
La tregua (pace, mai) in Medio Oriente si tinge dei colori svedesi. Il mondo delle anime belle, sotto sotto, sta già attribuendo infiniti meriti a Greta Thunberg, ragazza ridicola che ancora chiamano bambina per sottolinearne la purezza. È lei l’eroina che ha lasciato la sua patria ricca e ikeosa per un’avventura in cui avrebbe rischiato sicuri maltrattamenti e forse la vita. L’intoccabile prezzemolina non è servita affatto alla causa, ma solo a mettere in leggero imbarazzo quelli che lei contesta. Perché un occhio di bue è sempre puntato sul suo nulla esistenziale, e il faro è così potente che il mondo intero è costretto a guardare. Intorno a lei c’è una squadra infaticabile che crea sequenze programmate di eventi fantastici, e la superficialità del copione che le scrivono la allontana da qualsiasi valore vero a favore di patacche vendute a flottiglisti e dintorni. Greta è una campionessa di prevedibilità, potrebbe essere anche una figura virtuale, sebbene l’Intelligenza artificiale abbia superato da decenni i livelli rasoterra delle sue performance.
Molti ricorderanno la traversata atlantica da Plymouth a New York a vela, sullo yacht Malizia 2, nocchiero e armatore Pierre Casiraghi da Montecarlo, non uno qualunque. Tutti ammirati da questa ragazzina, due settimane in balia delle onde oceaniche per raggiungere un summit sul clima, ma il sipario è calato prima del viaggio di ritorno: su quale mezzo sarebbe tornata in Europa? Non importa saperlo. Quando si reca negli Stati Uniti e in Canada e si muove con una Tesla che le ha messo a disposizione Arnold Schwarzenegger, ma nessuno si chiede se le batterie di questa freccia siano caricate unicamente dal dio sole, e tutta questa commedia fa pensare a qualcosa di stantio, sulla testa degli ambientalisti veri.
Greta è ovunque, e questa ubiquità costringe i suoi burattinai a glissare acrobaticamente sugli aerei che lei deve usare. E nel caso in cui la si scoprisse frequent flyer c’è forse una riserva: chi consulta, ad esempio, Skyscanner scoprirà che esistono voli alternativi a quelli che sceglieremmo sulla base di costi e orari. Sono generalmente più cari, ci faranno arrivare a destinazione in ore talvolta più scomode, ma emettono il quattro, il sette, addirittura l’11 per cento di CO2 in meno: il Greta Team li prenoterà sistematicamente, non si sa mai.
E in omaggio al purché parlino, persino Donald Trump si è scomodato attribuendole problemi psichici e, dunque, suscitando indignazioni che fanno impennare le azioni della ragazza svedese. Qualcuno sospetterà che il biondo sia indispettito per non avere ricevuto il Nobel per la pace e voglia evitare che in futuro lo possa ottenere questo prodotto di ingegneria umana, programmato per rimanere eternamente bambina. Forse, per impedirle di assumere imbarazzanti forme adulte, la ridurranno a icona 3D, la muoveranno con un software e un joystick fatto di foglie autunnali, la faranno parlare con un autotune intriso di cinguettii. Le hanno timidamente attribuito un fidanzatino, che trasformeranno in una specie di lupetto doppiato con la voce di Bubu (Yogi è troppo adulto) e avrà copioni ridottissimi.
Sarà sempre troppo tardi quando si capirà che natura non è né di destra né di sinistra, ma di chi la rispetta veramente, e in silenzio, senza clamori mediatici, più inquinanti di un’automobile anteguerra: chi la ama veramente sa quello che deve e soprattutto quello che non deve fare. E non ha bisogno di teatrini di cui, in silenzio, si vergogna persino chi li organizza.
Aggiornato il 14 ottobre 2025 alle ore 10:29