
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. La citazione dal Vangelo secondo Giovanni ispira incisivamente il messaggio di Assisi di sabato 4 novembre, festa nazionale di San Francesco Patrono d’Italia. La terra è sconvolta da 56 conflitti, il numero più alto dalla Seconda Guerra mondiale, si cerca febbrilmente una soluzione al dramma israelo-palestinese senza dimenticare le asperità russo-ucraine, i frati e i superiori del Sacro Convento hanno scelto di collegare il richiamo pacifista francescano al supremo concetto evangelico. Perché la frase pronunciata da Gesù ai suoi discepoli indica il dono di una pace interiore, che differisce da quella offerta dal mondo, una pace che sia elettivamente fiducia spirituale.
Su questo solco eterno e mai antico, quest’anno è giunta nella cittadina umbra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che insieme con il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ha presenziato alle celebrazioni che cadono nella ricorrenza degli 800 anni dalla morte del Santo. “Sono venuta più volte ad Assisi, ma è la mia prima partecipazione a una festa così identitaria e radicata nelle tradizione italiana”, ha dichiarato la premier, giunta in elicottero, atterrata al Serafico e che ha guadagnato con slancio la celebre spianata della Basilica Superiore affollata di cittadini e pellegrini da tutto il mondo. Tanti affacciati alle finestre come ai tempi delle processioni trecentesche sotto un cielo dalle tinte di Giotto e in un balcone è comparso un lenzuolo con la scritta a grandi caratteri “Grazie Giorgia”. Un “grazie” non solo politico, un “grazie istituzionale”, perché il governo guidato dalla premier e da Fratelli d’Italia, dopo 10 anni, ha voluto restituire il 4 ottobre a festa nazionale. Come ha spiegato Meloni nel suo intervento al termine della solenne liturgia, tutto in diretta su Rai 1: “Lo scorso anno un poeta libero come Davide Rondoni aveva invitato i governanti a riflettere sulla figura di San Francesco e il suo appello non è caduto nel vuoto. Restituire il Patrono d’Italia alla sua dimensione pubblica è stata una scelta identitaria e un atto d’amore per il popolo italiano”.
Le polemiche non sono mancate. Qualche voce di dissenso si è alzata, qualche fischio in lontananza, ma Giorgia ha dimostrato di nutrire i valori che ha elencato e alle contestazioni ha replicato prontamente: “Ricordo che San Francesco insegnava il rispetto degli altri, il rispetto nell’ascolto”, ha stigmatizzato e dalla piazza è partito un ampio applauso. Ad attenderla tutte le autorità schierate. La liturgia è stata presieduta da monsignor Camillo Cibotti, vescovo di Isernia-Venafro e Trivento e presidente della Conferenza episcopale Abruzzo-Molise, con il cardinale Ángel Fernández Artime, legato pontificio per le Basiliche papali di Assisi, il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, oltre ai ministri generali e provinciali delle Famiglie francescane. Quindi i vertici istituzionali locali, in prima linea la presidente della Regione Umbria Stefania Proietti e il sindaco di Assisi Valter Stoppini. Presenti quest’anno anche il sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi, il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio e ben 76 sindaci con la fascia, perché l’Abruzzo è stato designato ad offrire l’olio che terrà accesa la lampada votiva ardente davanti alla tomba del Patrono. Un scelta anche di legame, che unisce le due cittadine ai destini avversi del terremoto. E cioè, quando la natura è più forte dell’uomo, quella natura che di fatti Francesco invocava come “sorella”.
Qui si inserisce il messaggio atemporale, davanti alla folla di Assisi e di abruzzesi, davanti ad autorità e cittadini, davanti a Giorgia presidente e ai fratelli di Francesco, nella spianata ricca di sole e di fedeli, a 800 anni dall’esaltazione del Cantico delle Creature. Quel “Laudato sie”, come ha ricordato la Meloni, che aprì alla letteratura italiana di Dante, Petrarca e dei sommi, a cui il Sacro Convento ha dedicato una mostra degli antichissimi testi della biblioteca. La presidente del Consiglio ha enunciato l’attività del Governo nell’ambito delle prossime celebrazioni: “Sosterremo il progetto di digitalizzazione dei manoscritti francescani, sarà intitolato a San Francesco il nuovo ponte dell’Industria di Roma e numerose saranno le attività all’estero che coinvolgeranno giovani e istituti di cultura per far conoscere ancora di più l’uomo che si fece povero, che si fece piccolo, che donò tutto di sé per ricevere il tutto divino”.
Il San Francesco di Giorgia Meloni ha toni etici e ideali: “Uomo d’azione, rapido se non addirittura precipitoso, esigente, colui che non amava né le mezze verità né i sotterfugi, estremo ma non estremista, il primo a solcare le distanze disarmato per dialogare col Sultano. Francesco di Assisi l’ideatore di quel concetto di pace fondato sul confronto, che ha stimolato i potenti a non misurarsi solo col consenso e che ci ha insegnato che la pace non si materializza quando la si invoca, ma quando la si costruisce, mattone dopo mattone, fondata sulla volontà e sulla ragionevolezza”. Concetti che evocano richiami ai militanti che nelle stesse ore affollano le piazze per manifestare e protestare. Ognuno ha le sue strade per la pace. La presidente Meloni ha esaltato il Piano statunitense, ci crede, assicura che sta prendendo forma concreta: “Una luce di speranza che squarcia le tenebre – lo ha definito – Bisogna ringraziare i Paesi arabi che lo stanno sostenendo, bisogna ringraziare il Qatar per il suo ruolo. E siamo fieri di aver portato l’Italia in prima linea nella diplomazia evitando le trappole degli scontri frontali”.
È speranza, è fiducia, è l’inizio di un 2026 di appuntamenti. fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento, ha annunciato il lancio di un sito web, dove è già possibile prenotarsi per partecipare all’attesa ostensione per la prima volta delle spoglie del Santo, approvata da Papa Leone XIV, per cui sono attesi pellegrini da ovunque. “Una mobilitazione enorme soprattutto di giovani”, spiega fra Nicola Zanin (clicca qui per il video), incaricato del Centro francescano giovani della Basilica. “Non è escluso che possa ripetersi lo straordinario incontro di tutti i capi religiosi per la pace come fu nel 1986, sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II. Sarebbe un traguardo miracoloso”. Sarebbe a dire, come ha auspicato Giorgia concludendo il suo intervento, che “abbiamo bisogno di San Francesco, di santi, di poeti e di persone d’azione”.
Aggiornato il 06 ottobre 2025 alle ore 11:04