero i grandi studi commerciali e legali che hanno già al loro interno il laureato da inserire nell’albo del Mimit (Ministero delle Imprese e del made in Italy) ed il “revisore” dei conti che la riforma imporrebbe come obbligo.

Ecco che, la nomina e le attribuzioni di amministratore e revisore vengono per così dire scippate ai tranquilli condomini, per finire nei meandri dei “requisiti più stringenti per l’accesso alle professioni e di affidare al ministero delle Imprese e del Made in Italy il compito di verificarne il possesso” (scrivono i deputati): la proposta recita, secondo i firmatari, serve per archiviare definitivamente l’”anacronistica figura del condomino Amministratore”.

Ovviamente questa riforma imporrebbe il divieto dei pagamenti in contanti, dimenticando che nei periodi di grossa crisi tanta gente si fa aiutare col danaro liquido da amici e parenti per adempiere ai più svariati adempimenti: che ci siano amministrazioni umane aiuta non poco la gente, dialogare e agevolare il pagamento anche per contati permette che i piccoli contenziosi non finiscano in tribunale.

In città come Roma e Milano le spese condominiali sono aumentate in maniera rilevante anche a causa dei costi legali, entrati pian pianino nella maggior parte delle amministrazioni: i condomini senza gravami di cause sono ritenuti isole felici, perle rare. Cause spesso non dovute a debiti per mancato pagamento di rate condominiali o lavori comuni, ma frutto di compiacenze: ovvero le amministrazioni devono far lavorare avvocati, consulenti, imprese. I costi dei condomini lievitano perché ci sono cause interne, letteralmente create ad arte: contenziosi che un tempo si risolvevano nelle riunioni di condominio e che oggi invece intasano i tribunali.

Un caso emblematico capitava in un condominio di un quartiere centrale di Roma, dove la scala A faceva causa alla scala B, la prima accusava la seconda di non avere l’ascensore a norma europea: il contenzioso finiva in tribunale, l’amministratore accusava il suo predecessore (anzi i suoi predecessori); piccolo particolare è che il palazzo è di fine ‘800, e la causa è costata milioni di lire e poi migliaia di euro ai condomini senza risolvere nulla, anzi portando al sequestro delle ascensori, a perizie e folli costi condominiali. Il tutto è accaduto in un condominio con amministratore iscritto all’Albo e con ufficio nello studio del legale che per decenni ha incamerato parcelle dai condomini in litigio. Certi grandi studi non è escluso già si stessero silenziosamente leccando i baffi, ed alla sola lettura della riforma che prevede la “nomina di un revisore condominiale certificato, terzo e indipendente, che verifichi la contabilità del condominio, certifichi il rendiconto condominiale redatto dall’amministratore”: e se non provvede il condominio, la nomina viene fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno dei condomini (recita il disegno di legge).

Quindi è motivato l’allarme degli amministratori, che prevedono oneri in più (non solo economici) per tutti i condomini. È stata l’Associazione nazional-europea amministratori d’immobili a lanciare l’allarme: hanno dimostrato, conti alla mano, come la “riforma non farebbe che rendere ancora più onerosa l’attività, senza fornire soluzioni realistiche ai problemi di gestione degli edifici”. “Inserire nella gestione delle parti comuni e del bilancio addirittura una seconda professionalità − spiega Giuseppe Bica (presidente dell’associazione degli Amministratori) − significa aumentare le spese per i nostri condòmini, in un quadro economico che, secondo inostri dati, ha visto aumentare la morosità di almeno il 20 per cento. Lo stesso obbligo di revisione dei bilanci rappresenta un costo pesantissimo, che sarà scaricato sui cittadini e sui professionisti”.   

I condomini sono oggi già nel mirino delle multinazionali telefoniche, energetiche, finanziarie… e da qualche anno le grandi società sarebbero già pronte ad inviare lettere con presunte pretese ai tantissimi proprietari di casa: non è un mistero sia stata fermata in tempo la legge sui pignoramenti senza decreto ingiuntivo firmato dal giudice (anch’essa fatta dal centro-destra).

Va rammentato che nella sola Roma ci sono più avvocati che in tutta la Francia, e l’Italia conta più avvocati di tutta l’Europa. Più d’una decina d’anni fa la maggior parte degli studi legali sopravvivevano con l’infortunistica stradale, ma le grandi compagnie d’assicurazione hanno detto basta, anche grazie al controllo informatico dei veicoli (satellitari, gps, scatole nere, telecamere). Guadagnare sugli incidenti stradali è diventata cosa difficile, e nessun perito o falso testimone si mette più a servizio dell’azzeccagarbugli. Così la maggior parte degli avvocati che dovevano sbarcare il lunario s’è man mano spostata sui condomini che, grazie alla precedente riforma hanno già permesso alle amministrazioni più spregiudicate di far lievitare le spese legali per cause interne al condominio. La gente fugge dalle spese legali, tenta di vendere casa per le troppe cause: ma i notai chiedono all’atto del rogito che venga presentata una dichiarazione condominiale che acclari non sussistano pendenze legali, e pochi condomini sono immacolati.

Il piatto piange, a Roma gli studi legali più aggressivi mandano in giro coppie di praticanti per i condomini. “Din Don!” suona il campanello. “Chi siete, i Testimoni di Geova?”. “No − ribattono i ragazzotti ingenui − ci manda lo studio legale Tal dei Tali. Ci può dire se nel condominio ci sono problemi legali come cause? Ci può fornire il recapito dell’amministratore?”. Nella maggior parte dei casi vengono mandati via con le buone, ma il risultato non cambia; ovvero c’è uno studio legale che vuole soffiare il condominio ad altri colleghi. Ovviamente i grandi studi sono naturalmente collegati alle grandi amministrazioni: questo pizzo ai cittadini purtroppo tocca pagarlo. Perché il pignoramento è immediato (automatico) per mancato pagamento delle spese legali condominiali. Ma sarebbe davvero un dramma per gli italiani se passassero sia le procedure di pignoramento veloce (anche per debiti di modesta entità) che la nuova riforma dei condomini. Gli esperti già dicono che verranno fatti rinascere debiti sotto i cinquecento euro per vecchie bollette, multe, balzelli e utenze varie: probabilmente la gente sa d’aver già pagato, ma nel marasma di casa non riuscirà a trovare traccia dell’avvenuto pagamento, ergo o pagherà nuovamente o si vedrà pignorare i beni.

È noto l’obiettivo richiesto dai grandi gruppi sia che venga scardinato il limite della prima casa: attualmente il pignoramento della prima casa è vietato all’Agente della Riscossione se il debito è inferiore a 120.000euro. È stato calcolato che, qualora abolito il limite, più del cinquanta per cento delle proprietà immobiliari verrebbe rapidamente pignorato. E la “riforma del condominio” che è stata azzardata da alcuni deputati di FdI va nella direzione di rendere più precaria e incerta la proprietà immobiliare. Gravando di ulteriori costi le già tanto impoverite famiglie italiane.

Aggiornato il 19 dicembre 2025 alle ore 13:34