L’ultima puntata di una saga che non sarebbe mai dovuta iniziare è andata in onda su La7, nel corso della trasmissione DiMartedì, durante la quale Nicola Gratteri (procuratore di Napoli) pur di portare acqua al proprio mulino, ha citato Giovanni Falcone per sostenere il “No” alla separazione delle carriere dei magistrati prevista dalla riforma costituzionale della giustizia su cui la prossima primavera ci sarà un referendum confermativo. Peccato che lo abbia fatto leggendo un’intervista falsa.
Al di là del fatto che Giovanni Falcone era assolutamente favorevole alla separazione delle carriere, come dimostrano le sue vere interviste, e pur considerando che ognuno ha diritto ad avere la propria opinione, ci sono risvolti inquietanti che questo singolo episodio mette in luce.
Il primo riguarda la salute del nostro sistema informativo. Possibile che una rete, seppur privata, di tale rilevanza nazionale mandi in onda informazioni false? Ed è bene specificare che l’intervista mandata in onda è stata definita falsa dalla maggior parte delle testate, incluse La Stampa e Repubblica.
Il secondo è attinente alle figure che dovrebbero vigilare sull’applicazione delle leggi e dirigere le indagini penali. In questo caso − che sia per ignoranza, mancata verifica delle fonti, superficialità o malafede −, a rimetterci non è il singolo individuo, ma l’intera categoria a cui appartiene. Per apparire seria e degna del proprio ruolo, dovrebbe immediatamente discostarsi da quanto successo.
Il terzo riguarda la strumentalizzazione di persone ormai defunte. Una gravissima offesa alla memoria di una persona, come Giovanni Falcone, che rappresenta un simbolo di trasparenza e legalità. E la stessa penosa sorte è toccata a Borsellino.
Come riporta il Giornale, ci sono stati giornalisti, testate e persino Rai3 che hanno diffuso falsità pur di sostenere che la separazione delle carriere metterebbe in pericolo l’indipendenza della magistratura.
Ora, tutti questi episodi non fanno altro che danneggiare l’immagine stessa non solo della magistratura ma della giustizia stessa. Oltre a confermare la morte dell’informazione.
Se un magistrato è disposto a mentire a tal punto, non sta tradendo il proprio ruolo e la fiducia di tutti i cittadini? E non dimostra quanto invece sia necessario sostenere il “Sì” alla riforma?
Sarebbe auspicabile, in una democrazia reale, riuscire a dibattere le proprie idee senza bisogno di minare ulteriormente la credibilità di una categoria che appare sempre più arroccata in posizioni indifendibili per colpa di quei pochi personaggi che ricorrono a menzogne certificate. Ma questo richiederebbe un’onestà intellettuale che taluni personaggi non riescono proprio a concepire.
Per fortuna, non sono la maggioranza. Anche a sinistra ce chi ha deciso di ribellarsi al diktat comunicativo che vorrebbe riscrivere la storia pur di non far intestare ad un governo di centrodestra una riforma che viene invocata in maniera bipartisan da più di trent’anni.
Perché la questione della giustizia non è una questione partitica. È una questione che appartiene a tutti e i cittadini si sono ampiamente stufati di essere presi in giro.
Di seguito le dichiarazioni di Gratteri e l’audio di Falcone riportato dalla Fondazione Luigi Einaudi
Aggiornato il 12 novembre 2025 alle ore 13:42
