#Albait. Usa e Russia insieme contro la Cina?

Nella telenovela intitolata “nuovo disordine mondiale”, Usa e Russia sono partner stretti. A Gaza, in Nigeria, Venezuela e Ucraina c’è sempre lo zampone russo. Eppure gli Usa trattano Putin da amico. Le chiacchiere tra Witkoff e Ushakov sono commentate da Trump senza sdegno: Witkoff deve vendere l’Ucraina alla Russia. È il suo mestiere, dice il Presidente Usa.

Ma perché Vance, Witkoff e perfino Trump sono convinti che gli ucraini debbano sottomettersi ai desideri di Putin?

La risposta è che non entrano nel merito. Non sono interessati.

Trump di quella guerra intuisce solo che potrebbe gestire le risorse naturali russe, più di quelle ucraine, attraverso joint venture tecnologiche. Non tiene conto che il quasi silenzioso Xi Jin Ping domina già la scena, da Mosca a Vladivostok.

In questo ritardo di comprensione si inserisce il tentativo di dare una spallata politica alla volontà degli ucraini di combattere. La proposta di “pace russa” proposta dal negoziatore americano Witkoff, è arrivata dopo un bombardamento mediatico sulla corruzione ucraina. L’obiettivo dell’attacco disinformativo era silurare Andriy Yermak, collaboratore di Zelensky e a capo delle trattative internazionali. La prova che fosse un’azione di guerra asimmetrica è che Yermak non è accusato di nulla in concreto, solo di una responsabilità generica sulle politiche ucraine.

Il mondo ha così capito che per dimostrare l’amicizia a Putin gli Usa sono pronti a “vendere” Kyiv. L’affare è saltato. Europei e Zelensky hanno asciugato i ventotto punti a soli diciannove e ribadito che la sovranità nazionale ucraina non può essere in discussione.

Gli statunitensi, come i russi, non capiscono perché gli ucraini non si pieghino. Non capiscono che gli ucraini lottano per l’esistenza. Sono i danni delle analisi alla “geopolitica”, cioè la non scienza che indaga le leve pseudo-oggettive dei conflitti, senza però considerare le motivazioni umane. Roba da Caraccioli, Orsini, Basile, Di Battista, Mini e minions. Ma pure da Maga.

Nello schema Maga la democrazia è sopravvalutata. Le persone non contano quanto le bombe nucleari e le ricchezze naturali russe. Poi c’è l’ineluttabilità razzista: i russi sono alleati “naturali” degli Usa perché “bianchi” e suprematisti. L’idea è che la Russia possa schierarsi contro Pechino. Ma ormai è impossibile. Dopo quattro anni di guerra in Ucraina le direttrici nella Russia orientale sono già cinesizzate.

Come gli Usa potrebbero combattere la Cina, poi?

La prima offensiva dei dazi Usa anticinese si è dissolta. L’interdipendenza tra Cina e Usa rende impossibile azioni forti. Un confronto aperto con la Cina bloccherebbe l’industria e l’agricoltura americane e viceversa. Ed è stallo.

E quindi è lecito domandarsi: gli Usa si scontreranno davvero a tutto campo con Pechino?

Forse sentono questa esigenza, ma sul piano pratico e politico non accadrà.

Nel Pacifico, Trump ha bistrattato, canadesi e messicani e messo alle corde Giappone e persino le Filippine e Taiwan hanno ricevuto il conto salato della nuova postura di Washington. Le conseguenze strategiche sono state nulle. In compenso, è avanzata l’idea che gli Usa si ritirano da tutti i teatri di operazione. Il dossier cinese è solo virtuale.

Per gli stessi motivi si è ridotta l’influenza anche nel continente americano: gli Usa non seguono più né le intenzioni di regolazione del mondo di Wilson, vero promotore della Società delle Nazioni, né le traiettorie da America agli americani della dottrina Monroe. Trump ha devastato i rapporti con tutti gli alleati. E collabora con i russi. Trump usa la supremazia tecnica e militare attuali con progetti confusi. Applicare l’idea del business senza altre ricadute è ingenuo e pericoloso.

A Putin la politica della forza va bene, considerata la sua disinvoltura terroristica. A Trump di questa strategia potrebbe restare solo il progetto di un’alleanza suprematista bianca per il dominio dell’Artico. Ma anche qui, se i cinesi sostengono sulle loro spalle l’esistenza russa, gravemente azzoppata dalla scommessa ucraina, non è pensabile che lascino mani libere a nessuno sull’Artico. Di nuovo, la situazione suggerisce lo stallo.

Per noi italiani questo scenario è un incubo.

Siamo troppo esposti e deboli, rispetto a queste dinamiche. Viviamo di mercato, esportazioni, importazioni, ciabatte, case calde e assistenza sanitaria. Per noi, un mondo che non definisca più i rapporti reciproci sul piano giuridico, ma solo con le armi è un mondo senza speranze.

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha già spiegato che gli attacchi contro di noi sono già cominciati e che il nemico è la Russia.

La reazione della Lega non è sovranista. La loro difesa della pantofola italiana prevede il tradimento.

Inutile edulcorare la pillola: Lega, Alleanza verdi Sinistra, Cinque Stelle e persino i giovani del Pd oggi sono asserviti all’interesse russo. Non sappiamo se finanziati dai diamanti e dagli idrocarburi, o dal sostegno delle mafie dei traffici di migranti, di armi e droga o solo preda della disinformazione e propaganda russe.

Le ricette anti europee e anti italiane dei poco pacifisti di destra e sinistra sono carburante sul fuoco delle guerre contemporanee basate sul terrorismo sistematico. Occorre reagire con un sovranismo vero, indipendentista forte: il sovranismo europeo.

Occorre ricostruire un mondo collaborativo, altro che multipolare. La teoria dei poli nel mondo di oggi è una teoria dello scontro armato. Tutto il contrario di quel che vogliamo.

Per parte nostra ne discuteremo a Casa Europa, iniziativa che si terrà a Roma il 29 e 30 novembre, promossa da Europa Radicale, l’Europeista, Comitato Ventotene, Avanguardia e il sostegno, piccolo e sentito di alcune associazioni, tra le quali il mio Mec. L’obiettivo è rilanciare con forza l’idea di Europa sovrana. Molti sono convinti che i popoli europei non credono più all’Europa.

Non è vero. Siamo stanchi di un’Europa non Stato. Non la capiamo così com’è. Il sovranismo europeo è invece chiaro. Bisogna proporlo con forza e convinzione. Perché il mondo e ognuno di noi, da Roma, alla Groenlandia,  Londra, Parigi, Berlino, Lisbona, Varsavia, Kyiv, Tblisi, e persino Istanbul Gaza e Tel Aviv , fino a Rabat, ne ha bisogno.

Aggiornato il 28 novembre 2025 alle ore 11:48