
Nell’anniversario del massacro del 7 ottobre 2023, quando Hamas attaccò i kibbutzim nei dintorni della Striscia di Gaza uccidendo, bruciando, violentando e rapendo quegli ostaggi che ancora aspettando di essere rilasciati (forse una ventina oggi ancora vivi) vogliamo riportare dei fatti, di chi continua a definire le azioni di questo gruppo terroristico come “combattenti della Resistenza”.
Partendo dal presupposto che ognuno sia libero di pensarla come vuole rispettando tutte le posizioni (sì, qui a L’Opinione delle Libertà è ancora possibile rispettare le opinioni di chi non la pensa come noi), diventa difficile non confutare alcune delle dichiarazioni e delle “azioni” venute alla luce grazie alle due denunce effettuate da Un Watch – organizzazione con sede in Svizzera la cui missione dichiarata è monitorare le prestazioni delle Nazioni Unite – nei confronti della signora Francesca Albanese.
Oltre ad essere assurta agli onori della cronaca per gli svariati premi che le vengono assegnati con tanto di cittadinanze onorarie, durante i quali si permette di redarguire pubblicamente il sindaco che ha osato augurarsi il rilascio degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas, oltre ad avere un tempismo che ha dell’incredibile nel fuggire dallo studio di Luca Telese nel momento esatto in cui Francesco Giubilei nomina la senatrice a vita Liliana Segre, oltre ad essere ripresa dal direttore del Tg La 7 Enrico Mentana, la signora Francesca Albanese dal primo maggio 2022 è Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina con un mandato di tre anni, rinnovato da poco. Ed è qui che si blocca – per ora – la doppia denuncia presentata non solo da Un Watch ma anche da cinque governi, Stati Uniti, Israele, Argentina, Paesi Bassi e Ungheria, che si sono opposti pubblicamente al suo rinnovo insieme a numerosi legislatori di diverse giurisdizioni.
Senza entrare nel merito di quello Un Watch definisce come “un insabbiamento da parte dell’Onu” dopo le prove da loro fornite sulle irregolarità commesse da Albanese, tra cui l’accettazione di finanziamenti da gruppi di pressione filo-Hamas e gravi violazioni del Codice di condotta (cioè affermazioni palesemente antisemite), ci vogliamo soffermare su quelle realtà con le quali la signora Albanese si è intrattenuta durante il suo viaggio in Australia e poi in Nuova Zelanda nel 2023, per dare al lettore la possibilità di farsi una propria idea su quali fossero le finalità del viaggio stesso, in un Paese che non ha alcun legame con il mandato specifico della signora e che non ha portato alcuna indagine da parte sua.
Afopa, Australian Friends of Palestine Association è un’organizzazione senza scopo di lucro con sede ad Adelaide, fondata nel 2004, che promuove la giustizia per i palestinesi sulla base del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Lo scopo di Afopa è sostenere le aspirazioni dei palestinesi alla giustizia, all’uguaglianza e ai diritti umani. Aspirazioni talmente alte da definire “incredibilmente commovente” l’uccisione del leader terrorista di Hamas Yahya Sinwar, eliminato da Israele nell’ottobre 2024. Il gruppo sollecita esplicitamente donazioni per finanziare la propria attività di lobbying, citando tra le iniziative la conferenza di Edward Said e il Press Club, entrambi realizzati da Francesca Albanese durante la sua visita in Australia “sponsorizzata” dall’Afopa. Albanese ha ringraziato l’Afopa per aver “organizzato una visita così intensa”, che includeva i suoi incontri con politici filopalestinesi nel New South Wales e nell’Australia Meridionale, e a Canberra con politici del Partito dei Verdi australiano e funzionari del ministero degli Esteri.È da notare che Albanese non ha ringraziato nessun organismo o ufficio delle Nazioni Unite per aver organizzato il suo viaggio o i suoi incontri.
Free Palestine Melbourne, fondata nel 2020 a Melbourne, in Australia, è un’organizzazione comunitaria dedicata a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla lotta centenaria del popolo palestinese per la libertà. Ha definito il massacro di 1200 israeliani compiuto da Hamas il 7 ottobre: “Un momento di svolta non solo per i palestinesi di Gaza, ma per l’intera regione, se non per il mondo intero!”. La stessa ha dichiarato di “aver sostenuto la sua visita” della signora Albanese a Victoria, nel Territorio della Capitale Australiana e nel Nuovo Galles del Sud. Free Palestine Melbourne descrive apertamente come eserciti pressioni sui politici, organizzi proteste e promuova la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
L’Australian Palestinian Advocacy Network (Apan), è stata fondata nel maggio 2011 per dare voce alle migliaia di australiani preoccupati per le continue violazioni dei diritti umani da parte di Israele contro i palestinesi e per i continui effetti di espropriazioni e sfollamenti. Il presidente di Apan è Nasser Mashni, rapitore condannato e sostenitore di Hamas, che ha dichiarato di essere “onorato di sostenere la visita” in Australia di Albanese. L’Apan afferma esplicitamente di impegnarsi in attività di “lobbying” a favore dei palestinesi. Infatti, durante la visita dell’Albanese, ha facilitato “una serie di incontri” per la relatrice “sia con i parlamentari che con la società civile”. L’8 ottobre 2023, l’Apan ha affermato che il massacro è stato “un chiaro risultato dell’escalation israeliana”, sostenendo che i palestinesi hanno “sfondato le mura” della “più grande prigione a cielo aperto del mondo”. Il presidente dell’Apan Nasser Mashni ha twittato: “Il 7 ottobre Israele ha ucciso più israeliani di Hamas!”.
La visita di Albanese in Nuova Zelanda il 20-21 novembre del 2023 non è stata organizzata all’Onu, ma dal Comitato di coordinamento palestinese in Aotearoa (Pacc) e dalla Rete di solidarietà con la Palestina in Aotearoa (Psna). Il 7 ottobre 2023, mentre era in corso il massacro, il Psna ha dichiarato: “Gli attacchi di Hamas sono comprensibili”. Il giorno successivo hanno rincarato la dose, sostenendo che gli assassini di Hamas “dovrebbero essere descritti come combattenti della resistenza”. La stessa affermazione utilizzata da Francesca Albanese in altri contesti.
Continuando a sostenere non solo la libertà di espressione ma anche il rispetto del ruolo della signora Albanese che ricopre per le Nazioni Unite, non può non venire in mente – alla luce di questi stretti rapporti accuratamente coltivati durante i viaggi della signora – un vecchio detto prettamente romano: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”.
Aggiornato il 07 ottobre 2025 alle ore 13:24