In una vera democrazia liberale nessun potere dovrebbe essere esercitato senza rappresentanza politica e a maggior ragione senza alcuna responsabilità. Non esiste incarico in qualsiasi organo dello Stato o delle cosiddette autorità indipendenti nel quale non è coinvolto il decisore politico siano essi: la presidenza della Repubblica, la presidenza del consiglio dei Ministri o il Parlamento. Le scelte di chi nominare o eleggere sono quindi sempre influenzate dalle appartenenze politiche. La cosiddetta indipendenza è solo formale. La sostanza è che ogni scelta di nomina o di elezione, ove richiesta, è sempre subordinata al profilo politico del potenziale incaricato che deve essere almeno di area e in alcuni non rari casi di appartenenza politica. Per questa ragione le decisioni prese dalle cosiddette autorità indipendenti sono suscettibili di critiche da parte delle opposizioni; è una realtà il detto popolare che le norme “si applicano per i nemici e si interpretano per gli amici”.
È per mera ipocrisia istituzionale che il presidente della Repubblica una volta eletto diventa super partes. Per la nostra costituzione (articolo 72) la prima carica dello Stato “non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni tranne nei casi di alto tradimento o attentato alla costituzione”. Mentre tutti sanno che la provenienza politica determinerà o quantomeno influenzerà, per tutta la durata del mandato, le sue scelte. È per questa ragione che le sinistre sono preoccupate del fatto che se il centrodestra dovesse vincere le prossime elezioni politiche, il futuro nuovo capo dello Stato, il mandato del presidente Sergio Mattarella scade a fine gennaio del 2029, potrebbe diventare un esponente politico di centrodestra. La storia recente ci insegna che capi di Stato come Oscar Luigi Scalfaro e Giorgio Napolitano hanno operato sotto traccia per far cadere governi democraticamente eletti presieduti da Silvio Berlusconi contando sul fatto che i parlamentari, per non perdere il prezioso e remunerativo scranno, avrebbero votato per qualsiasi governo, ufficialmente tecnico, in realtà etero diretto dal colle più alto.
Non credo né alla assoluta imparzialità dell’attuale inquilino del Quirinale né tantomeno in quella delle “autorità indipendenti”. Non possono quindi essere esenti da parzialità la corte costituzionale, i cui componenti sono nominati: per un terzo dal presidente della Repubblica, per un terzo in seduta comune dal Parlamento e per un terzo dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative. Lo stesso vale per il Consiglio superiore della magistratura anch’esso è nominato per un terzo dal capo dello Stato, per un terzo dal Parlamento e per un terzo dalle correnti della magistratura.
Ogni nomina è una scelta di preferenza politica; l’eventuale curriculum professionale del candidato è un elemento meramente complementare al sentire politico. È per le motivazioni su indicate che avremmo voluto la riforma che doveva prevedere l’elezione diretta del capo dello Stato con poteri esecutivi e con relative responsabilità. Ci accontentiamo, nostro malgrado, della riforma che prevede l’elezione diretta del premier da parte degli elettori. Primo ministro, che diventerà realmente la massima espressione del potere politico per la durata del mandato popolare. La possibilità di scelta dell’elettorato passivo del premier potrebbe contribuire a ridurre il numero di chi diserta le urne. Nessun potere senza rappresentanza e responsabilità politica del proprio operato di fronte ai cittadini!
Aggiornato il 03 dicembre 2025 alle ore 10:09
