
Massimo D’Alema si è recato a Pechino, sottolineando con la sua presenza la parificazione delle dittature “alter mondialiste” con l’Occidente. Ha assistito alla parata militare “pacifista” di un regime che ha divorato le libertà in patria, nel Tibet, a Hong Kong e nello Xinijang degli uiguri deportati nel silenzio dei benpensanti mondiali. La Cina è una grande nazione, ma come la Russia e l’Iran non ha mai conosciuto la democrazia, e nei suoi lager rinchiude e uccide ogni oppositore. Il comunismo “classico” non è mai ciò che dice, ma è sempre quello che fa. Per cui ha potuto dirsi a favore della pace perpetua, mentre praticava e perpetuava guerre e guerre di “liberazione” nel sud del mondo. Perciò il comunismo reale non è “amico dei dittatori”, come ha titolato Libero a proposito di D’Alema a Pechino, ma una dittatura feroce e fascista nei fatti (i gulag erano lager, non “campi di rieducazione”). Solo che il comunismo nella sua versione preputiniana si presentava come democratico, quasi fosse il Partito democratico di Elly Schlein, Andrea Orlando e Massimo D’Alema. Non a caso, tutte le colonie dell’Europa dell’Est conquistata dai Soviet si autodefinivano “democratiche”, mentre invece erano dittature asservite a Mosca, come i popoli dhimmi (assoggettati) dalla jihad islamica. In Italia e in Europa vi sono molti “dhimmi” in salsa distruttrice dei valori della democrazia, del liberalismo, e della liberazione dell’individuo dal dominio dello Stato e dei falsi valori politicamente corretti. Per capire cosa sia (stato) il comunismo al potere ho quasi per caso trovato un radiofaro molto efficace: un pamphlet scritto da Fernando Arrabal nel 1983, intitolato 1984, Lettera a Castro, edito in Italia da Spirali. Un testo dal titolo orwelliano che è la summa demolitoria del regime castrista e, di conseguenza, del comunismo padronale. Il regime castrista, così amato dai terzomondisti per la sua “felicità” caraibica, oggi agonizzante, resta comunque l’ultima spiaggia dei cavalieri crociati che si adoperano nella missione di liberare i popoli fondando una Gerusalemme comunista che metta fine all’occupazione maomettano-capitalista del mondo.
Castro e Che Guevara erano il Riccardo Cuor di leone amato da tutti i convertiti comunisti. Ebbene, la realtà è ben diversa da ciò che ieri e oggi illuse ogni Ermione bagnata da una pioggia atea ma divina nel pineto. Arrabal non è un vampiro fascistoide dal naso adunco (tali sono considerati tutti gli scrittori non allineati coi dettami del partito e dei suoi ideologi). È nato a Melilla in Spagna nel 1932 ed è figlio del pittore Fernando Arrabal Ruiz, il quale nel 1936 rimase fedele alla repubblica spagnola e fu condannato a morte dal franchismo. Riuscì però a fuggire dalla prigione calandosi in pigiama di notte, mentre cadeva la neve. Non fu più ritrovato. Fernando nel 1954 fugge da Madrid in autostop e arriva a Parigi, per seguire la recita di Madre Coraggio e i suoi figli, di Bertold Brecht. Un anno dopo vince una borsa di studio universitaria sempre a Parigi, dove si trasferisce. Nel 1967 Arrabal viene processato e condannato dal franchismo, nonostante il sostegno di François Mauriac, Samuel Beckett e Arthur Miller. Nel 2009 viene rappresentata la sua opera Faustbal, un’opera lirica in chiave fantascientifica. Scrive altri libretti d’opera, tra cui Guernica. Nel 1962 fonda con Alejandro Jodorowsky, Roland Topor e Jacques Sternberg il Movimento Panico. Aveva appena pubblicato il suo romanzo Baal Babylone, che nel 1971 diventerà un film diretto dallo stesso Arrabal, intitolato Viva la muerte (slogan franchista). Collabora con Andy Warhol, Topor, André Breton e il dadaista Tristan Tzara. Ha diretto sette film e pubblicato 14 romanzi. Tra i suoi saggi, spicca la sua Lettera al Generale Franco (Carta al General Franco), per la quale diventa uno dei cinque spagnoli più pericolosi. Nel 1983 scrive 1984, lettera a Fidel Castro, un testo che colpisce il lettore come i pamphlet illuministi di Voltaire o Denis Diderot. È la pietra tombale del castrismo (benché occultata dall’egemonia gramsciana, tanto che in Italia fu pubblicata dalla piccola editrice Spirali), perché si basa su dati, numeri, dichiarazioni.
GLI SCHIAFFI DI OGGI NELLE PIAZZE DE L’AVANA
Da ragazzo fui convertito al socialismo dal racconto su Cuba che mi fece un operaio di Cuba, dov’era stato inviato per dei lavori su una nave. Per lui – povero emigrato siciliano – Cuba era il paradiso terrestre. Pochi mesi fa il mio amico Davide, anche lui operaio di 40 anni, è stato a Cuba, con un viaggio organizzato da una parrocchia. Lui e altri compagni di viaggio di sera si trovavano in una piazza de L’Avana. C’erano dei ragazzetti, che si misero a ballare attorno a una radio amplificata. Dopo pochi minuti, arrivarono altri ragazzi, prima quasi nascosti in un angolo della piazza, e li presero a schiaffi e calci. I ragazzetti fuggirono. Pare che di sera le piazze di Cuba siano controllate da ronde di ragazzi pagati dal regime, come a Caracas, dove la notte è controllata a colpi di pistola da bande chaviste su motociclette “bolivariste”. A pagina tre di 1984, Lettera a Castro (41 anni fa, ma oggi è come allora), leggo la prima frase fulminante di Arrabal, che non scrive per creare false opinioni, ma riporta numeri, dichiarazioni, dati: “L’odio infinito verso il nemico è il seme del socialismo. Questo proclama José Ramòn Fernàndez, il suo ministro della Pubblica istruzione”. Dopo ciò riporta i titoli nordcoreani di cui Fidel si è insignito: “Supervisore del Ministero degli Interni con autorità superiore a quella del ministro, presidente della Repubblica, primo ministro, primo segretario del Partito comunista di Cuba, presidente del Consiglio di Stato, comandante supremo di tutte le forze armate, Presidente del Consiglio dei Ministri”. E poi un altro affondo: “Quando Lei prese il potere, c’erano a Cuba sei milioni di cubani, e quasi due milioni scelsero la libertà. Fidel l’isola è casa tua. Tutta per Lei. Ma se la sua marina da guerra levasse il blocco cui sottopone il popolo, la perla delle Antille diventerebbe l’isola di Robinson Crusoe”.
“Salta agli occhi come Lei, prima di prendere il potere, abbia promesso di trasformare le caserme in scuole, e invece abbia militarizzato l’università e posto tutti i centri educativi sotto il controllo educastrista. Meglio un maestro analfabeta ma comunista che uno abilitato ma non comunista”. “Se in Patafascilandia un dittatore fascista mandasse i bambini di dieci anni a fertilizzare i campi, il mondo insorgerebbe indignato, e a ragione. La raccolta del tabacco a Pinar del Rio e Las Villas è quasi tutta opera di bambini e adolescenti cubani”. “Lei, che pretende d’incarnare la rivolta, esige che l’eroe modello dei primi anni del pioniere sia un ragazzo sovietico: il piccolo russo precoce nell’arte di spiare e riferire, che ha denunciato il padre e il nonno. La Rivoluzione lesta li ha fucilati! In tutti i centri di istruzione Lei ha fatto affiggere uno slogan da 1984: “Dentro la Rivoluzione tutto, fuori dalla Rivoluzione, niente”, Ovvero: Per i ricchi – dirigenti, sportivi, militari, poliziotti – tutto. Il resto per i poveri. Il ministro della Pubblica istruzione dichiara: Il numero dei giovani asociali aumenta ogni giorno, bisogna esercitare la repressione. E infatti il numero degli universitari cubani nel 1983 era la metà di prima della Rivoluzione (bisognerebbe rivedere il film di Woody Allen, Il dittatore dello Stato libero di Bananas, ma non circola più).
MEDICINA E SUICIDIO SOCIALISTI
“A Cuba non c’è previdenza sociale. Un malato deve lavorare due o tre giorni per pagarsi un flacone di vitamine”. A Miami, basta un’ora di lavoro, e nelle confezioni ci sono più vitamine in dosi più forti”. Arrabal aggiunge: “Tutti i medicinali che ho confrontato col cambio ufficiale della valuta costano a Cuba da due a tre volte più che a Madrid o Parigi”. “I poveri cubani, cioè il 95 per cento della popolazione, pagano col sangue proprio o della loro famiglia, il ricovero ospedaliero… e che ne fa del sangue del Suo popolo? Lo vende al migliore offerente. Non è ancora stanco di cercare notte e giorno artifizi da negriero? In pratica, a Cuba nel 1983 i “turisti politici” vedevano solo gli ospedali e i palazzi dei ricchi, “così supporranno che l’eccezione sia la regola e l’apparenza la realtà”. L’ospedale Ciro Garcia (ex clinica Miramar) è riservato solo a chi è membro del Comitato centrale o è uno straniero di riguardo. “Nella sala Castellanos dell’ospedale psichiatrico nazionale de L’Avana, il pavimento delle camere è inclinato; il malato fa i suoi bisogni e poi getterà secchi d’acqua perché i suoi escrementi navighino verso lo scarico”. Il regime si giustifica dicendo ai cubani che la Cia semina ai quattro venti tifo, influenza, siccità, fame… succede così per l’epidemia di febbre emorragica che invece fu causata da un contingente di militari mandato in Africa a combattere. Ma la colpa fu data alla “Cia”.
E i babbei del mondo aderirono con fremiti di antiamericanismo veterostalinista al suggerimento del regime. Lo stesso per la congiuntivite emorragica del 1982, che rese ciechi migliaia di cubani. Mindonio Rodriguez, capo del dipartimento di Epidemiologia, raccomandò ai compatrioti – umoristicamente – di lavarsi mani e occhi col sapone. Il fatto è che il capitalista unico di Cuba, lo Stato, non aveva sapone. Un altro dato raccapricciante fornito da Arrabal è quello dei suicidi: “Un morto su quattro oggi a Cuba è suicida, secondo il Bollettino del Minsap del 1980, destinato ai “confidenti e confedeli”, secondo Arrabal. Si suicida la figlia di Salvador Allende, rifugiata ma “delusa” all’Avana; Nilsa Espìn, alta dirigente del M-26, “secondo la versione ufficiale si è suicidata sparandosi alla testa una raffica di mitra nell’ufficio di suo fratello Raul (il fratello di Fidel, ministro delle Forze armate)”. Osvaldo Dorticòs, ministro di Giustizia “non è morto ridendo a crepapelle ma perché disperato per la morte della moglie e per una sofferenza alla schiena”. Moglie dalla quale era separato da oltre dieci anni.
I SINDACATI A CUBA
Una mia nota è forse utile: non ho prevenzioni nei confronti dei sindacalisti. Mi sento come Fernando Arrabal, ma siccome detesto il fascismo detesto anche il comunismo al potere. Una mattina del 1982 mi trovavo a Città del Messico, nella camera di un hotel in Avenida Uruguay, affittata da S.B., da me conosciuta su un volo partito da Città del Guatemala (Allora i giovani messicani spendevano meno prendendo una camera d’hotel che affittando un appartamento, in una città che già allora contava 20 milioni di abitanti (dopo dieci minuti in strada gli occhi bruciavano per lo smog). Ci chiamò la hall, dove delle persone cercavano S.B. Lei li fece salire. Era un capo del sindacato dei lavoratori del Guatemala, che aveva conosciuto S.B. a Città del Guatemala dove lei si recava per importare lapislazzuli e artigianato da rivendere in Messico. La sera prima alcuni sconosciuti, legati alla giunta militare al potere, avevano fatto esplodere la loro auto, posteggiata sotto casa. Era la seconda auto a saltare in aria. Quella notte lui con la moglie e i figli fecero le valigie, e la mattina dopo presero il primo aereo verso il Messico, dove S.B era una delle poche persone che conoscevano. Lei li ospitò per qualche giorno, poi trovarono una sistemazione, più grande, grazie al sindacato messicano. Io intanto ero tornato nella casa dove abitavo in quei mesi, vicino all’Università di Morelia, in Michoacàn. Cos’era nel 1984 la Central de Trabajadores de Cuba?
Ai tempi della dittatura di Batista, i suoi sindacalisti erano repressi e tenuti sotto scacco. Dopo la Rivoluzione nacque un “sindacato unico, unanime, cui nessuno sfugge poiché tutti ne sono sorvegliati. Controlla i lavoratori in modo inquisitoriale, li scrive sui registri. Fa il processo ai non integrati. In 25 anni di fidelismo i meriti più alti del sindacato consistono nel non aver mai consultato una sola volta, nemmeno pro forma, i lavoratori per fissare i salari o decidere gli orari di lavoro. La confederación si adopera a condannare lo sciopero. La settimana di cinque giorni lavorativi, considerata una vittoria del movimento sindacale libero è stata abolita e dimenticata. Se un amministratore non prende misure disciplinari nei confronti degli operai, questi dovranno denunciarlo agli organi competenti”. La delazione e il rovesciamento della verità del Grande fratello di George Orwell dominano a Cuba: La domenica di festività è stata sostituita dalla “domenica rossa”, ovvero un giorno di lavoro obbligatoriamente volontario. Peggio del “sabato fascista” e drammaticamente uguale, perché i due totalitarismi sono fratelli monozigoti. Questa era la Cuba descritta da Arrabal: Mammella Bianca è la mucca che produce più latte. Viene lodata dal regime come se fosse una santa. Il giornale Grandma riporta che “Mammella Bianca ha dato in un sol giorno più di 100 litri di latte”. Il fatto è che il latte a Cuba è razionato.
VITA AGIATA DEL LEADER MAXIMO
Ricordiamo la mummia di Lenin, monarca assoluto rivoluzionario. Ricordiamo anche la collezione di auto di lusso di Leonid Il’ič Brežnev e l’aereo coi rubinetti d’oro di Vladimir Putin. Castro è “Odoroso di medaglie. Lei dispone di 25 residenze e proprietà note come casa de estar de Fidel. Ogni Suo compleanno è una obbligatoriamente volontaria celebrazione in tutte le fabbriche, caserme, scuole, università. Ha soppresso le feste di Natale e con un tratto di penna ha spostato da gennaio a luglio l’Epifania, la festa dei piccoli cubani. Il vecchio sarto Enrico della sartoria El Sol, è stato trattenuto a Cuba perché confezionasse col miglior gabardine inglese le uniformi verde oliva da eterno guerrigliero da salotto. Lei dispone di denaro a Sua discrezione senza doverne rendere conto a nessuno. È proprietario di molte spiagge private”. Castro aveva uno yacht più grande di quello di Aristotele Onassis. “Uno yacht internazionalista”, perché: “L’acciaio viene dalla Svezia. I motori da Detroit, grazie a un diabolico stratagemma olandese. Le eliche dall’Inghilterra. I marmi dall’Italia. L’alluminio da Ottawa. I pianoforti da Tokyo. Le decorazioni da Miami. La porcellana da Londra. I diffusori di profumo da Milano. Gli assali da Liverpool. L’elettronica dal Giappone. Il Tuxpan è uno yacht a tre ponti di vetro blindato, con sala cinema, cabine con vasche di marmo di Carrara, installazione per la pesca d’altura, perché, come direbbero i suoi lacché, sarebbe sciocco che Lei navigasse scontento”. Intanto “per Le Monde il trasporto resta una vera piaga. Capita spesso di aspettare due o tre ore gli autobus”.
NON DI SOLO PANE VIVE L’UOMO
“Rivoluzione raziona il pane, la carne, il latte, il tabacco, gli abiti, gli aghi, le lampadine, la carta. Rivoluzione vende di un chilo caffè a 64 pesos. Una scatola di frutta conservata a 7 pesos. Un paio di blue jeans a 60 pesos. Un pacchetto a 1,60 peso. Un litro di latte a un peso. Un chilo di burro a 5 pesos. Una banana a un peso. Il salario medio mensile di un lavoratore qualificato è di 95 pesos. Ma siccome nei negozi di Rivoluzione ci sono più articoli mancanti che disponibili, ha inventato la pre-coda. Un tagliando per delle scarpe con la tessera costa 10 pesos, solo per avere la possibilità di acquistarle, se e quando arriveranno. Intanto il quotidiano francese Le Monde scriveva: L’alloggio è motivo permanente di esasperazione, siamo costretti a sprecare circa quattro ore al giorno nel caos dei trasporti. I viveri li riceviamo col contagocce. Il razionamento è un’ossessione. Forchette e coltelli spariscono dalle mense pubbliche in modo che i cubani si abituano a mangiare col solo cucchiaio. Miracolo comunista, che ottiene che nell’isola il filetto si mangi con coltello e forchetta invisibili. Invisibile naturalmente anche il filetto. Dopo l’indipendenza del 1898, mai il cubano ha mangiato tanto male e a così caro prezzo, mai ha lavorato così tanto per un salario così misero, mai ha vissuto in un alloggio più lurido, mai ha viaggiato con tanta fatica, mai ha visto un tale baratro tra ricchi e poveri”.
I CONTI GONFIATI E GLI AGENTI DELLA CIA
I numeri nell’isola sono castristi come le elezioni. Arrabal ricorda che però “Per alcune ore, a L’Avana, 14mila persone votarono con le gambe, rifugiandosi nell’ambasciata del Perù, quando questa rimase senza la consueta sorveglianza anti fuga di massa dei cubani”. Il Prodotto interno lordo viaggiava ufficialmente tra il +12,6 per cento e il +2,5 per cento, “senza che i cubani se ne siano accorti”, mentre Cuba risultava indebitata con l’Occidente e con l’Est. Castro accusa di essere agenti della Cia tutti coloro che gli rompono le uova: “Lo scrittore Jean-Paul Sartre per aver chiesto la liberazione del poeta Heberto Padilla: agente della Cia; L’ingegnere agronomo terzomondista René Dumont, colpevole di giudicare catastrofica la via intrapresa dall’agricoltura cubana: agente della Cia; Il poeta Heberto Padilla per aver scritto una raccolta di poesie dal titolo Fuera del juego: agente della Cia; Il marxista Pierre Golendorf, ex membro del Partito comunista francese, che tentava di giovare alla Rivoluzione: agente della Cia (e cinque anni nella galere dell’isola); Il comandante Hubert Matos, che strappò Santiago alle grinfie del dittatore Fulgencio Batista ed esigeva una Cuba democratica: agente della Cia (e 20 anni nelle galere). Lo splendido poeta Armando Valladares, torturato per 22 anni nelle galere e nei campi comunisti di Cuba: agente della Cia. Gli scrittori Claude Roy, Eugène Ionesco, Mario Vargas Llosa, Pier Paolo Pasolini, Jorge Luis Borges, Susan Sontag, Jorge Semprùn, Julian Gorkìn, Camilo José Cela, André Pieyre de Mandiargues e altri: agenti della Cia”. Accusa di essere agenti della Cia anche per il primo presidente della Repubblica dopo Batista nel 1959, il dottor Ramón Grau San Martín, che si oppose a una “democrazia popolare” di tipo sovietico. Agente Cia anche il leader operaio David Salvador, presidente della Confederazione dei lavoratori cubana, ex oppositore di Batista: 14 anni di carcere. La lista occupa alcune pagine.
LA MAGGIORANZA “NERA” E “DELLE DONNE” SOFFOCATA DAL REGIME
Forse ora ciò è cambiato. Ma se è cambiato, è stato per gattopardismo, per ipocrisia, per finta. Eppure, già nel 1984 la lotta contro il razzismo e per l’emancipazione delle donne era vinta o a buon punto quasi dappertutto, a parte il Sudafrica e i Paesi islamici. “Lei non ha vinto il razzismo. Cuba riesce a trasformare in realtà il sogno dei bianchi della Rhodesia, sottomettendo la maggioranza nera ai bianchi che a Cuba rappresentano solo il 25 per cento della popolazione. Il 25 per cento della popolazione però si accaparra tutti i posti-chiave del Paese e il 90 per cento delle cariche di controllo dello Stato: Direttivo, Segreteria del Partito, Comitato centrale, comitati locali dell’Assemblea nazionale. Lo stesso vale per le donne: “Non una sola cubana figura nella Segreteria del Partito comunista di Cuba né alla presidenza né alla segreteria dell’Assemblea nazionale o nel Direttivo del Comitato centrale. Nel Suo regno ricevono il castigo: omosessuali, i testimoni di Geova, i socialdemocratici, gli ecologisti, le femministe”. Tutte persone destinate dal castrismo all’esilio o al carcere o ai lager. Eppure nel contempo Fidel si ingegna a dare lezioni di antirazzismo al Sud Africa. E così il regime, saldo sulla schiena dei propri schiavi neri, accusa gli yankees o le multinazionali, e si aggiudica l’etichetta rossa di terzomondista. Ma invece Lei è interamente responsabile se oggi come ieri alla colonizzazione è subentrata Rivoluzione e se i negri continuano a lavorare come negri e i bianchi a governare come nobili negrieri”. Un mio ricordo conferma quanto scrive Arrabal. Negli anni Novanta accompagnai una delegazione di sindacalisti cubani a visitare un consorzio di cooperative sociali di matrice cattolica, situato nel Nord Italia. Ricordo la capo delegazione (evidentemente si erano aggiornati sul ruolo femminile) e il suo sguardo critico, severo, feroce. Non era critica perché la struttura era povera e delabré. Era incavolata perché era nuova di zecca, ricca di computer, con capannoni spaziosi dove lavoratori e lavoratrici erano ben trattati (dal punto di vista della cubana). Era come se stesse vedendo il corpo di Satana e lei fosse il Papa: era disgustata.
A CUBA SI FUCILANO ANCHE I SEDICENNI
“Il delegato cubano all’Onu ha precisato: A Cuba si è fucilato, si fucila e si fucilerà. Per essere temuti e obbediti serve uccidere: non solo nella tetra Russia, ma anche nella solare Cuba, l’Eden ideale dei benaltristi mondiali. Arrabal cita Reinaldo Arenas: “Cuba è uno dei pochi Paesi al mondo in cui si applica la pena di morte ai sedicenni. Le fucilazioni sono quotidiane”. Cita anche il romanziere Carlos Alberto Montaner, ha scritto anche un “rapporto segreto sulla rivoluzione cubana” in cui ricorda: “Ho visto con i miei occhi – lo giuro – una guardia carceraria sbraitare a una vecchia che era andata in carcere con la nuora incinta per fare visita al figlio, fucilato senza nemmeno avvisare la famiglia Quel verme l’abbiamo fucilato ieri. Dica a quella lì (la moglie incinta) che si cerchi un altro marito o venga a trovarmi, se ha bisogno di un maschio.
CUBA È COME LA RUSSIA: UN CARCERE A CIELO APERTO
La Francia era nel 1983 cinque volte più popolosa di Cuba, e aveva allora 37.460 carcerati. Rispettando quella proporzione, Cuba avrebbe dovuto avere 8mila reclusi, invece ne aveva più di 300mila. Di questi 50mila erano prigionieri politici. Altri 50mila erano giovani sfuggiti alla coscrizione militare obbligatoria (O Pace, quante guerre si commettono nel tuo nome). I “politici”, che nel 1984 erano in buona parte ex leader rivoluzionari, non avevano “né visite, sono senza posta, senza medico, senza penna né carta né libri. Vivono murati vivi in cellette dove vengono torturati. Per i bambini Rivoluzione ha costruito una fitta rete di prigioni e campi di concentramento, che si chiamano La Vedetta o Campidoglio o Complesso dell’Est per Bambini o Passeggiata o Nuova Vita o Arcobaleno”. Eccoci sempre di fronte all’uso della lingua in nazioni dove il falso è vero e il vero viene alchemizzato come falso. “Le guardie possono trasportarli (i bambini) come fece il comandante Osmany Cienfuegos, in un camion frigo ermeticamente chiuso, per cui alla fine del viaggio erano asfissiati. Oppure le guardie possono minare le carceri con dinamite, come fece il comandante Julio García Oliveras, così che i condannati saltano non di gioia ma su barili di polvere”. C’è la pratica della ricondanna. Se il prigioniero non appare guarito dalla malattia della contro Rivoluzione. Ciò avviene perché “a Cuba la fonte suprema del Diritto è il Partito comunista”.
Da ciò derivano: “La Legge della Stravaganza, che punisce chi si veste, si pettina, parla o cammina in modo stravagante; La Legge dello sviluppo normale della famiglia e della gioventù che, come il nome non indica, consente di estromettere il padre e la madre dalle loro funzioni educative, compito cui si dedicherà esclusivamente Rivoluzione; La Legge sugli individui pericolosi, che colpisce Avventisti del settimo giorno, omosessuali (condannati a morte quando il Che era ministro della Giustizia come in seguito, ndr), ascoltatori di programmi rock delle radio americane, socialdemocratici (come Schlein o come Matteo Renzi, ndr); La Legge sul deviazionismo ideologico, traduzione di quella che Orwell chiama la legge del Crimental. Il romanziere Mario Vargas Llosa ha trovato la seguente interpretazione: Chi sceglie una cosa differente da ciò che la rivoluzione ha programmato per lui; La Legge di predelinquenza, che scardina il diritto naturale. Secondo questa norma si può condannare non chi delinque ma chi potrebbe delinquere”. In pratica, Castro aveva letto il racconto Minority Report di Philip K. Dick, o aveva misticamente pre-visto il film di Steven Spielberg. Comunque sia, è interessante che la rivoluzione castrista, putinista e persino sozialdemokrat in ragù emiliano potesse avere doti di preveggenza. In questi casi si rasentano le capacità dei brujos messicani, strafatti di peyote.
SCHIAVIZZARE GLI INTELLETTUALI ED EGEMONIZZARE IL PENSIERO DEL POPOLO
A Cuba Antonio Gramsci diventa feroce: gli intellettuali sono figure cruciali per il processo di egemonia, che si definisce come una "direzione intellettuale e morale" del popolo. Nel 1984 a Cuba tutti i diritti d’autore di uno scrittore o musicista o artista sono proprietà esclusiva dello Stato tramite l’Agenzia Cenda. “Dopo molte settimane di tortura nelle mani dell’Inquisizione comunista il poeta Heberto Padilla in una cerimonia pubblica (autodafè, ndr) ha confessato di amare la polizia, grazie a cui aveva scoperto la primavera in carcere, e dichiara che «Il dovere di ogni poeta è di essere un soldato». Non a caso in quegli anni, erano le Forze Armate e la Polizia ad assegnare i premi letterari a Cuba”. Gli scrittori cubani fuggiti all’estero sono stati cancellati da ogni registro, come se non fossero mai nati né vissuti. Altro che Minculpop!
MILITARIZZARE PER PACIFICARE. MASSACRO DEGLI INDIOS DEL NICARAGUA
Arrabal ricorda che a Cuba nel 1984 ci sono 10mila soldati russi, e che Castro ha inviato 100mila soldati cubani in una dozzina di Paesi da “liberare” dal tiranno di turno per consegnarli al tiranno filosovietico di turno. Io penso all’Ucraina e a quei buontemponi ridotti allo stato larvale della personalità che ripetono: I gringos americani hanno fatto più guerre di tutti gli altri imperi della Storia sommati (ohibò, però l’isoletta caraibica di Castro ne ha fatte 12 senza che un buontempone potesse saperlo); l’invasione russa dell’Ucraina è iniziata per colpa della Nato; il socialismo è per la pace; Epperò Castro dichiarò che Cuba aveva sei milioni di combattenti su dieci milioni di abitanti. “Cuba possiede un esercito dieci volte più numeroso di quanto era prima della rivoluzione. Il nono al mondo in proporzione al numero di abitanti. Le giunte militari di Argentina e Cile avevano meno militari dell’esercito cubano. Dall’età di sei anni i pionieri (ahimé utilizzati anche in Italia dal Pci, come strumento di evangelizzazione di bambini e famiglie, ideato dai Soviet, ndr) sono costretti a compiere attività militari. Il servizio militare obbligatorio inizia a 13 anni col pre-reclutamento, e diventa reclutamento a 17 anni. Fino a 50 anni si resta “difesa attiva”. Castro invia 8.000 assessori in Nicaragua, dove l’orribile dittatore Manuel Noriega e l’orrendo dittatore attuale Daniel Ortega hanno fatto cose tremende, mentre i giornali dell’America latina e dell’Italia se la prendevano con la Cia e lo scandalo Contras, tutta propaganda del Cremlino (ieri sembra oggi per quanto l’informazione è indecente e venduta a partiti, potentati e nazioni). In Nicaragua i cubani non distribuiscono aiuti alimentari ai proletari. No. Hanno aggiunto alla gloria “il genocidio, il massacro degli indios Miskitos, Rams e Sumos, perpetrato dai suoi assessori secondo i metodi del suo maestro Iosif Stalin. Assassinio di tutti i capi tribali e sterminio di centinaia di bambini.
Deportazione a piedi e marce forzate degli indios sopravvissuti alla prima fase dell’operazione. Parcheggio dei superstiti in campi di concentramento”. Sembra la Gaza dei telegiornali di oggi, solo che io in Italia nel 1984 e dintorni non sentii né lessi né vidi in tivù nulla sugli indios del Nicaragua. Eppure era un contesto simile a quello del Vietnam. La guardia personale di Fidel Castro era di 2.400 uomini, incaricati della sicurezza del Leader Maximo per 24 ore al giorno. “Cuba conta inoltre su 300mila commissari di Difesa della Rivoluzione. Ogni quartiere riunisce una squadra di spioni che per pochi quattrini possono far festa al vicino, tanto per tener viva la Quaresima”. Gli spioni devono sapere tutto di tutti, da quando uno riceve una lettera, a che ora stende la biancheria, o con chi si esce, se i cittadini conversano con uno straniero o non assistono a una riunione politica o a un corteo di massa obbligatoriamente volontario. Altro che Una giornata particolare di Ettore Scola, film del 1977 con Sophia Loren e Marcello Mastroianni! Il sistema di controllo è quello sovietico e sovietico-putiniano o sciita-iraniano o talebano. Anche gli atleti fanno parte della élite cubana: programmati per lo sport, nel 1984 beneficiano come i ricchi dell’apparato di negozi speciali, di trasporti su auto di Stato, della possibilità di andare all’estero, di ospedali destinati ai cardinali del Partito. Quando Castro proclama “Cuba è il primo Paese libero d’America!”, Arrabal replica: “Lascia libera Cuba!”. Io aggiungo, alterando Karl Marx: “Ribellati, sottoproletariato di Cuba, perché non hai nulla da perdere, se non le tue catene”.
Aggiornato il 05 settembre 2025 alle ore 11:08