Abbiamo un problema. La nostra Costituzione stabilisce che la volontà del popolo è sovrana. Vale a dire che ciò che gli italiani vogliono e dimostrano di volere in base alle regole scritte del sistema elettorale prescelto è “sovrano”, cioè preminente, viene avanti tutto. Gli italiani, cioè la volontà della maggioranza degli italiani in base al sistema elettorale dato, regnano sovrani. Come la mettiamo però con le cariche istituzionali più alte che la Costituzione non sottopone al voto elettorale degli italiani e che, senza quello (cioè senza legittimazione popolare), esternano e fanno politica dentro e fuori il nostro Paese, apparendo e sembrando – a causa delle cariche istituzionali che ricoprono – essi portavoce dell’intero popolo italiano? Prendiamo il caso del Quirinale. L’attuale presidente della Repubblica, non si può non vedere ed accorgersene, fa politica. Fa cioè la sua personale politica, quella in cui verosimilmente crede e sente a se consustanziale. Solo l’altro giorno esprimeva il suo pensiero politico pubblicamente, faceva politica per l’Italia e in suo nome, come fosse stato a essa legittimato dagli elettori italiani.
Ma così non è. La Costituzione italiana affida alla Presidenza della Repubblica un mero ruolo che è sì istituzionale ma più di rappresentanza, più rappresentativo, e affatto politico. Insomma, detto in parole povere il capo dello Stato non è politico ma istituzionale. Infatti, non è eletto dal popolo italiano ma sulla base di forze non ricollegabili né risalenti ad esso. Nel suo ruolo eminentemente rappresentativo, è presente in posizione apicale nel Consiglio superiore della magistratura, non per fare politica dirigendo le toghe della nostra Repubblica ma con un ruolo e compiti di pura garanzia e tutela della funzione dei giudici. Non di coordinamento tantomeno di direzione. Al contrario, è piuttosto difficile oggi non immaginare un coinvolgimento piuttosto presente e pressante del nostro attuale capo del Quirinale, in molti affari politici della nostra Repubblica, giudici inclusi.
Se ad esempio il presidente della Repubblica “impazzisce” e facciamo un caso a caso, con le sue parole pronunciate in pubblico – per l’Italia e per l’estero – dichiarasse “guerra” o ostilità conflittuale contro altro Paese del globo terraqueo, quale valenza potrebbe avere tale fuoriuscita dai suoi compiti e prerogative, competenze ad esso/a affidati? In quale rapporto e quali effetti può – potrebbe – avere per il nostro Paese e per l’Italia all’estero e nel mondo? Per chi “parla” cioè? A nome di chi? Chi gli ha dato la propria legittimazione elettorale a parlare e a esprimersi per sé? Insomma, a chi risponde un presidente della Repubblica che esprima, fuori dal proprio ruolo di omologazione, i suoi personali pareri politici? Quali effetti per il nostro Paese? Nella Costituzione italiana la figura e in generale le cariche istituzionali sono ben regolate. Piuttosto dettagliatamente anche.
Ad esempio la durata della carica istituzionale del presidente della Repubblica è di sette anni non di più. Non è stabilita né prevista alcuna possibilità di proroga. Eppure, fuori dalla regola costituzionale, il presidente precedente Giorgio Napolitano, come l’attuale, hanno prolungato il proprio sforzo istituzionale, non previsto tuttavia dalla Costituzione italiana, violandola. Quindi in Italia c’è un problema. Abbiamo un problema. Problema che può sembrare ultroneo o persino ininfluente e superfluo ma che differentemente fa discendere, essendone la causa, una serie infinita di problemi reali ed effettivi per gli italiani tutti. Problemi cioè non solo confinabili al rispetto della costituzione italiana ma sostanziali riguardanti la vita politica del nostro Paese, di noi tutti.
Aggiornato il 25 novembre 2025 alle ore 15:49
